Dopo aver descritto le proprie osservazioni, Huygens passa alla discussione delle forme di Saturno. Premette che le forme riportate sono infinite, e alcune sono dovute ad una incorretta visione; si riserva di rigettare tutte le osservazioni in contrasto con le sue idee, perché la scoperta del nuovo "pianeta" testimonia che i suoi telescopi sono più potenti di tutti gli altri usati nello stesso periodo. Procede a discutere tutti i principali disegni di Saturno, realizzati da Galileo in poi, raccogliendoli in una Tavola fuori testo ➤ .
La Fig. I della Tavola è quella di I04162 Galileo (1610). In un manoscritto di Huygens (denominato K) si trova una copia di parte della "Prima lettera" a Welser (4 maggio 1612) dove Galileo descrisse Saturno tricorporeo ["Le due minori stelle... interrompimento veruno."], precedendolo con la frase "Conjecturas deinde subjungit hujusmodi". In questa copia di pugno di Huygens il pianeta viene rappresentato con i due piccoli globi a contatto, ma certamente l'astronomo olandese conosceva bene le descrizioni datane da Galileo e la Tavola riporta il disegno corretto. Purtroppo però nel Systema non si fa alcun cenno alle forme molto più realistiche osservate da Galileo nel 1616 e 1620. Huygens attribuisce giustamente l'aspetto tricorporeo alla debolezza del cannocchiale; anch'egli vedeva dei piccoli globi quando usava un telescopio modesto, da 5 o 6 piedi per esempio. In aprile e maggio 1655, quando lui vide con il 12 piedi due braccia attaccate a Saturno, Riccioli ed Hevelius riportarono due globi come quelli di Galileo.
La Fig. I della Tavola è quella di I04162 Galileo (1610). In un manoscritto di Huygens (denominato K) si trova una copia di parte della "Prima lettera" a Welser (4 maggio 1612) dove Galileo descrisse Saturno tricorporeo ["Le due minori stelle... interrompimento veruno."], precedendolo con la frase "Conjecturas deinde subjungit hujusmodi". In questa copia di pugno di Huygens il pianeta viene rappresentato con i due piccoli globi a contatto, ma certamente l'astronomo olandese conosceva bene le descrizioni datane da Galileo e la Tavola riporta il disegno corretto. Purtroppo però nel Systema non si fa alcun cenno alle forme molto più realistiche osservate da Galileo nel 1616 e 1620. Huygens attribuisce giustamente l'aspetto tricorporeo alla debolezza del cannocchiale; anch'egli vedeva dei piccoli globi quando usava un telescopio modesto, da 5 o 6 piedi per esempio. In aprile e maggio 1655, quando lui vide con il 12 piedi due braccia attaccate a Saturno, Riccioli ed Hevelius riportarono due globi come quelli di Galileo.
➤ ➤ Ora, è facile vedere la causa di quest'immagine ingannevole. In effetti, siccome le braccia od ali emettono più luce alle loro estremità che là dove sono attaccate al disco centrale di Saturno, dove si producono sempre delle ombre, non solamente quando si sono nettamente divise in due come nel 1658, ma già prima come nel 1657; non è strano che questa luce più intensa, essendo interposta una parte meno rischiarata, sembrasse interamente separata dal disco centrale. Non c'è da stupirsi neppure che questa parte luminosa da oblunga diventi rotonda, dato che la stessa cosa succede a tutte le figure viste da lontano in modo indistinto a causa della loro piccolezza, e ciò tanto più quanto più l'oggetto è luminoso. E' dunque ben stabilito che questa forma è stata corrotta dall'errore dei telescopi benché gli osservatori che la descrissero fossero in buona fede.
Huygens attribuisce la fig. II a I10922 Scheiner (1614) e la III a I10324 Riccioli (1640 e 1643), anche se i piccoli cerchi sono diventati figure oblunghe e rassomiglianti a delle olive [quod pro orbiculis oblongas arque olivæ similes figuras habeat].
Anche in questo caso il disegno della Tavola è un po' diverso dall'originale, che si trova in {B-0025.00_.1651} "Almagestum Novum" (1651, ➤ ): Riccioli dice che la sua Fig. I si riferisce alla sua osservazione fatta a Bologna nell'ottobre 1643, con cannocchiali di Galileo e di I03920 Francesco Fontana, ed è conforme all'osservazione di questi del 20 giugno 1630.
Si veda la pag. 128-129 di {B-0023.00_.1646} "Novæ coelestium, terrestriumque rerum observationes", Napoli 1646: ➤
La sua Fig. II si riferisce alla sua osservazione del 23 maggio 1640, ed è conforme alla descrizione data da I13822 Padre Niccolò Zucchi (1586-1670) per il 29 ottobre 1643. Riccioli disse che le appendici avevano la forma di una zucca o di una pera (cucurbitæ aut pyri). Huygens le giudica né migliori né peggiori di quelle di Galileo.
Le Fig. IV, V, VI, VII rappresentano le forme teoriche date da Hevelius in "De Saturni nativa facie" (1656). Qui di seguito riporto i disegni originali di Hevelius ➤. Riguardo alla forma trisferica, Huygens commentò: « questa forma indicata da lui non si accorda sufficientemente con la sua ipotesi, come mostreremo più avanti ». Trovò la forma sferico-cuspidata simile a quella riportata da I04234 Gassendi ("Commentarii de rebus cælestibus", 12 gennaio 1645) con il seguente commento: ...Visi sunt adhuc distinctius Satellites quasi duo cuculli hac propemodum specie. Huygens osservò: « E questa qui, occorre dirlo, si accorda abbastanza bene con la nostra, già menzionata, del 1658, tenendo conto che i telescopi dell'uno e dell'altro con sono stati capaci di far vedere le parti più sottili delle braccia con le quali sono attaccate al disco centrale. »
Per Huygens, le forme di Hevelius sono simili a quelle osservate da Riccioli negli anni 1648, 1649, 1650 e riprodotte nella Fig. VIII e IX del "Systema".
