Huygens e Cassini
Il gesuita I10324 G.B.Riccioli, nei suoi libri {B-0025.00_.1651} Almagestum Novum (1651) e {B-0038.00_.1665} Astronomia Reformata (1665) riferì delle osservazioni sue e dei suoi confratelli. Il primo a destra è un disegno dal primo libro.
Christiaan Huygens I05741 fu il primo a tentare misure micrometriche di Venere, con uno strumento a lamella: 29.12.1658, 8.1.1659, 8.3.1659. Dalla prima e terza misura dedusse un diametro apparente di 83" e 84", rapportato alla distanza minima della Terra; questo valore è circa 5/4 di quello reale: non male, per essere il primo tentativo. I suoi disegni di Venere, ritrovati nei suoi manoscritti, non mostrano alcun dettaglio, a parte la fase; a destra, un suo disegno in data 29.12.1658. |
In effetti, una pagina dei suoi appunti, datata 4.2.1694, riportò di non essere mai riuscito a discernere dettagli: {B-0123.15_.1925} p. 162 ➤ . In {B-0043.00_.1699} "Cosmothereos" Huygens ebbe la notevole intuizione che l'uniformità del disco del pianeta fosse dovuta alla riflessione della luce da parte di una densa atmosfera, che impediva l'osservazione della superficie fisica: p. 96 ➤ .
La prima segnalazione di macchie su Venere fu fatta da I02089 Gian Domenico Cassini, quando era professore a Bologna. La notizia non apparve attraverso un suo articolo, ma tramite la pubblicazione di una sua lettera a I09628 Monsieur Petit:
{A-0004.1667_.0015.16671212-0182_0186} "Extrait d'une Lettre de M.Cassini Professeur d'Astronomie dans l'Viniuersité de Boulogne, à M. Petit Intendant des Fortifications. Touchant la découuerte qu'il a faite du mouuement de la Planete de Venus à l'entour de son axe. Du 18. Iuin 1667", Journal des Sçavans du Lundy 12.Decembre 1667, p.182-186 ➤ .
Fu ristampato in {A-0005.0010_.0000.17300000-0467_0471} Mémoires de l'Académie ... 1666 ... 1699, Tome X (1730) p. 467 ➤ .
Questo scritto non forniva un diario completo delle osservazioni, e conteneva solo 3 figure. Il 15.3.1732 il figlio di Gian Domenico, I02090 Jacques Cassini, presentò all'Académie la Memoria:
{A-0006.1732_.0000.17350000-0197_0214m} "De la révolution de Venus autour de son axe", Mémoires de l'Académie 1732 (1735), p. 197 ➤ in cui ridiscuteva con maggiore dettaglio le osservazioni di suo padre, avvalendosi dell'esame di un manoscritto.
La inserì poi come Cap. I nel libro VII nei suoi {B-0080.00_.1740} "Elements d'Astronomie" (1740) p. 511 ➤. Si vedano le immagini 1-2-3 ➤ apparse nel Journal des Sçavans del 1667 e poi si veda la Tavola ➤ della Memoria del 1732, che però contiene per confronto anche due successivi disegni di Francesco Bianchini.
Il 14 ottobre Cassini osservò una macchia chiara e due oscure (fig. 1 piccola e Tavola del 1732) [qui non capovolta]). Non potè seguirle a sufficienza per poter discernere il loro movimento, e per mesi le condizioni meteorologiche gli impedirono le osservazioni. A partire dal 24.2.1667 ricominciò a vedere delle macchie confuse, e il 20 aprile vide una macchia lucente ed una scura, rilevandone un movimento complicato, anche in latitudine: una specie di librazione (fig. 2 e 3).
Pur dopo avere continuato le osservazioni sino a maggio e giugno (per un totale di 12 osservazioni), Cassini riconobbe che la loro discussione non era semplice come nel caso di Marte e Giove. Notando le posizioni identiche che la macchia aveva rispetto al terminatore nelle osservazioni del 20 e 21 aprile, 10-13 maggio, 5-6 giugno 1667 (epoche distanti una dall'altra circa 23 giorni) Cassini scrisse nella lettera a M. Petit:
{A-0004.1667_.0015.16671212-0182_0186} "Extrait d'une Lettre de M.Cassini Professeur d'Astronomie dans l'Viniuersité de Boulogne, à M. Petit Intendant des Fortifications. Touchant la découuerte qu'il a faite du mouuement de la Planete de Venus à l'entour de son axe. Du 18. Iuin 1667", Journal des Sçavans du Lundy 12.Decembre 1667, p.182-186 ➤ .
