Il misterioso anagramma
Il 10 luglio 1610 Galileo fu nominato Matematico Primario dello Studio di Pisa, nonché filosofo e matematico del I25838 Granduca Cosimo II de' Medici a Firenze (dove ai primi di settembre si trasferì). Poco prima di partire, ancora a Padova, fece una scoperta stupefacente:
Galileo a Belisario Vinta, 30 luglio 1610, {L-00063} I04162 I25619 D16100730 p. 410 ➤ Ho cominciato il dì 25 stante a rivedere Giove orientale mattutino, con la sua schiera de' Pianeti Medicei, et più ho scoperto un'altra stravagantissima meraviglia, la quale desidero che sia saputa da loro A.ze et da V. S., tenendola però oculta, sin che nell'opera che ristamperò sia da me publicata: ma ne ho voluto dar conto a loro A.ze Ser.me, acciò se altri l'incontrasse, sappino che niuno la ha osservata avanti di me; se ben tengo per fermo che niuno la vedrà se non dopo che ne l'haverò fatto avvertito. Questo è, che la stella di Saturno non è una sola, ma un composto di 3, le quali quasi si toccano, nè mai tra di loro si muovono o mutano; et sono poste in fila secondo la lunghezza del zodiaco, essendo quella di mezzo circa 3 volte maggiore delle altre 2 laterali: et stanno situate in questa forma ... , sì come quanto prima farò vedere a loro A.ze, essendo in questo autunno per haver bellissima comodità di osservare le cose celesti con i pianeti tutti sopra l'orizzonte.
Nello stesso periodo ai suoi amici in Italia e Germania inviò un messaggio cifrato, comunicando che si trattava di una nuova scoperta, più grande di quella dei Pianeti Medicei. Per quasi tutto il 1600, mancando una stampa periodica ed incominciando solo allora l'organizzazione di società scientifiche, le notizie di invenzioni e scoperte venivano spesso comunicate attraverso lettere private a conoscenti ed amici. Spesso però intervenivano altre persone con loro proprie rivendicazioni sulla scoperta, e nascevano interminabili discussioni sulla priorità o sul possibile plagio. Entrò così nell'uso comune il curioso espediente di riassumere la scoperta in una frase, e di comunicarla in forma anagrammata (come una frase di diverso significato ma composta delle stesse lettere, o più semplicemente come una lista di lettere senza ordine). In tal modo, chi riceveva la lettera poteva comunicare che era stata compiuta una scoperta, ma senza svelare quale. Lo scienziato poteva preparare la relazione ufficiale, senza temere nel frattempo gli fosse rubato il privilegio di scopritore, in quanto al momento opportuno poteva sempre svelare il messaggio cifrato in mano di testimoni autorevoli. Ecco quello di Galileo;
SMAISMRMILMEPOETALEUMIBUNENUGTTAUIRAS
Molti si scervellarono per cercare di decifrarlo, anche se, ovviamente, non si poteva pensare di riuscirci esaurendo la serie completa di tentativi, perché il numero totale di permutazioni possibili delle 37 lettere è enorme.
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Molti si scervellarono per cercare di decifrarlo, anche se, ovviamente, non si poteva pensare di riuscirci esaurendo la serie completa di tentativi, perché il numero totale di permutazioni possibili delle 37 lettere è enorme.
Hasdale a Galileo, 17 agosto 1610, {L-00064} I25646 I04162 D16100817 p. 420 ➤ Ho fatto vedere al S.r Chepplero quello V. S. scrive et al S.r Ambasciatore et a me. In parte ha supplito con l'ordinario passato, in parte mi ha promesso di supplire questa sera con un altra lettera, se però il vino, che habbiamo bevuto insieme a pranzo, non gli fa mettere la testa sul capezzale. Si ha avuto da impazzire ad intendere quella cifera. Caro Signore, non ci tenga così a bada, havendo così segnalati malevadori contro chi volesse arrogarsi lo scoprimento di quella così grande maraveglia, maggiore della prima, ciò è de' Pianeti.
Giuliano de' Medici a Galileo, 23 agosto 1610, {L-00065} I25629 I04162 D16100823 p. 426 ➤ Ho salvato appresso di me il polizino mandatomi da V. S. con le lettere trasposte, con haverne dato copia ad alcuni et in particolare al Sig. Glepero; il quale si consuma di sapere che cosa sia, e va immaginandosi mille cose, e dice di non saper quietar l'animo: e la lettera di V. S. è ita in mano a S. M.tà Cesarea, sì come V. S. doverrà sentire dal Sig.r Asdalio, con alcuni altri particolari.
Hasdale a Galileo, 24 agosto 1610, {L-00066} I25646 I04162 D16100824 p. 420 ➤ Sopragionto dalla strettezza del tempo, mi conviene di attaccarmi all'àncora laconica. S. M.tà Cesarea, havendo havuto da me il sommario dell'ultima lettera scritta da V. S. All'Ill.mo S.r Ambasciatore, ha voluto vedere l'originale, quale ho procurato et datogli, et poi anco recuperato. Insomma S. M.tà sta con la bocca saporita d'intendere quello significa quella cifra di lettere trasportate, che contengono quello di più da lei ultimamente ritruovato.
Il 9 agosto Keplero scrisse a Galileo per chiedergli un cannocchiale in grado di confermare le sue scoperte; a Praga non esistevano di sufficientemente potenti: Keplero a Galileo, 9 agosto 1610, {L-00058} I06347 I04162 D16100809 ➤ . Il 19 agosto Galileo rispose che era molto difficile costruire buoni telescopi: Galileo a Keplero, 19 agosto 1610, {L-00068} I04162 I06347 D16100819 ➤ ; tuttavia, riuscì a spedirne uno a Ernesto di Baviera, Principe Elettore del Sacro Romano Impero a Colonia.