Anche in questo caso il disegno della Tavola è un po' diverso dall'originale, che si trova in {B-0025.00_.1651} "Almagestum Novum" (1651, ➤ ): Riccioli dice che la sua Fig. I si riferisce alla sua osservazione fatta a Bologna nell'ottobre 1643, con cannocchiali di Galileo e di I03920 Francesco Fontana, ed è conforme all'osservazione di questi del 20 giugno 1630.
Si veda la pag. 128-129 di {B-0023.00_.1646} "Novæ coelestium, terrestriumque rerum observationes", Napoli 1646: ➤
La sua Fig. II si riferisce alla sua osservazione del 23 maggio 1640, ed è conforme alla descrizione data da I13822 Padre Niccolò Zucchi (1586-1670) per il 29 ottobre 1643. Riccioli disse che le appendici avevano la forma di una zucca o di una pera (cucurbitæ aut pyri). Huygens le giudica né migliori né peggiori di quelle di Galileo.
Le Fig. IV, V, VI, VII rappresentano le forme teoriche date da Hevelius in "De Saturni nativa facie" (1656). Qui di seguito riporto i disegni originali di Hevelius ➤. Riguardo alla forma trisferica, Huygens commentò: « questa forma indicata da lui non si accorda sufficientemente con la sua ipotesi, come mostreremo più avanti ». Trovò la forma sferico-cuspidata simile a quella riportata da I04234 Gassendi ("Commentarii de rebus cælestibus", 12 gennaio 1645) con il seguente commento: ...Visi sunt adhuc distinctius Satellites quasi duo cuculli hac propemodum specie. Huygens osservò: « E questa qui, occorre dirlo, si accorda abbastanza bene con la nostra, già menzionata, del 1658, tenendo conto che i telescopi dell'uno e dell'altro con sono stati capaci di far vedere le parti più sottili delle braccia con le quali sono attaccate al disco centrale. »
Per Huygens, le forme di Hevelius sono simili a quelle osservate da Riccioli negli anni 1648, 1649, 1650 e riprodotte nella Fig. VIII e IX del "Systema".
➤ ➤ Esse non differiscono che in questo: l'orbe centrale apparve ad Hevelius un po' allungato, mentre secondo Riccioli era rotondo, e questi ha visto le anse attaccate le une alle altre invece che a Saturno, mentre ad Hevelius non sembravano per niente a contatto. Tuttavia, Hevelius stesso attribuisce la causa che esse sembrano separate alla debolezza della vista mentre, del resto, indica che effettivamente esse sono attaccate a Saturno.
La fig. X della Tavola di Huygens si riferisce alla forma disegnata da I03093 Eustachio Divini e riferentesi agli anni 1646, 1647, 1648 (la figura originale fa parte di un foglietto volante, pubblicato nel 1649 dal Divini e dedicato al Granduca Ferdinando II de' Medici ). Commenta Huygens:
➤ ➤ Visto che egli è considerato un eccellentissimo fabbricatore di telescopi [præstantissimus perspicillorum artifex], è credibile che sia lui che ci ha mostrato la forma di Saturno più rigorosamente vera, e ciò nonostante abbia aggiunto di suo, mi sembra, le ombre che appaiono nella figura.
[ Come vedremo, questo brano mandò su tutte le furie il Divini. La Fig. XI della Tavola è attribuita a Fontana e ]
➤ ➤ ...non differisce molto dalle figure nominate in ultimo luogo. Riccioli dice pure di averla vista nel 1646. Ma io sono portato a credere che si è servito allora di telescopi meno perfetti di quelli con i quali ha scoperto le figure VIII e IX di cui abbiamo appena parlato. In effetti in questo stesso anno 1646 Hevelius dichiara di aver visto la VII forma, ed è piuttosto a questa forma che noi dobbiamo attenerci. Quanto alle osservazioni di Fontana ciò che mi leva ogni scrupolo di metterle in dubbio, è che egli ha pubblicato un tempo anche delle forme ben più mostruose [monstrosas] di Marte, per esempio una forma simile a quella di una roccia triangolare [trilateræ cujusdam rupis] ed un'altra con una macchia nera in mezzo ad un contorno circolare, le quali, come molte altre, abbiamo trovato false. Ciò nonostante la differenza che caratterizza la forma di Saturno pubblicata da lui, non è né grande, come ho detto, né strana.
La pubblicazione di Fontana, {B-0023.00_.1646} "Novæ cœlestium, terrestriumque rerum observationes" (Napoli, 1646) probabilmente non fu vista da Huygens prima del dicembre 1660.
L'olandese deve essersi basato sulle riproduzioni contenute in {B-0025.00_.1651} Almagestum Novum di Riccioli. La figura triangolare di Marte fu pubblicata invece in {B-0019.00_.1643} "Detectio Dioptrica" di I05454 Matthias Hirzgarter nel 1643 (vedi a lato), opera commentata nel Manoscritto K (p. 36) di Huygens, contenente una riproduzione della sorprendente figura. ➤ |
La Fig. XII della Tavola è tratta da I01083 Giuseppe Biancani e Gassendi, la Fig. XIII si trova a p. 724 ➤ di {B-0025.00_.1651} Almagestum Novum" di Riccioli.