Fu ristampato in {A-0005.0010_.0000.17300000-0467_0471} Mémoires de l'Académie ... 1666 ... 1699, Tome X (1730) p. 467 ➤ .
Questo scritto non forniva un diario completo delle osservazioni, e conteneva solo 3 figure. Il 15.3.1732 il figlio di Gian Domenico, I02090 Jacques Cassini, presentò all'Académie la Memoria:
{A-0006.1732_.0000.17350000-0197_0214m} "De la révolution de Venus autour de son axe", Mémoires de l'Académie 1732 (1735), p. 197 ➤ in cui ridiscuteva con maggiore dettaglio le osservazioni di suo padre, avvalendosi dell'esame di un manoscritto.
La inserì poi come Cap. I nel libro VII nei suoi {B-0080.00_.1740} "Elements d'Astronomie" (1740) p. 511 ➤. Si vedano le immagini 1-2-3 ➤ apparse nel Journal des Sçavans del 1667 e poi si veda la Tavola ➤ della Memoria del 1732, che però contiene per confronto anche due successivi disegni di Francesco Bianchini.
Il 14 ottobre Cassini osservò una macchia chiara e due oscure (fig. 1 piccola e Tavola del 1732) [qui non capovolta]). Non potè seguirle a sufficienza per poter discernere il loro movimento, e per mesi le condizioni meteorologiche gli impedirono le osservazioni. A partire dal 24.2.1667 ricominciò a vedere delle macchie confuse, e il 20 aprile vide una macchia lucente ed una scura, rilevandone un movimento complicato, anche in latitudine: una specie di librazione (fig. 2 e 3).
Pur dopo avere continuato le osservazioni sino a maggio e giugno (per un totale di 12 osservazioni), Cassini riconobbe che la loro discussione non era semplice come nel caso di Marte e Giove. Notando le posizioni identiche che la macchia aveva rispetto al terminatore nelle osservazioni del 20 e 21 aprile, 10-13 maggio, 5-6 giugno 1667 (epoche distanti una dall'altra circa 23 giorni) Cassini scrisse nella lettera a M. Petit:
{A-0004.1667_.0015.16671212-0182_0186} p. 186 ➤ Posso nondimeno dire, (supposto che questa parte lucente di Venere che ho osservato, e particolarmente quest'anno, sia sempre stata la stessa), che in meno di un giorno essa completa il suo movimento, sia di rivoluzione, sia di librazione; in modo che in 23 giorni circa, essa ritorna circa alla stessa ora, alla stessa situazione nel pianeta di Venere: ciò che non sarebbe nondimeno senza qualche irregolarità.
Di dire ora, supposto che sia sempre la stessa parte lucente, se questo movimento faccia parte di una rivoluzione intera, o solo di una librazione, è cosa non oserei ancora assicurare; perché non ho potuto vedere la continuità del movimento in una grande parte dell'arco, come negli altri pianeti. E per la stessa ragione questo sarà molto difficile da determinare.
Faccio un semplice calcolo: la Terra ruota in 24 ore; ammettendo che Venere ruoti in 23 ore, una sua macchia si ripresenterà nella stessa posizione sul disco apparente alla stessa ora terrestre dopo 1/(1/23-1/24)=552 ore=23 giorni. Quindi, se è vero che i disegni si riproducono uguali dopo circa 23 giorni, il periodo di rotazione di Venere dovrebbe essere circa 23 ore. Questo deve essere stato il ragionamento di Cassini, che però non andò oltre l'affermazione “meno di un giorno” perché aveva ammesso che il ciclo era di 23 giorni 'pressappoco', e 'non senza qualche irregolarità'. Questo rapporto suscitò interesse, e fu pubblicato un suo estratto (tradotto in inglese) in {A-0002.0002_.0032.16680220-0615_0617} “An Extract of a Letter written by Signor Cassini ... concerning several Spots lately discover'd there in the Planet Venus”, Philosophical Transactions, 2, No. 32, p. 615-617 (10 [gregoriano 20].2.1668) ➤
Ma la traduzione della conclusione principale di Cassini contenne una colossale discordanza con il testo originale, a p. 617 ➤ : "en 23. iours à peu près" fu tradotto "in near 23 hours"! Il traduttore si confuse leggendo che da un ciclo di 23 giorni, si deduceva una rotazione il meno di 24 ore, e tragicamente pensò che Cassini avesse erroneamente scritto giorni al posto di ore: un errore che confuse molti astronomi, non solo inglesi, per secoli.