Keplero ottenne questo cannocchiale e compì osservazioni per una decina di giorni (dal 30 agosto al 9 settembre), dopo di che lo restituì. L'11 settembre finì di scrivere una breve relazione, {B-0006.00_.1611} "Narratio de observatis a se quatuor Iovis satellitibus erronibus" ➤ .
Per la prima volta apparve nel titolo di un libro il termine "satelliti" per indicare i corpi che girano attorno ai pianeti (lo stesso Galileo li aveva chiamati ancora Pianeti). Satelliti si chiamavano le guardie del re ai tempi di Tarquinio il Superbo (si tratta di una parola probabilmente di origine preromana); lat. satelles-ĭtis. Poi questo termine passò a significare genericamente "guardia di un sovrano", spesso con il senso spregiativo di sgherro, scagnozzo. Riporto le prime ricorrenze della parola "satellite" che sono riuscito a trovare nei vol. 10 e 11 dell'Edizione Nazionale delle Opere di Galileo Galilei:
Keplero ottenne questo cannocchiale e compì osservazioni per una decina di giorni (dal 30 agosto al 9 settembre), dopo di che lo restituì. L'11 settembre finì di scrivere una breve relazione, {B-0006.00_.1611} "Narratio de observatis a se quatuor Iovis satellitibus erronibus" ➤ .
Per la prima volta apparve nel titolo di un libro il termine "satelliti" per indicare i corpi che girano attorno ai pianeti (lo stesso Galileo li aveva chiamati ancora Pianeti). Satelliti si chiamavano le guardie del re ai tempi di Tarquinio il Superbo (si tratta di una parola probabilmente di origine preromana); lat. satelles-ĭtis. Poi questo termine passò a significare genericamente "guardia di un sovrano", spesso con il senso spregiativo di sgherro, scagnozzo. Riporto le prime ricorrenze della parola "satellite" che sono riuscito a trovare nei vol. 10 e 11 dell'Edizione Nazionale delle Opere di Galileo Galilei:
Kepler a Galilei, 25 ottobre 1610, {L-01337} I06347 I04162 D16101025 p. 458 ➤ Faciebant fidem his attestationibus etiam argumenta, quibus etiamnum contra Ioviales Satellites ... Eo iam bis vidi binos Planetas Medicaeos: eodem spero me et illi monstraturum. [Favaro segnalò che Keplero aveva scritto dapprima "satellites Medicaeos".]
Grienberger a Galilei, 22 gennaio 1611, {L-00691} I04721 I04162 D16110122 p. 31 ➤ Sed iam experientia tandem didici, nequaquam hallucinationem esse, quod circa Iovem quatuor Iovianos satellites conspexeris, ...
Galileo a Piero Dini, 21 Maggio 1611, {L-00681} I04162 I25643 D16110521 p. 105 ➤ ... che tutti gl'influssi li quali egli sin qui ha stimati essere stati di Giove solo, sono derivati non più da Giove che da i suoi satelliti. [Favaro scrisse che questa lettera autografa aveva subito molte correzioni da parte di Galileo, forse anche molto posteriori alla prima stesura (quelle che cita, non riguardano la parola satelliti).]
Grégoire de St. Vincent a J. van der Straeten, 23 luglio 1611, {L-00692} I25799 I26045 D16110723 p. 163 ➤ ... Iupiter continuum habet satellitium quatuor planetarum, ...
Kepler a N. Wickens, luglio 1611, {L-00078} I06347 I25818 D16110700 p. 167 ➤ ... Gratulor etiam de inventis duorum Iovialium satellitum periodis ...
Riassumo il contenuto del libretto. Keplero raccontò che, anche se all'inizio aveva stentato a prendere confidenza con l'uso dello strumento, ben presto era riuscito a ritrovare tutte le mirabili cose descritte nel Sidereus Nuncius. In agosto, ricevuto il cannocchiale da Ernesto di Baviera, subito si accinse ad adoperarlo. La prima osservazione fu compiuta il giorno 30 (nuovo stile) alla presenza di I00875 Benjamin Ursinus (Benjamin Behr), studioso di astronomia. E Giove, benché velato da nubi, si mostrò con una stellina ad oriente, sul piano dell'eclittica. Il giorno 31 osservarono Saturno e Marte, senza trovare nulla nelle loro vicinanze. Il 1° settembre osservarono le Pleiadi e notarono qualcosa di curioso vicino a Marte. Nel campo dello strumento, puntato verso il pianeta, apparvero dapprima 4 stelle, poi un'altra poco più lontana e nei giorni seguenti se ne aggiunse anche una sesta.
Sorprendentemente, Keplero ebbe la forza di ottenere una [quasi] soluzione dell'anagramma di Galileo. Forse si aggrappò all'invito che aveva fatto a Galileo in aprile: approfitti della favorevole opposizione di Marte, per scoprire i suoi satelliti. Guarda caso, tre mesi dopo, Galileo annunciava una scoperta: che si trattasse proprio di quello? Allora le stelle che Keplero aveva osservato vicino a Marte erano proprio dei satelliti, che erano stati appena scoperti da Galileo! Keplero deve aver cercato delle parole contenenti Marte, arrivando ad un risultato parzialmente sgrammaticato, ma comunque ingegnoso. Si ricordi che a quell'epoca la vocale "u" si scriveva ancora indifferentemente come "u" o come "v", per cui una delle "u" del messaggio di Galileo diventò "v" nella frase di Keplero:
SALVE UMBISTINEUM GEMINATUM MARTIA PROLES
Questa frase è difficilmente accettabile dai latinisti, tanto che Keplero si scusò qualificandola un "verso semibarbaro". Il vocabolo UMBISTINEUM non esiste in latino, anche se richiama alla mente "amburere" oppure "comburere"= bruciare, ridurre in cenere. Forse Keplero intendeva che la sua soluzione significasse qualcosa come "Salve, gemelli ardenti, discendenti di Marte", in relazione a dei satelliti di quel pianeta.