Huygens spiega le ultime tre figure con la debolezza del telescopio usato. Termina la rassegna delle forme osservate di Saturno dicendo di aver scartate quelle che mostrano un pianeta ellittico ma senza "compagni" [come nei "Commentarii" di Gassendi con la data 13 aprile 1634], e quelle che mostrano le due appendici di grandezza differente [come nella stessa opera di Gassendi e nella figura IV di Riccioli, che abbiamo riportato in precedenza]. Quest'ultimo fenomeno sarebbe dovuto non ad una visione imperfetta, ma alla suggestione di vedere ciò che prevede una certa teoria. Odierna, nel suo libro {B-0030.00_.1657} "Protei cælestis Vertigines sev Satvrni Systema" (1657) ➤ scrisse che nel 1655 e verso la fine dell'anno seguente, il piccolo globo orientale gli pareva più piccolo dell'altro. Anche Hevelius segnalò questo fenomeno e cercò di invano di spiegarlo con la sua teoria.
Huygens passa a discutere le teorie di Hevelius, Roberval e Odierna.
Riguardo alla teoria di Hevelius, Huygens commenta che la Fig. VII e la fase rotonda si possono certamente verificare secondo questa teoria, e con una certa approssimazione anche la VI e la V. Ma la Fig. IV non si potrà mai verificare, perché con la rotazione le anse si contraggono lateralmente, ma non verticalmente. Nè si può pensare, come aveva arguito Hevelius, che tale contrazione verticale possa derivare dalla declinazione delle anse sull'eclittica (che Hevelius stimava essere di appena 3°).
Anche i fenomeni della fase rotonda non si accordano con la teoria di Hevelius secondo cui tale fase dell'anno 1656 doveva persistere sino al settembre 1657, mentre le anse riapparvero già il 13 ottobre 1656. Inoltre nel solstizio del 1612 il pianeta apparve triplo, mentre secondo le Tavole di Hevelius avrebbe dovuto apparire rotondo; il 1° dicembre dello stesso anno Galileo lo vide "solitario", mentre secondo Hevelius doveva apparire trisferico.
Per I10440 Roberval, Huygens ha delle belle parole, e apprezza la concezione di un materiale distribuito tutto intorno al pianeta. Ma l'ipotesi non spiega abbastanza facilmente le fasi osservate nel 1655 e 1657, né come certe fasi si ripetano regolarmente in certe posizioni di Saturno sulla sua orbita. Inoltre i vapori a cui fa riferimento Roberval dovrebbero avere un comportamento molto diverso da quelli terrestri, che sono più abbondanti ai poli che nella zona torrida.
Huygens passa poi a discutere l'ipotesi del "dottissimo" I09103 Odierna, che elogia per aver cercato di risolvere il mistero di Saturno nonostante fosse munito di uno strumento mediocre (appena 20 ingrandimenti, come l'autore afferma a pag. 3 della sua opera). « Ma mi sembra che anche voi vi siate sbagliato ». Huygens consiglia ad Odierna di colorare un uovo nel modo richiesto dalla sua teoria e di farlo ruotare: vedrà che appariranno certi aspetti mai visti su Saturno e altri osservati sul pianeta non si potranno presentare.
Passando a descrivere la sua propria teoria, Huygens afferma che gli altri autori erano stati sfavoriti dall'aver avuto a disposizione dei telescopi meno potenti; anche loro, probabilmente, sarebbero giunti alle stesse conclusioni vedendo quello che aveva visto lui. Inoltre egli fu favorito dal suggerimento fornitogli dalla scoperta del satellite. Il ragionamento che andremo a riferire rivela l'attaccamento di Huygens alla filosofia cartesiana.
I02068 Cartesio in {B-0563.00_.1644} "Principia Philosophiae" (1644) aveva esposto la sua ben nota "teoria dei vortici".
Alla creazione, Dio aveva messo tutta la sostanza dell'universo in moto in vortici; i pianeti si muovevano trascinati dal vortice solare, ed erano essi stessi al centro di vortici più piccoli. Dunque, pensò Huygens, anche Saturno azionava il suo vortice, e tutto quello che lo circondava doveva ruotare, tanto più lentamente quanto più era distante dal centro.
Huygens spiega le ultime tre figure con la debolezza del telescopio usato. Termina la rassegna delle forme osservate di Saturno dicendo di aver scartate quelle che mostrano un pianeta ellittico ma senza "compagni" [come nei "Commentarii" di Gassendi con la data 13 aprile 1634], e quelle che mostrano le due appendici di grandezza differente [come nella stessa opera di Gassendi e nella figura IV di Riccioli, che abbiamo riportato in precedenza]. Quest'ultimo fenomeno sarebbe dovuto non ad una visione imperfetta, ma alla suggestione di vedere ciò che prevede una certa teoria. Odierna, nel suo libro {B-0030.00_.1657} "Protei cælestis Vertigines sev Satvrni Systema" (1657) ➤ scrisse che nel 1655 e verso la fine dell'anno seguente, il piccolo globo orientale gli pareva più piccolo dell'altro. Anche Hevelius segnalò questo fenomeno e cercò di invano di spiegarlo con la sua teoria.
Huygens passa a discutere le teorie di Hevelius, Roberval e Odierna.
Riguardo alla teoria di Hevelius, Huygens commenta che la Fig. VII e la fase rotonda si possono certamente verificare secondo questa teoria, e con una certa approssimazione anche la VI e la V. Ma la Fig. IV non si potrà mai verificare, perché con la rotazione le anse si contraggono lateralmente, ma non verticalmente. Nè si può pensare, come aveva arguito Hevelius, che tale contrazione verticale possa derivare dalla declinazione delle anse sull'eclittica (che Hevelius stimava essere di appena 3°).
Anche i fenomeni della fase rotonda non si accordano con la teoria di Hevelius secondo cui tale fase dell'anno 1656 doveva persistere sino al settembre 1657, mentre le anse riapparvero già il 13 ottobre 1656. Inoltre nel solstizio del 1612 il pianeta apparve triplo, mentre secondo le Tavole di Hevelius avrebbe dovuto apparire rotondo; il 1° dicembre dello stesso anno Galileo lo vide "solitario", mentre secondo Hevelius doveva apparire trisferico.