Molto si è scritto su questo argomento; si veda ad esempio {A-0020.0023_.0074.19921100-0299_0301} ➤, {A-0019.0102_.0005.19921000-0273+0279} ➤ e ➤ .
Ma la traduzione della conclusione principale di Cassini contenne una colossale discordanza con il testo originale, a p. 617 ➤ : "en 23. iours à peu près" fu tradotto "in near 23 hours"! Il traduttore si confuse leggendo che da un ciclo di 23 giorni, si deduceva una rotazione il meno di 24 ore, e tragicamente pensò che Cassini avesse erroneamente scritto giorni al posto di ore: un errore che confuse molti astronomi, non solo inglesi, per secoli.
Molto si è scritto su questo argomento; si veda ad esempio {A-0020.0023_.0074.19921100-0299_0301} ➤, {A-0019.0102_.0005.19921000-0273+0279} ➤ e ➤ .
Il fantomatico satellite di Venere
Nel 1669 G.D.Cassini fu chiamato a Parigi, dove lavorò con ottime lenti, ma sotto un cielo meno favorevole di quello di Bologna. Non riuscì più a vedere le macchie di Venere; alla fine della sua carriera, scrisse in un suo trattato che le macchie del pianeta erano troppo vaghe per mettere la determinazione della rotazione. Tuttavia, nel periodo passato a Parigi, Cassini rivelò delle misteriose osservazioni che potevano far pensare ad un satellite di Venere; inserì questa notizia in margine della sua trattazione della luce zodiacale.
Cassini pubblicò su questo argomento l'articolo {A-0004.1683_.0011.16830510-0121_0132} "Novveav phenomene rare et singulier d'une Lumiere Celeste, qui a paru au commencement du printemps de cette année 1683", Journal de Sçavans Dv Lvndy 10. May MDCLXXXIII, pp. 121-132, e un libro in-folio di 68 pp, "Découverte de la lumière céleste qui paroist dans le zodiaque", Paris, Imprimerie Royale (1685).
Cassini estese le sue considerazioni in una relazione scritta per l'Académie Royale des Sciences, toccando anche gli strani fenomeni osservati intorno a Venere; possiamo leggere la sua trattazione nella ristampa in Mémoires de l'Académie 1666-1699, VIII (1730):
Cassini pubblicò su questo argomento l'articolo {A-0004.1683_.0011.16830510-0121_0132} "Novveav phenomene rare et singulier d'une Lumiere Celeste, qui a paru au commencement du printemps de cette année 1683", Journal de Sçavans Dv Lvndy 10. May MDCLXXXIII, pp. 121-132, e un libro in-folio di 68 pp, "Découverte de la lumière céleste qui paroist dans le zodiaque", Paris, Imprimerie Royale (1685).
Cassini estese le sue considerazioni in una relazione scritta per l'Académie Royale des Sciences, toccando anche gli strani fenomeni osservati intorno a Venere; possiamo leggere la sua trattazione nella ristampa in Mémoires de l'Académie 1666-1699, VIII (1730):
{A-0005.0008_.0000.17300000-0121_0209} p. 183 ➤ Il 28 agosto [1686] alle 3:45 del mattino non vidi niente nella luce differente di quello che avevo visto il giorno precedente. Alle 4:15 guardando Venere con il telescopio da 34 piedi, vidi a 3/5 del suo diametro verso oriente una luce informe, che sembrava imitare la fase di Venere, la cui rotondità era diminuita dal lato di occidente. Il diametro di questo fenomeno era press'a poco uguale alla quarta parte del diametro di Venere. L'osservai attentamente per un quarto d'ora, e dopo aver interrotto l'osservazione lo spazio di quattro o cinque minuti, non lo vidi più: ma il giorno era grande.