In {B-0253.00_.1880} “The sidereal messenger, and a part of the Preface to Kepler's Dioptrica” (London, 1880) p. 88 ➤ I25868 Edward Stafford Carlos scrisse che Keplero potrebbe essersi ispirato ad una parola tedesca, come umbeistehn. L'idea di Keplero fu confutata nei giorni successivi, perché Marte si spostò lentamente fra le stelle, lasciandosele tutte ad oriente, e apparve chiaro che erano tutte stelle fisse.
Keplero parlò del suo tentativo di risolvere l'anagramma anche in {B-0008.00_.1611} "Dioptrice" (1611) p. 15 ➤
Le osservazioni continuarono fino al 9 settembre; il giorno 5 si era unito a loro anche il poeta I26060 Thomas Seggett, condividendo la loro emozione per i fenomeni osservati. Pago di aver pienamente verificato le meraviglie che aveva letto nel Sidereus Nuncius, Keplero restituì il telescopio all'Imperatore e nel 1611 stampò il resoconto “Narratio de observatis a se quator Iouis satellitibus erronibus”, a cui Seggett volle aggiungere 9 epigrammi in onore di Galileo e di Cosimo II.
Particolarmente significativo il sesto, da {B-0006.00_.1611} Prefatio ad Lectorem p. 10 ➤ :
Sorprendentemente, Keplero ebbe la forza di ottenere una [quasi] soluzione dell'anagramma di Galileo. Forse si aggrappò all'invito che aveva fatto a Galileo in aprile: approfitti della favorevole opposizione di Marte, per scoprire i suoi satelliti. Guarda caso, tre mesi dopo, Galileo annunciava una scoperta: che si trattasse proprio di quello? Allora le stelle che Keplero aveva osservato vicino a Marte erano proprio dei satelliti, che erano stati appena scoperti da Galileo! Keplero deve aver cercato delle parole contenenti Marte, arrivando ad un risultato parzialmente sgrammaticato, ma comunque ingegnoso. Si ricordi che a quell'epoca la vocale "u" si scriveva ancora indifferentemente come "u" o come "v", per cui una delle "u" del messaggio di Galileo diventò "v" nella frase di Keplero:
SALVE UMBISTINEUM GEMINATUM MARTIA PROLES
Questa frase è difficilmente accettabile dai latinisti, tanto che Keplero si scusò qualificandola un "verso semibarbaro". Il vocabolo UMBISTINEUM non esiste in latino, anche se richiama alla mente "amburere" oppure "comburere"= bruciare, ridurre in cenere. Forse Keplero intendeva che la sua soluzione significasse qualcosa come "Salve, gemelli ardenti, discendenti di Marte", in relazione a dei satelliti di quel pianeta.
In {B-0253.00_.1880} “The sidereal messenger, and a part of the Preface to Kepler's Dioptrica” (London, 1880) p. 88 ➤ I25868 Edward Stafford Carlos scrisse che Keplero potrebbe essersi ispirato ad una parola tedesca, come umbeistehn. L'idea di Keplero fu confutata nei giorni successivi, perché Marte si spostò lentamente fra le stelle, lasciandosele tutte ad oriente, e apparve chiaro che erano tutte stelle fisse.
Keplero parlò del suo tentativo di risolvere l'anagramma anche in {B-0008.00_.1611} "Dioptrice" (1611) p. 15 ➤
Le osservazioni continuarono fino al 9 settembre; il giorno 5 si era unito a loro anche il poeta I26060 Thomas Seggett, condividendo la loro emozione per i fenomeni osservati. Pago di aver pienamente verificato le meraviglie che aveva letto nel Sidereus Nuncius, Keplero restituì il telescopio all'Imperatore e nel 1611 stampò il resoconto “Narratio de observatis a se quator Iouis satellitibus erronibus”, a cui Seggett volle aggiungere 9 epigrammi in onore di Galileo e di Cosimo II.
Particolarmente significativo il sesto, da {B-0006.00_.1611} Prefatio ad Lectorem p. 10 ➤ :
- Keplerus, Galilaee, tuus tua sidera vidit:
- Tanto quis dubitet credere teste tibi?
- Si quid in hoc, et nos Mediceïa vidimus astra,
- Pragae marmoreum lenis fert ubi Molda iugum [Vultava marmoreum fert ubiflava iugum].
- Vicisti Galilaee! Fremant licet Orcus et umbrae,
- Iupiter [Iuppiter] illum, istas opprimet orta dies.
Lorenzo Pignoria a Paolo Gualdo, 26 settembre 1610, {L-00069} I25618 I25520 D16100926 p. 436 ➤ ... Sia come si voglia, io, che non so tacere, le do nova come in Germania il Keplero ha osservato ancor esso i quattro pianeti novi, et che, vedendoli, esclamò, come già Giuliano Apostata: Galilaee, Vicisti. Questo è a[vvi]so del S.r Velsero, che bascia le mani a V. S.
Saturno trigemino, poi solitario
Alla fine Galileo si decise a svelare il senso del suo misterioso anagramma:
Galileo a Giuliano de' Medici, 13 novembre 1610, {L-00070} I04162 I25629 D16101113 p. 474 ➤ Ma passando ad altro, già che il S. Keplero ha in questa sua ultima Narrazione stampate le lettere che io mandai a V. S. Ill.ma trasposte, venendomi anco significato come S. M.à ne desidera il senso, ecco che io lo mando a V. S. Ill.ma, per participarlo con S. M.à, col S. Keplero, et con chi piacerà a V. S. Ill.ma, bramando io che lo sappi ogn'uno. Le lettere dunque, combinate nel loro vero senso, dicono così: Altissimum planetam tergeminum observavi.