Per I10440 Roberval, Huygens ha delle belle parole, e apprezza la concezione di un materiale distribuito tutto intorno al pianeta. Ma l'ipotesi non spiega abbastanza facilmente le fasi osservate nel 1655 e 1657, né come certe fasi si ripetano regolarmente in certe posizioni di Saturno sulla sua orbita. Inoltre i vapori a cui fa riferimento Roberval dovrebbero avere un comportamento molto diverso da quelli terrestri, che sono più abbondanti ai poli che nella zona torrida.
Huygens passa poi a discutere l'ipotesi del "dottissimo" I09103 Odierna, che elogia per aver cercato di risolvere il mistero di Saturno nonostante fosse munito di uno strumento mediocre (appena 20 ingrandimenti, come l'autore afferma a pag. 3 della sua opera). « Ma mi sembra che anche voi vi siate sbagliato ». Huygens consiglia ad Odierna di colorare un uovo nel modo richiesto dalla sua teoria e di farlo ruotare: vedrà che appariranno certi aspetti mai visti su Saturno e altri osservati sul pianeta non si potranno presentare.
Passando a descrivere la sua propria teoria, Huygens afferma che gli altri autori erano stati sfavoriti dall'aver avuto a disposizione dei telescopi meno potenti; anche loro, probabilmente, sarebbero giunti alle stesse conclusioni vedendo quello che aveva visto lui. Inoltre egli fu favorito dal suggerimento fornitogli dalla scoperta del satellite. Il ragionamento che andremo a riferire rivela l'attaccamento di Huygens alla filosofia cartesiana.
I02068 Cartesio in {B-0563.00_.1644} "Principia Philosophiae" (1644) aveva esposto la sua ben nota "teoria dei vortici".
Alla creazione, Dio aveva messo tutta la sostanza dell'universo in moto in vortici; i pianeti si muovevano trascinati dal vortice solare, ed erano essi stessi al centro di vortici più piccoli. Dunque, pensò Huygens, anche Saturno azionava il suo vortice, e tutto quello che lo circondava doveva ruotare, tanto più lentamente quanto più era distante dal centro.
➤ ➤ Avendo dunque constatato che il nuovo pianeta ruota in un periodo di 16 giorni attorno a Saturno, ho giudicato che senza dubbio Saturno ruota attorno ad il suo asse in un tempo ancora più corto. In effetti, anche prima di questa scoperta, io ho sempre creduto che ci sia una certa analogia fra la Terra e gli altri Pianeti primari nel fatto che essi ruotano ciascuno attorno al loro asse e che così la loro superficie intera gode a turno della luce del Sole. Ora, in generale è così per i grandi corpi del Mondo: quelli attorno a cui circolano degli altri più piccoli, hanno essi stessi nella loro posizione centrale un periodo di rotazione più corto. Così le macchie del Sole fanno vedere che esso stesso ruota su se stesso in 26 giorni circa: e attorno al Sole i differenti Pianeti, ai quali appartiene anche la Terra, completano la loro corsa in tempo tanto più lungo quanto più ne sono distanti. Analogamente la nostra Terra ruota in un giorno attorno al suo asse, mentre la Luna mette un mese a circolare intorno ad essa. Quanto al pianeta Giove, quattro pianeti più piccoli, cioè quattro Lune, lo circondano, che osservano questa medesima legge che i più vicini si muovono più rapidamente.
Occorre dunque concludere che Giove ruota forse in tempo inferiore a 24 ore, visto che la più vicina delle sue lune ci mette meno di due giorni. Sapendo già tutto ciò, ero dell'avviso che Saturno stesso avesse un movimento di questo tipo. L'osservazione del suo satellite mi informò allora sulla velocità di rotazione: siccome il satellite percorre la sua orbita in 16 giorni, ciò porta a credere che Saturno situato al centro di tale orbita giri molto più rapidamente. E sembrerebbe ora plausibile che tutta la materia celeste situata fra Saturno ed il suo satellite sia soggetta allo stesso tipo di movimento nel senso che più questa materia è vicina a Saturno, più la sua velocità si avvicina a quella di quest'ultimo. Ne conseguiva infine che le appendici o braccia di Saturno, se sono congiunte e attaccate al corpo sferico centrale, ruotano con esso, oppure, se sono separate da lui da un certo intervallo, possiedono tuttavia un movimento di rotazione non molto più lento. Ora, la figura delle braccia, mentre io riflettevo sul loro movimento, mi sembrava quella che si manifesta nelle osservazioni, descritte più sopra, del 1655. Cioè: il corpo centrale di Saturno era perfettamente rotondo e le sue due braccia si estendevano da una parte e dall'altra secondo una medesima linea retta come se il pianeta fosse stato attraversato da una parte all'altra da una specie di asse.
E' vero che con il telescopio da 12 piedi di cui mi servivo allora le due braccia sembravano verso le loro estremità un poco più spesse e più luminose che là dove erano attaccate alla sfera centrale, come indica la prima di tutte le figure. Siccome Saturno mostrava tutti i giorni la medesima forma, compresi dunque che (se è vero che il periodo di rotazione di Saturno e di tutto quello che gli è attaccato è così corto) ciò non poteva spiegarsi che in una sola maniera, cioè ammettendo che il globo di Saturno sia circondato da tutte le parti da un altro corpo di forma simmetrica; che un anello, per così dire, lo circonda a metà. Mi dicevo che in tal modo, qualunque fosse la velocità della rotazione, doveva presentarsi a noi sempre la stessa figura, ben inteso se l'asse di rotazione è perpendicolare al piano di tale anello. In questo modo una causa che conveniva alla fase visibile in quel tempo era stata trovata. Cominciai poi ad esaminare se le altre fasi che si attribuivano a Saturno potessero essere spiegate con lo stesso anello. Ciò riuscì ben presto grazie al fenomeno frequentemente osservato dell'obliquità delle braccia di Saturno rispetto all'eclittica.