Avevo visto un'apparenza simile che imitava la fase di Venere il 25 gennaio dell'anno 1672 dalle 6:52 del mattino fino alle 7:2, quando il chiarore del crepuscolo la fece svanire. Venere era allora in crescente, e questo fenomeno che era uguale press'a poco alla quarta parte del diametro di Venere, era pure in forma di crescente. In queste due osservazioni ho dubitato se non fosse un satellite di Venere che fosse di una consistenza meno adatta a riflettere la luce del Sole, e che avesse press'a poco la stessa proporzione rispetto a Venere che la Luna alla Terra, essendo alla stessa distanza dal Sole e dalla Terra, di Venere, cui imiterebbe le fasi.
Ma per quante ricerche io abbia fatto dopo queste due osservazioni, e in diversi altri tempi, per completare una scoperta di così grande importanza, non l'ho mai potuto vedere che queste due volte. Ecco perché io sospendo il mio giudizio su questo fenomeno. Se ritorna più sovente, si avranno queste due epoche, che confrontate alle altre osservazioni potranno servire a trovare le regole del suo ritorno, se si può ridurre a qualche regola.
Il 3 settembre alle 3 del mattino il cielo essendo sereno, impiegai tutto quello che restava della notte a cercare con il cannocchiale tutto attorno di Venere il fenomeno osservato il 18 [leggi: 28] ma non vidi niente di simile. Le notti seguenti le nubi mi impedirono di osservare la luce, e di vedere una cometa che passò vicino al suo termine settentrionale.
Saggiamente, Cassini fu molto dubbioso circa le sue deduzioni. Al contrario, I01088 Francesco Bianchini si mise al lavoro con una smisurata fiducia nei telescopi a lunghissima focale. Nel 1726 iniziò ad osservare Venere a Roma ed Albano, con un telescopi aerei di Campani con apertura da 5 a 10 cm, 20-22 metri di lunghezza e con ingrandimento 100-120. A partire dal 9 febbraio 1726 Bianchini disegnò con decisione delle macchie più scure, che interpretò come mari.
Nel 1727 si spinse addirittura a disegnare una mappa ➤ , che pubblicò nel libro {B-0155.00_.1728} "Hesperi et Phosphori Nova Phaenomena" (1728); ecco la legenda:
A=Mare Joannis IV
B=Mare Infanti Henrici
C=Mare Regis Emmanuelis
D=Mare Principis Constantini
E=Mare Columbi
F=Mare Vespucci
G=Mare Galilæi
Polo S=Mare Magellanici
Polo N=Mare Marci Poli
Bianchini ridiscusse anche il periodo di rotazione, discutendo le osservazioni del febbraio, maggio e giugno 1726, agosto e settembre 1727, gennaio 1728, trovando a p. 66 ➤ un valore di 24 g 8 h. Ricavò anche che l'asse di rotazione faceva un'angolo di appena 15-20° con l'eclittica (cioè che l'inclinazione dell'asse era di ben 70-75°).
Dopo la sua morte, le sue migliori osservazioni astronomiche furono pubblicate nel libro {B-0156.00_.1737} "Francisci Blanchini Veronensis Astronomicae ac Geographicae Observationes selectae" (Verona, 1737) ➤
Bianchini ritenne decisiva per la determinazione del suo lungo periodo di rotazione l'osservazione del 26 febbraio 1726. Dopo 3 ore di interruzione (per l'interposizione del palazzo Barberini), rivide le macchie nella stessa posizione di prima; se la rotazione fosse avvenuta in un giorno terrestre o meno, le avrebbe dovute trovare visibilmente spostate.
Nella citata Memoria {A-0006.1732_.0000.17350000-0197_0214m} (dopo la morte di Bianchini nel 1729), Jacques Cassini contrastò questa opinione.