Questo è, che Saturno, con mia grandissima ammiratione, ho osservato essere non una stella sola, ma tre insieme, le quali quasi si toccano; sono tra di loro totalmente immobili, et costituite in questa guisa .... ; quella di mezzo è assai più grande delle laterali; sono situate una da oriente et l'altra da occidente, nella medesima linea retta a capello; non sono giustamente secondo la drittura del zodiaco, ma la occidentale si eleva alquanto verso borea; forse sono parallele all'equinotiale. Se si riguarderanno con un occhiale che non sia di grandissima multiplicazione, non appariranno 3 stelle ben distinte, ma parrà che Saturno sia una stella lunghetta in forma di una uliva, così .... ; ma servendosi di un occhiale che multiplichi più di mille volte in superficie, si vedranno li 3 globi distintissimi, et che quasi si toccano, non apparendo tra essi maggior divisione di un sottil filo oscuro. Hor ecco trovata la corte a Giove, et due servi a questo vecchio, che l'aiutano a camminare nè mai se gli staccano dal fianco. Intorno a gl'altri pianeti non ci è novità alcuna. Etc.
La frase ALTISSIMUM PLANETAM TERGEMINUM OBSERVAVI significa: ‘Ho osservato che il pianeta più alto è trigemino’ ; "più alto" significa qui "più distante"; "trigemino" significa "triforme".
Clavius a Galilei, 17 dicembre 1610, {L-00062} I02387 I04162 D16101217 p. 484 ➤ Questi giorni mi scrisse il S.or Antonio Santini, che V. S. ha scoperto che Saturno sia composto da tre stelle, ciò è che li stiano da canto due stelle piccole di qua e di là. Questo ancora non habbiamo potuto osservare; solo habbiamo notato co'l instromento, che pare che Saturno sia oblongo, a questo modo.
Galilei a Clavius, 30 dicembre 1610, {L-00091} I04162 I02387 D16101230 p. 500 ➤ Quanto a Saturno, non mi meraviglio che non l'habbino potuto distintamente osservare: prima, perchè ci bisogna strumento che multiplichi le superficie vedute almanco 1000 volte; di più, Saturno adesso è tanto lontano dalla terra, che non si vede se non piccolissimo: tuttavia l'ho fatto vedere qui a molti dei loro fratelli così distintamente, che non vi hanno alcuna dubitanza; et si vede giusto così .... . Cinque mesi sono, si vedeva assai maggiore: da quel tempo in qua è diminuito molto, nè però si è mutata pure un capello la costituzione delle sue 3 stelle, le quali, per quanto io stimo, sono esattamente parallele non al zodiaco, ma all'equinoziale.
Galilei a Sarpi, 12 febbraio 1611, {L-00073} I04162 I22640 D16110212 p. 47 ➤ Parmi ricordare che sino l'Agosto passato io conferissi seco l'osservazione di Saturno: il quale non è altramente una sola stella, come gli altri pianeti, ma sono tre, congiunte insieme in linea retta parallela all'equinoziale; e stanno così .... , cioè la media circa quattro volte maggiore delle laterali, le quali sono tra di loro eguali. Non hanno, in sette mesi che le ho osservate, fatta mutazione alcuna; onde assolutamente sono tra di loro immobili, perchè (giacchè sono così vicine che pare che si tocchino) ogni moto che avessero, benchè minimo, si saria fatto sensibile.
Perchè, per mio avviso, il diametro delle due minori non arriva a quattro secondi: sicchè, o si sariano totalmente congiunte con la media, o evidentemente separate, quando il lor moto fusse anco dieci volte più tardo di quello delle stelle fisse; tuttavia, come ho detto, in sette mesi non hanno fatto mutazione alcuna, se non di mostrarsi più piccole tutte tre per la maggiore lontananza dalla terra, ora che sono alla congiunzione, che quando erano all'opposizion del sole: la qual differenza è sensibilissima.
Nel 1612 Galileo iniziò una corrispondenza con I25607 Mark Welser, in cui trattò soprattutto il fenomeno delle macchie solari.
Nel 1612 I10922 Christoph Scheiner pubblicò ad Augusta il libro {B-0369.00_.1612} "Tres epistolae de maculis solaribus scriptae ad Marcum Welserum" in cui affermò che Saturno poteva apparire sia di forma oblunga, che con due stelle laterali ➤ .
Nella lettera a Welser nel maggio 1612, Galileo commentò che la prima forma era semplicemente un effetto dovuto a cannocchiali di qualità inferiore; si veda {B-0011.00_.1613} "Istoria e Dimostrazioni intorno alle macchie solari e loro accidenti" p. 25 ➤ .
Proprio mentre stava terminando la terza lettera a Welser, Galileo osservò nuovamente Saturno e fece una scoperta sconcertante; non poté fare a meno di inserire la notizia al termine della lettera (Villa delle Selve, 1° dicembre 1612):
Nel 1612 I10922 Christoph Scheiner pubblicò ad Augusta il libro {B-0369.00_.1612} "Tres epistolae de maculis solaribus scriptae ad Marcum Welserum" in cui affermò che Saturno poteva apparire sia di forma oblunga, che con due stelle laterali ➤ .
Nella lettera a Welser nel maggio 1612, Galileo commentò che la prima forma era semplicemente un effetto dovuto a cannocchiali di qualità inferiore; si veda {B-0011.00_.1613} "Istoria e Dimostrazioni intorno alle macchie solari e loro accidenti" p. 25 ➤ .