In effetti, quando io ebbi constatato che la linea retta secondo la quale le braccia si estendevano da una parte all'altra non seguiva il corso dell'eclittica, ma la tagliava secondo un angolo di più di 20°, stabilii che per conseguenza il piano dell'anello immaginato da me era inclinato rispetto all'eclittica dello stesso angolo di 20° circa. Io intendo parlare di una inclinazione perpetua e costante come ne esiste una per il piano dell'equatore della nostra Terra. Ne seguiva necessariamente che lo stesso anello nei suoi differenti aspetti doveva farci vedere sia una ellisse abbastanza larga, sia una ellisse più stretta, infine talvolta anche una linea retta. Che si formino le anse, ciò proviene, compresi, dal fatto che l'anello non è attaccato a Saturno, ma separato da lui da tutte le parti da un uguale intervallo. Ammettendo questa disposizione e supponendo inoltre l'inclinazione dell'anello come ho detto, trovai che tutte le meravigliose apparenze di Saturno, come sarà presto dimostrato, possono esserne dedotte. Ecco precisamente l'ipotesi che noi abbiamo pubblicato in lettere trasposte il 25 marzo dell'anno 1656 nello stesso tempo delle osservazioni della Luna di Saturno.
Ora, queste lettere erano
aaaaaaacccccdeeeeeghiiiiiiimmnnnnnnnnnooooppqrrstttttuuuuu;
che danno una volta spostate: «Annulo cingitur, tenui, plano, nusquam cohærente, ad aclipticam inclinato».
Quanto alla larghezza dello spazio che separa l'anello dal globo di Saturno, l'osservazione della forma da parte di altri mi ha insegnato - e la mia propria osservazione ha in seguito confermato - che questa larghezza è uguale o anche superiore a quella dell'anello stesso; e che il più grande diametro dell'anello sta a quello di Saturno all'incirca come 9 a 4. La forma è dunque come quella che abbiamo disegnato nella figura qui di seguito. ➤
Io penso d'altronde di dover approfittare qui dell'occasione di rispondere a coloro ai quali sembrerà nuovo e forse strano che non solo io attribuisca ad un corpo celeste una forma come non se ne è mai trovata su ciascuno di essi fin qui, mentre al contrario si era fermamente convinti della loro forma rotonda e che questa figura rotonda sembrava unicamente conforme alla natura delle cose, ma che di più io pongo questo anello solido e permanente (perché io lo stimo tale) attorno a Saturno in tale maniera che non è attaccato a lui da alcun legamento, da alcuna catena [ut nullis compagibus retinaculisve ei cohærat], e che nondimeno resta ad una eguale distanza ed è trasportato con Saturno da un movimento molto rapido.
Coloro che pensano così devono prendere in considerazione che io non costruisco qui arbitrariamente una ipotesi dovuta solo alla mia immaginazione, come gli Astronomi costruiscono i loro epicicli che nel cielo non appaiono in alcuna parte, ma che con i miei occhi - ed è con gli occhi ugualmente che noi distinguiamo le forme di tutti gli altri oggetti - io vedo questo anello abbastanza distintamente. Che d'altronde non c'è motivo per cui fra i corpi celesti non ce ne possa essere uno dotato di questa forma che, se non sferica, è perlomeno di rivoluzione e tale che il corpo che la possiede possa altrettanto facilmente prendere un movimento attorno al suo centro dei corpi sferici stessi.
Certo occorre stupirsi meno che tale forma sia stata data ad un corpo del genere che un'altra qualunque male assortita e per nulla di rivoluzione. Di più, poiché sembra di poter concludere con sufficiente verosimiglianza della grande somiglianza e parentela evidente di Saturno con la nostra Terra che Saturno, così come essa, è situato in mezzo al suo vortice e che tutto ciò che laggiù è stimato avere un peso tende per sua natura verso il centro di tale vortice, ne segue necessariamente anche che questo anello, tendendo ad avvicinarsi al centro con una forza uguale da tutti i lati, rimane là in equilibrio e ad una distanza dappertutto uguale.
Assolutamente come, secondo le speculazioni di certe persone, se fosse possibile costruire una volta circondante tutta la Terra, questa volta si sosterrebbe da sola senza alcun fondamento. Che essi non giudichino dunque interamente impossibile l'esistenza reale di qualche cosa di questo genere attorno a Saturno, ma che essi confidano piuttosto che che la potenza e la maestà della natura sono infinite, la quale, facendo vedere continuamente dei nuovi modelli costruiti da essa, ci avverte che ce ne sono ancora. Ma ritorniamo ora al soggetto che ci occupa.
In: Chapelain a Huygens, 4 marzo 1660, {L-00115} I26114 I05741 D16600304, Chapelain suggerì ad Huygens un altro argomento per spiegare l'equilibrio di un anello attorno a Saturno, e l'astronomo olandese si rammaricò di non averci pensato quando scrisse il "Systema". Questo argomento si avvicina in modo notevole alla concezione moderna della formazione dell'anello a partire da una moltitudine di piccoli satelliti. In effetti, Chapelain notò che:
p. 35 ➤ in materia di sospensione non c'è più inconveniente per un cerchio che per un globo, avendo sempre considerato il vostro cerchio Saturniano come quello che descrive la Luna attorno alla terra, e che essa descriverebbe ugualmente se invece di un globo lunare che ne fosse in giro fianco a fianco un numero abbastanza grande da riempire il cerchio da un estremo all'altro.