Discutendo le osservazioni di suo padre, trovò che con alcune osservazioni fra il 20 e il 21 aprile 1667 aveva stimato più di 24 ore, con altre 23 ore e un quarto; preferì quest'ultima determinazione, perché era stata ottenuta con macchie osservate vicine al centro del pianeta, quando il loro movimento è più evidente. Jacques Cassini cercò poi di conciliare le osservazioni di suo padre con quelle di Bianchini. Questi aveva ritenuto decisiva la sua osservazione del 26 febbraio 1726, che però aveva dovuto interrompere l'osservazione per circa 3 ore, non potendo garantire cosa fosse successo in quel tempo. Se la rotazione avveniva in circa 23h, nel tempo senza osservazioni una macchia poteva essersi sostituita con un'altra del tutto simile, dato che la mappa di Bianchini è tutto in susseguirsi di ondulazioni simili fra loro. Alla ripresa delle osservazioni, l'astronomo aveva creduto che fosse rimasto tutto immutato. Siccome 24h8m/23h=25.39, per non contraddire suo padre Jean Cassini concluse che Bianchini aveva scambiato per una sola rotazione di 24g 8h quella che era una successione di 25 rotazioni di 23h 22m (per la precisione, 21.6m). Noto tuttavia che 1/(1/23.36-1/24)=876 ore=36.5 giorni e non 23 giorni, come aveva detto Gian Domenico Cassini, ma il figlio Jacques parve non averci fatto caso: in attesa di fatti nuovi, concluse che gli appariva opportuno adottare un valore di circa 23 h 20 m.
David Gregory I04710, professore di astronomia ad Oxford, pubblicò "Astronomiae physicae et geometricae elementa" (1702; 1726), tradotto in inglese come "The elements of astronomy, physical and geometrical" (1715, 1726) in cui ipotizzò che il satellite visto solo in due occasioni da Cassini riflettesse poca luce, come le macchie scure della Luna, mentre Venere era brillante per effetto di atmosfera nebulosa e molto riflettente; I ed. {B-0170.01_.1702} p. 472 ➤ .
William Derham I02995 in {B-0085.00_.1721} “Astro-Theology” (IV ed., 1721) avanzò l'idea che i satelliti servissero a fare luce, per cui dovevano aumentare di luce con il crescere della distanza del pianeta dal Sole: p. 194 ➤ « ... come per Venere e Mercurio può non esserci bisogno di alcun Attendente, in ragione della loro prossimità al Sole. »
Nel 1728 Francesco Bianchini in "Hesperi et Phosphori nova phaenomena" inserì alla fine "Epistola Admodum Reverendi Patris Melchioris a Briga..". Influenzato dal mito dell'abilità di I03920 Francesco Fontana, negò che il napoletano fosse stato semplicemente ingannato dai difetti ottici:
Nel 1727 si spinse addirittura a disegnare una mappa ➤ , che pubblicò nel libro {B-0155.00_.1728} "Hesperi et Phosphori Nova Phaenomena" (1728); ecco la legenda:
A=Mare Joannis IV
B=Mare Infanti Henrici
C=Mare Regis Emmanuelis
D=Mare Principis Constantini
E=Mare Columbi
F=Mare Vespucci
G=Mare Galilæi
Polo S=Mare Magellanici
Polo N=Mare Marci Poli
Bianchini ridiscusse anche il periodo di rotazione, discutendo le osservazioni del febbraio, maggio e giugno 1726, agosto e settembre 1727, gennaio 1728, trovando a p. 66 ➤ un valore di 24 g 8 h. Ricavò anche che l'asse di rotazione faceva un'angolo di appena 15-20° con l'eclittica (cioè che l'inclinazione dell'asse era di ben 70-75°).
Dopo la sua morte, le sue migliori osservazioni astronomiche furono pubblicate nel libro {B-0156.00_.1737} "Francisci Blanchini Veronensis Astronomicae ac Geographicae Observationes selectae" (Verona, 1737) ➤
Bianchini ritenne decisiva per la determinazione del suo lungo periodo di rotazione l'osservazione del 26 febbraio 1726. Dopo 3 ore di interruzione (per l'interposizione del palazzo Barberini), rivide le macchie nella stessa posizione di prima; se la rotazione fosse avvenuta in un giorno terrestre o meno, le avrebbe dovute trovare visibilmente spostate.
Nella citata Memoria {A-0006.1732_.0000.17350000-0197_0214m} (dopo la morte di Bianchini nel 1729), Jacques Cassini contrastò questa opinione.