Proprio mentre stava terminando la terza lettera a Welser, Galileo osservò nuovamente Saturno e fece una scoperta sconcertante; non poté fare a meno di inserire la notizia al termine della lettera (Villa delle Selve, 1° dicembre 1612):
{B-0011.00_.1613} p. 148 ➤ Triforme ho veduto ancora Saturno quest'anno circa il solstizio estivo; ed avendo poi intermesso di osservarlo per più di due mesi, come quello che non mettevo dubbio sopra la sua costanza, finalmente, tornato a rimirarlo i giorni passati, l'ho ritrovato solitario, senza l'assistenza delle consuete stelle, ed in somma perfettamente rotondo e terminato come Giove, e tale si va tuttavia mantenendo. Ora che si ha da dire in così strana metamorfosi? forse si sono consumate le due minori stelle, al modo delle macchie solari? forse sono sparite e repentinamente fuggite? forse Saturno ha divorato i propri figli? o pure è stata illusione e fraude l'apparenza con la quale i cristalli hanno per tanto tempo ingannato me con tanti altri che meco molte volte gli osservarono? è forse ora venuto il tempo di rinverdir la speranza, già prossima a seccarsi, in quelli che, retti da più profonde contemplazioni, hanno penetrato tutte le nuove osservazioni esser fallacie, nè poter in veruna maniera sussistere? Io non ho che dire cosa resoluta in caso così strano inpinato e nuovo: la brevità del tempo, l'accidente senza esempio, la debolezza dell'ingegno e'l timore dell'errare, mi rendono grandemente confuso.
Ma siami per una volta permesso di usare un poco di temerità; la quale mi dovrà tanto più benignamente esser da V. S. perdonata, quanto io la confesso per tale, e mi protesto che non intendo di registrar quello che son per predire tra le proposizioni dipendenti da principii certi e conclusioni sicure, ma solo da alcune mie verisimili conietture, le quali allora farò palesi, quando mi bisogneranno o per mostrare la scusabile probabilità dell'opinione alla quale per ora inclino, o per stabilire la certezza dell'assunta conclusione, qual volta il mio pensiero incontri la verità.
Le proposizioni sono queste: Le due minori stelle Saturnie, le quali di presente stanno celate, forse si scopriranno un poco per due mesi intorno al solstizio estivo dell'anno prossimo futuro 1613, e poi s'asconderanno, restando celate sin verso il brumal solstizio dell'anno 1614 [22 dicembre 1613]; circa il qual tempo potrebbe accadere che di nuovo per qualche mese facessero di sè alcuna mostra, tornando poi di nuovo ad ascondersi sin presso l'altra seguente bruma; al qual tempo credo bene con maggior risolutezza che torneranno a comparire, nè più si asconderanno, se non che nel seguente solstizio estivo, che sarà dell'anno 1615, accenneranno aliquanto di volersi occultare, ma non però credo che si asconderanno interamente, ma ben, tornando poco dopo a palesarsi, le vedremo distintissime e più che mai lucide e grandi; e quasi risolutamente ardirei di dire che le vedremo per molti anni senza interrompimento veruno. Sì come, dunque, del ritorno io non ne dubito, così vo con riserbo ne gli altri particolari accidenti, fondati per ora solamente su probabil coniettura: ma, o succedino così per appunto o in altro modo, dico bene a V. S. che questa stella ancora, e forse non men che l'apparenza di Venere cornicolata, con ammirabil maniera concorre all'accordamento del gran sistema Copernicano, al cui palesamento universale veggonsi propizii venti indirizzarci con tanto lucide scorte, che ormai poco ci resta ta temere tenebre o traversie.
Galileo fu grande a non lasciarsi prendere dallo smarrimento e a proclamare la sua convinzione che le due stelle minori dovevano riapparire. Pur sbagliando nei dettagli, capì che le sparizioni erano fenomeni periodici; purtroppo, egli non svelò mai su quale 'probabil coniettura' si basasse. Forse fece ricorso alla nozione dell'illuminazione solare connessa alle posizioni di Saturno e dell'osservatore mentre il pianeta variava la sua latitudine sull'eclittica. Comunque sia, Saturno tornò a ripresentarsi tricorporeo nel solstizio del 1613, e per Galileo fu un grosso sollievo.
Un suo buon amico, Giovanni Battista Agucchi, esperto di osservazioni con il cannocchiale (aveva determinato per suo conto il periodo di rivoluzione dei Medicei) dopo la ricomparsa dei corpi laterali propose una sua propria teoria per il fenomeno di Saturno, pur non essendo di fede copernicana.
Un suo buon amico, Giovanni Battista Agucchi, esperto di osservazioni con il cannocchiale (aveva determinato per suo conto il periodo di rivoluzione dei Medicei) dopo la ricomparsa dei corpi laterali propose una sua propria teoria per il fenomeno di Saturno, pur non essendo di fede copernicana.
Agucchi a Galilei, 13 luglio 1613, {L-00074} I25578 I04162 D16130713 p. 532 ➤ Intanto io ringratio sopramodo V. S. della parte che di ciò mi ha fatta, et appresso dell'avviso datomi intorno a Saturno, che, secondo la sua predittione, sia tornato nel passato solstitio a comparire tricorporeo. Io l'ho veduto altre volte, hora di forma ovale, cioè quando io non haveva sufficiente strumento, hora co'tre corpi distinti: ma non l'ho guardato mentr'era solitario e di perfetta forma circolare. Al presente l'ho veduto chiaramente, secondo che V. S. mi scrive, co' suoi due piccioli globi allato; et ho preso gran piacere che'l suo avviso vada riuscendo vero, per la riputatione che anche per questo conto se le verrà ad accrescere.
Quando io udii la mutatione di forma ch'egli aveva fatta, considerai che ciò potesse esser accaduto perch'egli si trovava nella metà superiore del suo epiciclo, poichè, essendo questo, rispetto all'altezza sua, grandissimo, mi pareva ragionevole che, per essersi alzati tanto, dovesse la lor piccolezza del tutto disparire; nè havrei volto il pensiero a raccorne la probabilità del moto della terra conforme al sistema del Copernico, perchè non son mai entrato a considerarlo diligentemente, non havendoli, quanto alla verità di esso, prestata troppa fede. La sola autorità di V. S., da poi che conobbi ch'ella portava simile opinione, mi mosse ad inchinarli l'animo, ma non in guisa ch'io non ne stia oltremodo dubbioso e non penda più tosto nella contraria parte, verso la quale tre principali cagioni mi sospingono.