Dopo aver criticato le idee degli altri, Huygens dovette convincere i lettori che il suo modello era in grado di spiegare i fenomeni osservati. Iniziò col determinare l'obliquità, cioè la sua inclinazione sull'eclittica. Confrontando la posizione delle "braccia" con quella del moto del pianeta fra le stelle durante marzo, aprile e maggio 1655, concluse che l'inclinazione doveva essere di poco superiore a 20°. Trovò anzi che le osservazioni non erano in disaccordo con l'ipotesi che l'anello fosse parallelo all'equatore celeste (e quindi avesse un'inclinazione di 23.5° sull'eclittica). Si convinse che questa era la verità, e credette anche di averlo dimostrato con le osservazioni; in realtà a quell'epoca l'anello formava un angolo di 28.2° con l'eclittica. Huygens sbagliò quindi di circa 4.7°: non poco, ma bisogna pensare che egli usò, senza rendersene conto, dei mezzi molto rozzi per dimostrare il parallelismo con l'equatore celeste. Orientò il telescopio in modo da avere Saturno vicino al bordo del campo visivo, con la linea delle braccia rivolta verso il centro dell'obiettivo. Fissò poi il telescopio in modo che il pianeta, trascinato dal moto diurno della volta celeste, percorresse il campo visivo fino ad arrivare all'altro estremo. Giudicò che il moto avvenisse esattamente secondo la linea delle braccia, e con ciò considerò confermata la sua ipotesi: inclinazione 0° rispetto all'equatore celeste e 23.5° rispetto all'eclittica.
Huygens ricordò che l'ipotesi del parallelismo con l'equatore celeste era stata ammessa anche da altri. Già Galileo nel 1610 l'aveva formulata. Gassendi nei "Commentarii" scrisse che il 30 maggio 1643 Saturno apparve trisferico, stimando che i due corpi laterali fossero paralleli all'equatore ➤. Huygens cita a suo favore anche Boulliau, che però non scrisse nulla in tal senso; probabilmente diede consenso verbale all'ipotesi quando assistette ad un'osservazione di Huygens (18 maggio 1657), in cui forse gli fu illustrato il metodo ora descritto.
Anche Riccioli constatò indipendentemente il parallelismo con l'equatore delle due "appendici", osservando allineamenti con le stelle, e in {B-0025.01_.1651} "Almagestum Novum" ricordò che alla stessa conclusione erano arrivati I04737 Francesco Maria Grimaldi per una osservazione del 15 ottobre 1647, e Biancani (ottobre 1616 e novembre 1619) p. 488 ➤ .
Invece Hevelius formulò un'ipotesi strana, cioè che le appendici fossero parallele all'eccentrico di Saturno il quale non si discosta all'eclittica mai più di 2.5° (e in alcune posizioni coincide con essa). Un errore grossolano, di cui Huygens si stupì molto.
Del resto Hevelius preferì sempre tacere sull'argomento nelle sue lettere ad Huygens, soprattutto nel suo primo commento al "Systema": Hevelius a Huygens, 13 luglio 1660, {L-00744} I05372 I05741 D16600713. Anche Riccioli aveva sbagliato nell'"Almagestum Novum" citando una osservazione (probabilmente erronea) di Grimaldi (18 marzo 1650) a conferma del parallelismo dell'anello, mentre avrebbe indicato il contrario.
Nel seguito del libro, Huygens diede una chiarissima descrizione del suo sistema, inclinando l'anello di 23.5° sull'eclittica e trascurando l'inclinazione dell'orbita di Saturno su tale piano. Rappresentò le fasi dell'anello con una splendida figura, che farebbe bella mostra anche in un libro attuale. ➤
Alla massima apertura dell'anello il suo aspetto è questo ➤ con un rapporto di circa 5:2 fra l'asse maggiore e quello minore dell'ellisse. Huygens ricordò che l'orbita del satellite appare in quell'occasione come un'ellisse molto aperta, e quindi la luna passa sopra o sotto il pianeta. Ma quando l'anello appare di taglio, anche l'orbita del satellite si presenta come una retta, ed esso sparisce in vicinanza del bagliore di Saturno.
A questo punto del libro, dovendo determinare gli istanti in cui l'anello sparisce, Huygens riprese il problema della determinazione della giacitura del suo piano. Tenendo conto delle sue osservazioni, arrivò ad ammettere che l'angolo fra l'anello e l'equatore potesse arrivare a 4°8': è già un progresso, anche se per i calcoli moderni nel 1657 tale angolo era 8.1°. Nel 1667 utilizzò un nuovo metodo, in collaborazione con I01795 Jacques Buot, determinando l'angolo orario di Saturno al momento in cui l'asse maggiore dell'anello sembrava parallelo all'orizzonte. Realizzando la misura il 16 luglio ed il 15 agosto 1667 ottenne: 31°22' sull'eclittica e 8°58' sull'equatore. Il 17 agosto 1668 insieme a I09699 Jean Picard misurò 31°38' e 9°13' e poi, con un calcolo più preciso, tenendo conto dell'inclinazione dell'orbita di Saturno sull'eclittica, 30°42' e 9°20'. I valori medi reali a quell'epoca erano rispettivamente 28.2° e 8.1°, come abbiamo già detto: non male.
Ritorniamo al "Systema": Huygens spiegò che la "fase rotonda" può durare anche 5 o 6 mesi perché, dato il moto della Terra attorno al Sole, l'osservatore si sposta sopra e sotto il piano dell'anello, osservandolo talvolta dalla parte non illuminata. Ma perché l'anello sparisce quando è osservato esattamente di taglio?
Huygens ricordò che l'ipotesi del parallelismo con l'equatore celeste era stata ammessa anche da altri. Già Galileo nel 1610 l'aveva formulata. Gassendi nei "Commentarii" scrisse che il 30 maggio 1643 Saturno apparve trisferico, stimando che i due corpi laterali fossero paralleli all'equatore ➤. Huygens cita a suo favore anche Boulliau, che però non scrisse nulla in tal senso; probabilmente diede consenso verbale all'ipotesi quando assistette ad un'osservazione di Huygens (18 maggio 1657), in cui forse gli fu illustrato il metodo ora descritto.