Discutendo le osservazioni di suo padre, trovò che con alcune osservazioni fra il 20 e il 21 aprile 1667 aveva stimato più di 24 ore, con altre 23 ore e un quarto; preferì quest'ultima determinazione, perché era stata ottenuta con macchie osservate vicine al centro del pianeta, quando il loro movimento è più evidente. Jacques Cassini cercò poi di conciliare le osservazioni di suo padre con quelle di Bianchini. Questi aveva ritenuto decisiva la sua osservazione del 26 febbraio 1726, che però aveva dovuto interrompere l'osservazione per circa 3 ore, non potendo garantire cosa fosse successo in quel tempo. Se la rotazione avveniva in circa 23h, nel tempo senza osservazioni una macchia poteva essersi sostituita con un'altra del tutto simile, dato che la mappa di Bianchini è tutto in susseguirsi di ondulazioni simili fra loro. Alla ripresa delle osservazioni, l'astronomo aveva creduto che fosse rimasto tutto immutato. Siccome 24h8m/23h=25.39, per non contraddire suo padre Jean Cassini concluse che Bianchini aveva scambiato per una sola rotazione di 24g 8h quella che era una successione di 25 rotazioni di 23h 22m (per la precisione, 21.6m). Noto tuttavia che 1/(1/23.36-1/24)=876 ore=36.5 giorni e non 23 giorni, come aveva detto Gian Domenico Cassini, ma il figlio Jacques parve non averci fatto caso: in attesa di fatti nuovi, concluse che gli appariva opportuno adottare un valore di circa 23 h 20 m.
David Gregory I04710, professore di astronomia ad Oxford, pubblicò "Astronomiae physicae et geometricae elementa" (1702; 1726), tradotto in inglese come "The elements of astronomy, physical and geometrical" (1715, 1726) in cui ipotizzò che il satellite visto solo in due occasioni da Cassini riflettesse poca luce, come le macchie scure della Luna, mentre Venere era brillante per effetto di atmosfera nebulosa e molto riflettente; I ed. {B-0170.01_.1702} p. 472 ➤ .
William Derham I02995 in {B-0085.00_.1721} “Astro-Theology” (IV ed., 1721) avanzò l'idea che i satelliti servissero a fare luce, per cui dovevano aumentare di luce con il crescere della distanza del pianeta dal Sole: p. 194 ➤ « ... come per Venere e Mercurio può non esserci bisogno di alcun Attendente, in ragione della loro prossimità al Sole. »
Nel 1728 Francesco Bianchini in "Hesperi et Phosphori nova phaenomena" inserì alla fine "Epistola Admodum Reverendi Patris Melchioris a Briga..". Influenzato dal mito dell'abilità di I03920 Francesco Fontana, negò che il napoletano fosse stato semplicemente ingannato dai difetti ottici:
{B-0155.00_.1728} p. 91 ➤ Ci sono alcuni che pensano che fossero alcune macchie nelle lenti di Fontana: ma nessuno può facilmente sospettare che questo sia il caso di quel dotto signore; né potremmo presumere che un astronomo sia tanto ignorante di questa specialità da non sapere come scoprire questo errore ruotando i tubo attorno al proprio asse, siccome se esso fosse nel vetro esso avrebbe subito cambiato la sua posizione e sarebbe stato quindi proiettato verso altri pianeti osservati con lo stesso tubo.
[Bianchini si chiese se le osservazioni di Cassini e Fontana si riferissero allo stesso oggetto. Invece di attribuire le osservazioni di Fontana e Cassini all'atmosfera di Venere, preferì spiegarle in termini di un ispessimento nel passato di una sostanza fluida celeste fra gli osservatori e il pianeta.]
{B-0155.00_.1728} p. 91 ➤ Questo sappiamo è spesso successo ad altri termini e luoghi riguardo a differenti stelle. Per questo effetto è sufficiente che parti di differente densità siano mescolate, anche se fosse composte di acqua limpida e aria trasparente. In quelle epoche in cui la sostanza è ancora diventata rarefatta o separata dalla mistura, questo candore o fenomeno di un altro colore sparì.