[Agucchi le nomina: l'autorità della Sacra Scrittura; l'autorità di stimati matematici, contrari a Copernico; la sua stessa ragione, che ritiene assurdo un tale sistema. Poi ribadisce che secondo lui le variazioni di visibilità di Saturno sono dovute all'ampiezza del suo epiciclo.]
Per tanto, essendo l'epiciclo di Saturno d'un'ampiezza non minore del deferente solare, si può giudicare che'l nascondersi de'suoi orbicelli da altro non proceda che dall'altezza del diametro di quello; della qual cosa saremo chiari, se nell'andare il sole alla sua oppositione si scuopriranno essi più grandi e manifesti che hora non sono, sicome tali in tal tempo si mostrarono l'anno passato. Ma negli anni che seguiranno, dovendo Saturno discendere dalla mezzana lunghezza del suo deferente verso il perigeo di quello, agevol cosa sarà che in ogni tempo si veggano. Che se niente di questo accaderà, aspetteremo d'udire da V. S. la vera cagione del loro occultarsi, perchè non havendo io se non una generale notitia della teorica del Copernico, non ho compreso per qual cagione ne'soli due solstitii di state e di verno habbiano ne gli anni prossimi da manifestarsi. E tutto ciò mi è paruto di scriverle, anzi per modo di dubitare, che perch'io non istimi grandemente il giuducio di V. S; sicurissimo ch'ella non sarà per mettere niente in publico della verità di questa opinione, se non havrà in mano gli argomenti certi da provarla: perchè se non avviene ch'ella si renda dimostrabile con pruove matematiche e necessarie, sarà gran fatto che per sole probabili ragioni al mondo si persuada, come cosa che non troppo bene cappia dell'humano intelletto.
La perplessità di Agucchi sul modello di Galileo è condivisa anche dagli odierni studiosi, che non sono ancora riusciti ad immaginarlo. Anche Giovanfrancesco Sagredo era stato avvertito della ricomparsa della forma tricorporea, come appare da questa lettera:
G. Sagredo a Galilei, 13 luglio 1613, {L-00075} I25624 I04162 D16130713 p. 536 ➤ « Mi piace che Saturno habbia ricuperato le già smarrite sue stelle. »
G. Sagredo a Galilei, 13 luglio 1613, {L-00075} I25624 I04162 D16130713 p. 536 ➤ « Mi piace che Saturno habbia ricuperato le già smarrite sue stelle. »
Altra forma di Saturno
Uno studente di Christopher Scheiner all'Università di Ingolstadt, I25650 Johann Georg Locher, scrisse la dissertazione "Disquisitiones mathematicae, de controversiis et novitatibus astronomicis" (Ingolstadt, 1614) che si ritiene ricalchi il pensiero di Scheiner.
{B-0013.00_.1614} p. 88 ➤ Finora Saturno ha beffato gli astronomi con malizia. Ha presentato vari aspetti; a volte singolo, a volte triplo; a volte allungato e altre volte rotondo.[...]
O ciò è ascritto al moto locale, o si assume che questi compagni si siano consumati. Ma quest'ultima possibilità non è stata affermata da nessuno finora. Quindi deve essere ascritto totalmente al moto locale. Ma quale moto? Qui gli astronomi sono perplessi. Bisogna pensare che queste stelle ruotino attorno a Saturno con il loro proprio moto, o sono trascinati dal suo moto? Nel primo caso, è necessario che essi si avvicinino ed allontanino da esso e che alla fine siano occultati da esso, ecc., ciò che finora no è stato osservato, benchè esistano alcuni definiti indizi, perchè Saturno può apparire ora solitario, cioè in congiunzione, ora come un uovo, quando essi si stanno avvicinando o allontanando, ed ora tricorporeo, con i corpi laterali situati vicino alla stazione. Se il caso è il secondo, una delle due cose deve essere vera: o Saturno ruota attorno al suo asse, e allora le stelle di cui stiamo parlando ruotano attorno ad esso e sono occultate in congiunzione, ciò che è possibile ma non molto piacevole perchè risulta dipendere da ipotesi, o è necessario che Saturno trascini gli attendenti con esso nella rotazione del suo epiciclo annuale, mentre altrimenti essi rimangono a fianco di esso. [...]
Rimane da vedere se e come ciò possa succedere. Bisogna anche giudicare con cura se la larghezza di Saturno, ora più grande, ora più piccola, a qualcosa a che fare con questo. Ma sospendiamo il giudizio per altre prove e fenomeni, decidendo solo questo: i cambiamenti dipendono da un moto locale, delle piccole stelle o di Saturno stesso.
Alla Bayerische Staatsbibliotek (Monaco di Baviera) si conserva il trattato manoscritto di Scheiner "Tractatus de Tubo Optico", scritto intorno al 1616, in cui si legge (pp. 64-65): « ... per la causa di questa apparenza tripla attualmente non si può suggerire, sembra, che quello suggerito nelle Disquisitiones, cioè il moto. » Esso contiene la figura di un modello teorico di Saturno (vedi alla fine della pagina).
Nel 1616 (anno in cui ebbe il primo impatto con l'Inquisizione romana) Galileo scoprì un nuovo aspetto di Saturno.
Ne diede notizia a Federico Cesi, probabilmente nel mese di agosto; non esiste più traccia di questa lettera, ma ne troviamo notizia nella lettera: Johann Faber a Federigo Borromeo?, 3 settembre 1616, {L-00083} I25595 I25819 D16160903 ➤ .
Lo stesso giorno il Faber scrisse che Cesi gli aveva appena mostrata la sua lettera, in: Faber a Galileo, 3 settembre 1616, {L-00084} I25595 I04162 D16160903 ➤ . Ecco un brano della lettera di Galileo, trascritto da Faber:
Nel 1616 (anno in cui ebbe il primo impatto con l'Inquisizione romana) Galileo scoprì un nuovo aspetto di Saturno.