Anche Riccioli constatò indipendentemente il parallelismo con l'equatore delle due "appendici", osservando allineamenti con le stelle, e in {B-0025.01_.1651} "Almagestum Novum" ricordò che alla stessa conclusione erano arrivati I04737 Francesco Maria Grimaldi per una osservazione del 15 ottobre 1647, e Biancani (ottobre 1616 e novembre 1619) p. 488 ➤ .
Invece Hevelius formulò un'ipotesi strana, cioè che le appendici fossero parallele all'eccentrico di Saturno il quale non si discosta all'eclittica mai più di 2.5° (e in alcune posizioni coincide con essa). Un errore grossolano, di cui Huygens si stupì molto.
Del resto Hevelius preferì sempre tacere sull'argomento nelle sue lettere ad Huygens, soprattutto nel suo primo commento al "Systema": Hevelius a Huygens, 13 luglio 1660, {L-00744} I05372 I05741 D16600713. Anche Riccioli aveva sbagliato nell'"Almagestum Novum" citando una osservazione (probabilmente erronea) di Grimaldi (18 marzo 1650) a conferma del parallelismo dell'anello, mentre avrebbe indicato il contrario.
Nel seguito del libro, Huygens diede una chiarissima descrizione del suo sistema, inclinando l'anello di 23.5° sull'eclittica e trascurando l'inclinazione dell'orbita di Saturno su tale piano. Rappresentò le fasi dell'anello con una splendida figura, che farebbe bella mostra anche in un libro attuale. ➤
Alla massima apertura dell'anello il suo aspetto è questo ➤ con un rapporto di circa 5:2 fra l'asse maggiore e quello minore dell'ellisse. Huygens ricordò che l'orbita del satellite appare in quell'occasione come un'ellisse molto aperta, e quindi la luna passa sopra o sotto il pianeta. Ma quando l'anello appare di taglio, anche l'orbita del satellite si presenta come una retta, ed esso sparisce in vicinanza del bagliore di Saturno.
A questo punto del libro, dovendo determinare gli istanti in cui l'anello sparisce, Huygens riprese il problema della determinazione della giacitura del suo piano. Tenendo conto delle sue osservazioni, arrivò ad ammettere che l'angolo fra l'anello e l'equatore potesse arrivare a 4°8': è già un progresso, anche se per i calcoli moderni nel 1657 tale angolo era 8.1°. Nel 1667 utilizzò un nuovo metodo, in collaborazione con I01795 Jacques Buot, determinando l'angolo orario di Saturno al momento in cui l'asse maggiore dell'anello sembrava parallelo all'orizzonte. Realizzando la misura il 16 luglio ed il 15 agosto 1667 ottenne: 31°22' sull'eclittica e 8°58' sull'equatore. Il 17 agosto 1668 insieme a I09699 Jean Picard misurò 31°38' e 9°13' e poi, con un calcolo più preciso, tenendo conto dell'inclinazione dell'orbita di Saturno sull'eclittica, 30°42' e 9°20'. I valori medi reali a quell'epoca erano rispettivamente 28.2° e 8.1°, come abbiamo già detto: non male.
Ritorniamo al "Systema": Huygens spiegò che la "fase rotonda" può durare anche 5 o 6 mesi perché, dato il moto della Terra attorno al Sole, l'osservatore si sposta sopra e sotto il piano dell'anello, osservandolo talvolta dalla parte non illuminata. Ma perché l'anello sparisce quando è osservato esattamente di taglio?
{B-0031.00_.1659} p. 61 ➤ Cosa ne diremo ? Che il corpo intero dell'anello è così sottile che, benché il suo contorno brilli in effetti, resta nondimeno impercettibile ai nostri telescopi a causa della sua troppo debole larghezza? Per niente: ma lo stesso fatto che impedisce di ricorrere a questo espediente, ci fornirà senza dubbio la vera causa: cioè la banda più oscura del resto del disco di Saturno, che noi abbiamo raccontato aver visto tanto quando appariva rotondo che quando aveva ritrovato le sue braccia. Ciò dimostra indubitabilmente che il contorno esterno dell'anello è così costituito che esso possiede in verità un certo spessore, ma che riflette la luce del Sole o nulla del tutto o almeno poco debolmente.
In effetti, siccome questa banda oscura è scorta su Saturno anche quando è privo di braccia, cioè quando noi contempliamo la superficie dell'anello che è rischiarata dal Sole; posizione nella quale nessuna parte che si trova nell'ombra è girata verso i nostri occhi; si deduce che questa oscurità non può provenire da un'altra causa che il margine dell'anello sia costituito da una certa materia che non è ugualmente atta alla riflessione della luce del resto della superficie. Analogamente noi vediamo anche nel disco lunare alcune macchie molto più oscure delle altre parti; le quali è vero non sembrano assolutamente esenti da luce, ma è ammissibile che se esse fossero lontane dal Sole come Saturno, posizione nella quale esse non riceverebbero che la centesima parte della luce che ricevono ora, esse sarebbero assolutamente invisibili per noi, a meno di essere circondate da tutte le parti da delle parti più luminose; e soprattutto se esse non formassero che una linea sottile come il margine dell'anello di Saturno. D'altronde si potrebbe forse dire anche che una certa materia simile a quella dell'acqua o perlomeno dotata di una superficie liscia e splendente circonda le parti estreme dell'anello, la quale materia, riflettendo i raggi del Sole in un solo punto per così dire, ci sarà assolutamente in visibile, come è evidente per delle ragioni ottiche.