Jacques Cassini, figlio di Gian Domenico, scrisse nella memoria citata sopra:
{A-0006.1732_.0000.17350000-0197_0214m} p. 211 (Mémoires) ➤ ... nel 1645, Fontana scorse uno o due globi oscuri, o di colore rossastro, tanto dentro, tanto fuori questo pianeta, ciò che fece dubitare se fosse un satellite di questo pianeta, o una meteora nella sua atmosfera, o qualche corpo opaco fra l'occhio e Venere; ciò che altri attribuirono a delle macchie che erano nelle lenti di cui quest'astronomo si è servito, ciò che non si può tuttavia supporre. Infine che mio padre stesso ha visto nel 1672 e 1686, con un cannocchiale di 34 piedi, vicino a Venere, un piccolo globo luminoso, la cui fase era simile a quella di questo pianeta, e che non ne era distante che 3/5 del suo diametro; ciò che gli ha fatto giudicare che non è verosimile che questo fenomeno fosse nell'atmosfera di questo pianeta, perché sarebbe difficile credere che fosse elevata ad una così grande altezza, e ancora meno che fosse un satellite, perché non si sarebbe mancato di scorgerlo da molto tempo; e che così è più credibile che la materia fluida celeste che era fra Venere e l'occhio dell'osservatore, fosse divenuta allora abbastanza densa per poter riflettere qualche luce, sebbene bastasse per questo che alcune parti di differente rarefazione si riunissero insieme, come si deve nella schiuma bianca che è composta d'aria diafana e acqua chiara.
Ripetè la stessa spiegazione in {B-0080.00_.1740} "Elemens d'Astronomie" (1740).
In "An Observation on the Planet Venus, (with regard to her having a Satellite) made by Mr. James Short, F.R.S. at Sunrise, October 23. 1740", Philosophical Transactions, 41, No. 459 (gen. -marzo 1741). I11388 James Short, costruttore di telescopi ed astronomo di Londra, raccontò di un'osservazione compiuta il 23 ottobre 1740 (calend. giuliano; 3 novembre, secondo la riforma gregoriana):
In "An Observation on the Planet Venus, (with regard to her having a Satellite) made by Mr. James Short, F.R.S. at Sunrise, October 23. 1740", Philosophical Transactions, 41, No. 459 (gen. -marzo 1741). I11388 James Short, costruttore di telescopi ed astronomo di Londra, raccontò di un'osservazione compiuta il 23 ottobre 1740 (calend. giuliano; 3 novembre, secondo la riforma gregoriana):
{A-0002.0041b.0459.17410400-0646_0647} p. 646 ➤ Dirigendo un telescopio riflettore di 16.5 pollici di fuoco, (con un apparato per seguire il moto diurno) verso Venere, percepii una piccola stella abbastanza vicino ad esso; sulla quale io rivolsi un altro telescopio della stessa distanza focale, che ingrandiva circa 50 o 60 volte, e che era dotato di un micrometro, per misurare la sua distanza da Venere; e trovai la sua distanza essere circa 10°2'0". Trovando Venere molto distinto, e conseguentemente l'aria molto chiara, misi un'ingrandimento di 240 volte, e con mia grande sorpresa, trovai che questa stella prendeva la stessa fase di Venere. Tentai un altro ingrandimento di 140 volte, e ancora trovai la stella nella stessa fase. Il suo diametro sembrava circa un terzo, o un poco meno, del diametro di Venere; la sua luce era non così luminosa o vivida, ma estremamente nitida e ben definita. Una linea, passante attraverso il centro di Venere ed essa, faceva un angolo con l'equatore di circa 18 o 20°.
La vidi per lo spazio di un'ora varie volte quella mattina; ma la luce del Sole essendo cresciuta, la persi del tutto circa un quarto d'ora dopo le otto. Io l'ho cercata in seguito ogni mattina chiara, ma non ho mai avuto la buona fortuna di vederla ancora. Cassini, nella sua Astronomia, menziona un'altra osservazione più o meno come questa. Io similmente osservai due macchie scure sul corpo di Venere, perché l'aria fu estremamente chiara e serena.
Questa osservazione fu presentata alla Royal Society nel gennaio 1741, e subito I09218 Jean Jacques d'Ortous de Mairan preparò un articolo per la sezione Historie del volume della Histoire de l'Académie Royale des Sciences, che però fu pubblicato nel 1744:
{A-0006.1741_.0000.17440000-0124_0128h} p. 125 (Histoire) ➤ Ciò che è sorprendente, è che per quante ricerche M. Cassini abbia fatto in tempi diversi, per completare una scoperta di così grande importanza, non ha mai potuto riuscirci, e nessun altro astronomo che noi sappiamo, nello spazio di 54 anni, ha potuto vedere questo Fenomeno dopo di lui, neppure M. Bianchini celebre per le sue scoperte sul Pianeta Venere, benché avesse impiegato degli eccellenti cannocchiali di Campani di più di 1000 piedi di lunghezza.