Ne diede notizia a Federico Cesi, probabilmente nel mese di agosto; non esiste più traccia di questa lettera, ma ne troviamo notizia nella lettera: Johann Faber a Federigo Borromeo?, 3 settembre 1616, {L-00083} I25595 I25819 D16160903 ➤ .
Lo stesso giorno il Faber scrisse che Cesi gli aveva appena mostrata la sua lettera, in: Faber a Galileo, 3 settembre 1616, {L-00084} I25595 I04162 D16160903 ➤ . Ecco un brano della lettera di Galileo, trascritto da Faber:
Non voglio restare di significare a V. E. un nuovo et stravagante fenomeno osservato da me da alcuni giorni in qua nella stella di Saturno, li due compagni del quale non sono più due piccioli globi perfettamente rotondi, come erano già, ma sono di presente corpi molto maggiori, et di figura non più rotonda, ma come si vede nella figura appresso, cioè due mezze ecclissi con due triangoletti oscurissimi nel mezzo di dette figure, et contigui al globo di mezzo di Saturno, il quale si vede, come sempre si è veduto, perfettamente rotondo.
Nella seconda figura alla fine delle pagina, il disegno sopra sopra (contenuta nella lettera) è stata rozzamente copiata dal Faber; non sappiamo come fosse quella originale di Galileo. Ma nei manoscritti di Galileo, riferentisi all'anno 1616, è stata trovata una figura (sotto) che probabilmente è simile quella contenuta nella lettera.
Galileo scrisse da Firenze a Fortunio Liceti, professore di Filosofia allo Studio di Padova, la lettera: Galileo a Liceti, 11 gennaio 1620, {L-00085} I04162 I07300 D16200111. La lettera originale non esiste più, ma il testo si trova riportato (tradotto in latino) nel libro di Liceti {B-0149.00_.1623} "De novis astris et cometis libb. VI... " (Venezia, 1623) p. 194 ➤ .
Nella lettera Galileo affermò che stelle laterali di Saturno, si erano sempre comportate come aveva osato predire (praedicere ausus fui), riapparendo proprio al tempo previsto; poi non erano più sparite e ancora si vedevano e, secondo il suo giudizio, non si sarebbero più nascoste fino al 1626 circa. La previsione di Galileo è notevole, perché in effetti l'anello diventò invisibile intorno al solstizio d'inverno del 1626, ma negli anni precedenti fu sempre visibile.
Nella terza figura alla fine della pagina, la parte sopra sopra è tratta dal libro di Liceti; quella sotto da {B-0016.00_.1623} "Il Saggiatore" (1623) p. 127 ➤. L'unico indizio su come Galileo arrivò a predire i fenomeni di Saturno si trova in un brano del {B-0368.00_.1632} "Dialogo di Galileo Galilei Linceo ... sopra i due massimi sistemi del mondo, Tolemaico, e Copernicano" (1632).
Mentre parla dei movimenti dei pianeti, cita la sparizione e riapparizione delle "appendici" di Saturno come una semplice conseguenza della rotazione dello stesso ➤ . Se ad esempio si attribuisce alla rotazione un periodo pari alla metà del tragitto di Saturno lungo lo zodiaco, si trova che la sparizione si deve ripetere nel 1627. In qualche modo Galileo deve anche aver valutato la durata del periodo di invisibilità.
Nei vent'anni che seguirono alla pubblicazione del Saggiatore, la figura precedente restò l'unica a rappresentare dettagliatamente la forma con le "maniglie". Giuseppe Biancani I01083 scrisse il libro "Sphaera Mundi seu Cosmographia Demonstratiua..." (1620).
A pag. 155 della seconda edizione (1635) {B-0150.00_.1635} si trova un rozzo schizzo . La forma A (oualem) fu osservata alla fine di ottobre 1616 e anche nel novembre 1619.
Padre Benedetto Castelli scrisse a Galileo, che purtroppo da tempo era divenuto cieco:
Galileo scrisse da Firenze a Fortunio Liceti, professore di Filosofia allo Studio di Padova, la lettera: Galileo a Liceti, 11 gennaio 1620, {L-00085} I04162 I07300 D16200111. La lettera originale non esiste più, ma il testo si trova riportato (tradotto in latino) nel libro di Liceti {B-0149.00_.1623} "De novis astris et cometis libb. VI... " (Venezia, 1623) p. 194 ➤ .
Nella lettera Galileo affermò che stelle laterali di Saturno, si erano sempre comportate come aveva osato predire (praedicere ausus fui), riapparendo proprio al tempo previsto; poi non erano più sparite e ancora si vedevano e, secondo il suo giudizio, non si sarebbero più nascoste fino al 1626 circa. La previsione di Galileo è notevole, perché in effetti l'anello diventò invisibile intorno al solstizio d'inverno del 1626, ma negli anni precedenti fu sempre visibile.
Nella terza figura alla fine della pagina, la parte sopra sopra è tratta dal libro di Liceti; quella sotto da {B-0016.00_.1623} "Il Saggiatore" (1623) p. 127 ➤. L'unico indizio su come Galileo arrivò a predire i fenomeni di Saturno si trova in un brano del {B-0368.00_.1632} "Dialogo di Galileo Galilei Linceo ... sopra i due massimi sistemi del mondo, Tolemaico, e Copernicano" (1632).
Mentre parla dei movimenti dei pianeti, cita la sparizione e riapparizione delle "appendici" di Saturno come una semplice conseguenza della rotazione dello stesso ➤ . Se ad esempio si attribuisce alla rotazione un periodo pari alla metà del tragitto di Saturno lungo lo zodiaco, si trova che la sparizione si deve ripetere nel 1627. In qualche modo Galileo deve anche aver valutato la durata del periodo di invisibilità.