In questa spiegazione Huygens sbagliò completamente. Non è neppure vero che la linea scura sul globo sia l'ombra dell'anello, come si dimostra calcolando la geometria dell'illuminazione solare. Forse era dovuta ad un effetto di contrasto prodotto dalla luminosità intensa dell'anello proiettato sulle parti meno brillanti delle fasce equatoriali di Saturno. Huygens proseguì con una dettagliata esposizione della visibilità dell'anello nelle varie fasi. Arrivò alla conclusione che la sua superficie non è montagnosa e rugosa (come quella della Luna), ma molto liscia, perché riflette poca luce quando è illuminata sotto un'angolo molto piccolo. Fece una descrizione dettagliatissima delle condizioni di visibilità dell'anello, spiegando per quali periodi esso deve rimanere invisibile ai telescopi ordinari, aggiungendo che i suoi strumenti consentono di vedere le "braccia" in un maggior numero di occasioni. Proseguì dando la previsione delle fasi dell'anello per tutto il resto del secolo.
La trattazione di Huygens fu magistrale, soprattutto se confrontata al livello delle conoscenze dei contemporanei, e possiamo perdonargli che non sia assolutamente precisa in tutti i dettagli. Per esempio, Huygens sbagliò supponendo che la brillantezza dell'anello diminuisca drasticamente quando è osservato sotto piccoli angoli: esso resta relativamente brillante anche poco prima di sparire. Inoltre, negli anni seguenti alla stesura del "Systema" potè verificare che le date che aveva calcolato per il verificarsi delle varie fasi andavano corrette, e continuò quindi a migliorare i valori numerici.
La parte conclusiva del libro trattò delle dimensioni e distanze dei pianeti, giungendo a risultati nuovi e molto diversi da quelli accettati a quell'epoca. Huygens realizzò delle personali misure del diametro apparente dei vari corpi, purtroppo con scarsa precisione. Ecco le dimensioni che assegnava ai pianeti (rispetto al Sole; fra parentesi il valore reale, calcolato in base al raggio medio): Venere 1/84 (1/115), Marte 1/166 (1/205), Giove 2/11=0.182 (0.100), Saturno 5/37= 0.135 (0.083). Huygens giudicò che nessuno dei metodi usati per stimare la distanza della Terra del Sole fosse attendibile, quindi neppure le dimensioni reali della Terra rispetto agli altri pianeti erano realmente misurabili. Semplicemente affidandosi al buon senso, suppose che la Terra avesse dimensioni intermedie fra quelle di Venere e Marte, cioè 1/111 del Sole. Questo risultato, ottenuto con un'ipotesi errata, è tuttavia sorprendentemente buono: il valore reale è 1/109. Ecco allora i diametri dei pianeti rispetto alla Terra: Venere 1.30 (0.96), Marte 0.66 (0.53), Giove 19.8 (11.0), Saturno 14.70 (9.1). Huygens stimò inoltre che la distanza media della Terra dal Sole fosse 12543 volte il diametro terrestre (valore reale: 11740), arrivando molto più vicino al vero di quello Riccioli, che assumeva 7327.
La trattazione di Huygens fu magistrale, soprattutto se confrontata al livello delle conoscenze dei contemporanei, e possiamo perdonargli che non sia assolutamente precisa in tutti i dettagli. Per esempio, Huygens sbagliò supponendo che la brillantezza dell'anello diminuisca drasticamente quando è osservato sotto piccoli angoli: esso resta relativamente brillante anche poco prima di sparire. Inoltre, negli anni seguenti alla stesura del "Systema" potè verificare che le date che aveva calcolato per il verificarsi delle varie fasi andavano corrette, e continuò quindi a migliorare i valori numerici.
La parte conclusiva del libro trattò delle dimensioni e distanze dei pianeti, giungendo a risultati nuovi e molto diversi da quelli accettati a quell'epoca. Huygens realizzò delle personali misure del diametro apparente dei vari corpi, purtroppo con scarsa precisione. Ecco le dimensioni che assegnava ai pianeti (rispetto al Sole; fra parentesi il valore reale, calcolato in base al raggio medio): Venere 1/84 (1/115), Marte 1/166 (1/205), Giove 2/11=0.182 (0.100), Saturno 5/37= 0.135 (0.083). Huygens giudicò che nessuno dei metodi usati per stimare la distanza della Terra del Sole fosse attendibile, quindi neppure le dimensioni reali della Terra rispetto agli altri pianeti erano realmente misurabili. Semplicemente affidandosi al buon senso, suppose che la Terra avesse dimensioni intermedie fra quelle di Venere e Marte, cioè 1/111 del Sole. Questo risultato, ottenuto con un'ipotesi errata, è tuttavia sorprendentemente buono: il valore reale è 1/109. Ecco allora i diametri dei pianeti rispetto alla Terra: Venere 1.30 (0.96), Marte 0.66 (0.53), Giove 19.8 (11.0), Saturno 14.70 (9.1). Huygens stimò inoltre che la distanza media della Terra dal Sole fosse 12543 volte il diametro terrestre (valore reale: 11740), arrivando molto più vicino al vero di quello Riccioli, che assumeva 7327.
§ D16600304 D16600713
§ I01083 I01419 I01795 I02068 I03093 I03920 I04162 I04234 I04737 I05372 I05454 I05741 I09103 I09699 I10324 I10440 I10922 I13822 I25607 I26114
§ {B-0019.00_.1643} {B-0023.00_.1646} {B-0025.00_.1651} {B-0025.01_.1651} {B-0030.00_.1657} {B-0031.00_.1659} {B-0563.00_.1644}
§ {L-00115} {L-00744}
§ I01083 I01419 I01795 I02068 I03093 I03920 I04162 I04234 I04737 I05372 I05454 I05741 I09103 I09699 I10324 I10440 I10922 I13822 I25607 I26114
§ {B-0019.00_.1643} {B-0023.00_.1646} {B-0025.00_.1651} {B-0025.01_.1651} {B-0030.00_.1657} {B-0031.00_.1659} {B-0563.00_.1644}
§ {L-00115} {L-00744}