Ecco a che punto si era sul satellite vero o apparente di Venere, quando Short scozzese, ugualmente abile a costruire i telescopi e a servirsene per le osservazioni astronomiche, rivide infine lo scorso anno questo satellite, se ce n'è uno, nelle stesse circostanze e con le stesse fasi che M. Cassini ha descritto. È quello che ho appreso all'inizio del mese di gennaio di quest'anno, da M. Coste autore della traduzione del libro dell'Intelletto Umano di Locke, e di varie altre opere; ne diedi conto a l'Académie, e questa compagnia mi incaricò di informarmi più particolarmente di questa osservazione e dei suoi seguiti, e di rendergliene conto. Ma per sfortuna la nuova apparizione del satellite di Venere, troppo simile in questo alle prime, non è stata più costante.
Short non l'aveva ancora potuto rivedere nel mese di giugno scorso. La sua osservazione fu fatta a Londra il 3 novembre 1740 al mattino, con un telescopio a riflessione di 16 ½ pollici inglesi, che aumentava da 50 a 60 volte il diametro dell'oggetto: Short scorse dapprima come una piccola stella molto vicina a Venere, sulla quale avendo adattato al suo telescopio un oculare più forte ed un micrometro, trovò la distanza della piccola stella da Venere di 10'20" [nella versione inglese: 10°2'0"]. Venere apparendo allora molto distintamente ed il cielo essendo molto sereno, prese degli oculari tre o quattro volte più forti, e vide con una gradita sorpresa che la piccola stella aveva una fase, e la stessa fase di Venere; il suo diametro era un po' meno del terzo di quello di Venere, la luce meno viva, ma ben terminata; il cerchio massimo che passava per il centro di Venere e questo satellite, che sarebbe difficile qualificare altrimenti, faceva un angolo circa fra 18 e 20 gradi con l'equatore, il satellite essendo po' verso il Nord, e precedendo Venere in ascensione retta. Short lo considerò a differenti riprese e con differenti telescopi, nello spazio di un'ora di tempo, fino a quando la luce del giorno o del crepuscolo glielo rapì completamente. Queste circostanze sono tratte da una lettera di Turner, scritta da Londra l'8 giugno a Coste.
Un corpo celeste così difficile da scorgere da Terra, non sembrerebbe proprio fatto per noi, e si potrebbe difficilmente negare di concluderne che esso sia dunque destinato a illuminare un altro Mondo e altri abitanti. L'analogia a questo riguardo, presa in generale, non lascia nulla a desiderare.
p. 128 (Histoire) ➤ Non dimentichiamo ancora in favore dell'esistenza del satellite di Venere, che potrebbe esserci qualcosa di simile a quello che si nota nel quinto satellite di Saturno, al quale, in base a molte osservazioni, si è stati obbligati a riconoscere un periodo di aumento e diminuzione della luce che lo rendeva visibile nella sua più grande elongazione occidentale, e invisibile nell'orientale.
Johann Ludwig Oeder I26118, professore di matematica e fisica al Collegium Carolinum di Braunschweig, era interessato ai telescopi riflettori di migliore qualità; il 15 dicembre 1746 scrisse ad un ottico locale, Ehrhardt, riguardo ad un telescopio capace di rendere visibile il satellite di Venere che un paio di anni fa fu scoperto in Inghilterra.
§ I01088 I01580 I01960 I02089 I02090 I02995 I03920 I04710 I05741 I09218 I09628 I10324 I11388 I26118 I26119 I26120
§ {A-0002.0002_.0032.16680220-0615_0617} {A-0002.0041b.0459.17410400-0646_0647} {A-0004.1667_.0015.16671212-0182_0186} {A-0004.1683_.0011.16830510-0121_0132} {A-0005.0008_.0000.17300000-0121_0209} {A-0005.0010_.0000.17300000-0467_0471} {A-0006.1732_.0000.17350000-0197_0214m} {A-0006.1741_.0000.17440000-0124_0128h} {A-0019.0102_.0005.19921000-0273+0279} {A-0020.0023_.0074.19921100-0299_0301}
§ {B-0025.00_.1651} {B-0038.00_.1665} {B-0043.00_.1699} {B-0080.00_.1740} {B-0085.00_.1721} {B-0123.15_.1925} {B-0155.00_.1728} {B-0156.00_.1737} {B-0170.01_.1702}
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