Nei vent'anni che seguirono alla pubblicazione del Saggiatore, la figura precedente restò l'unica a rappresentare dettagliatamente la forma con le "maniglie". Giuseppe Biancani I01083 scrisse il libro "Sphaera Mundi seu Cosmographia Demonstratiua..." (1620).
A pag. 155 della seconda edizione (1635) {B-0150.00_.1635} si trova un rozzo schizzo . La forma A (oualem) fu osservata alla fine di ottobre 1616 e anche nel novembre 1619.
Padre Benedetto Castelli scrisse a Galileo, che purtroppo da tempo era divenuto cieco:
Castelli a Galileo, 4 agosto 1640, {L-00086} I02095 I04162 D16400804 p. 224 ➤ Con questa occasione l'altra sera rivoltai l'occhiale per vedere Saturno, e con mio gran stupore l'osservai, che era una stella distinta, rotonda, con due altre stelle rotonde dalle parti, distese da levante a ponente, e non più con quei due ciuffetti attaccati al corpo principale di Saturno, conforme alle prime osservazioni di V.S. La mattina seguente scrissi una poliza a Mons.r Cesarini, dandoli nuova di quello che io havevo veduto, e subito Monsignore mi rispose. Li mando qui a basso le parole stesse di Monsignore per consolazione sua: Non posso esprimere con parole la maraviglia et il gusto grande che m'ha arreccato l'osservazione che V.P. mi manda della mutazione di Saturno. Mi sono subito raccordato delle miracolose parole del divino Galileo, 'che tra non molto tempo si sarebbe veduta mutazione in Saturno': cosa che ha più del divino che dell'astronomico, per non essersi mai nè dall'antichità nè a' tempi nostri fatte simili osservazioni nella detta stella, dalle quali si possa regolare questa. Però io resto non meravigliato, ma stupido, e curiosissimo di vederla, come sono obbligatissimo a V. P. d'havermela participata con figura etc.
Il 28 agosto 1640 Galileo fece scrivere una lettera a Benedetto Castelli, probabilmente in risposta alla quella qui sopra:
Galileo a Castelli, 28 agosto 1640, {L-00087} I04162 I02095 D16400828 p. 238 ➤ La prima vista che hebbi di Saturno fu di tre stelle rotonde, disposte in linea retta da ponente a levante, quella di mezzo maggiore assai delle due laterali: tale continuai a vederlo per alcuni mesi, et havendo poi intermessa la sua osservazione per alcuni altri mesi, tornai a riguardarlo, e lo trovai solitario, cioè la stella grande sola di mezzo. Meravigliato di ciò, andai meco medesimo pensando come potesse star tal mutazione; e immaginandomi un certo mio modo particolare, presi ardire di dire che di lì a 5 o 6 mesi, che veniva il tempo del solstizio estivo, sarebbero ritornate le due picciole stelle laterali: e ciò seguì, e si videro poi per lungo tempo. Doppo, havendo di nuovo intermesso la osservazione mentre stette sotto i raggi del sole, tornai di nuovo a riguardarlo, e lo vidi con due mitre in luogo delle stelle rotonde, le quali lo riducevano in figura di oliva. Vedevasi però la palla in mezzo assai comodamente distinta, e massime da due macchie oscurissime, poste nel mezzo delle attaccature delle mitre o vogliamo dire orecchi. Tale si è osservato per molti anni: et hora, come Sua P. Rev.ma scrive, si veggono le mitre trasformate in globetti rotondi, che così ancora mi riferiscono amici miei; e potrebbe essere che da tre anni in qua, che io non l'ho potuto vedere, sia un'altro volta rimasto solitario, e che poi sia tornato al primo stato, nel quale da principio io lo osservai. Toccherà per l'avvenire ad altri di fare le osservazioni, registrando il tempo delle mutazioni; chè sicuramente si troveranno i loro periodi, quando ci siano persone che habbiano curiosità di fare quello ch'io, per non saper far di meglio, ho fatto per tanto tempo.
Scheiner 1616?
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Faber e Galileo 1616
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Galileo 1620 e 1623
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§ D16100730 D16100809 D16100817 D16100819 D16100823 D16100824 D16100926 D16101024 D16101025 D16101113 D16101217 D16101230 D16110122 D16110212 D16110521 D16110700 D16110723 D16130713 D16160903 D16200111 D16400804 D16400828
§ I00875 I01083 I02095 I02387 I03705 I04162 I04721 I06347 I07300 I10922 I22640 I25520 I25578 I25595 I25607 I25618 I25619 I25624 I25629 I25642 I25643 I25646 I25650 I25787 I25799 I25818 I25819 I25838 I25868 I26045 I26060
§ {B-0006.00_.1611} {B-0008.00_.1611} {B-0011.00_.1613} {B-0013.00_.1614} {B-0016.00_.1623} {B-0149.00_.1623} {B-0150.00_.1635} {B-0253.00_.1880} {B-0368.00_.1632} {B-0369.00_.1612}
§ {L-00058} {L-00062} {L-00063} {L-00064} {L-00065} {L-00066} {L-00068} {L-00069} {L-00070} {L-00073} {L-00074} {L-00075} {L-00078} {L-00083} {L-00084} {L-00085} {L-00086} {L-00087} {L-00091} {L-00681} {L-00691} {L-00692} {L-00694} {L-01337}
§ I00875 I01083 I02095 I02387 I03705 I04162 I04721 I06347 I07300 I10922 I22640 I25520 I25578 I25595 I25607 I25618 I25619 I25624 I25629 I25642 I25643 I25646 I25650 I25787 I25799 I25818 I25819 I25838 I25868 I26045 I26060
§ {B-0006.00_.1611} {B-0008.00_.1611} {B-0011.00_.1613} {B-0013.00_.1614} {B-0016.00_.1623} {B-0149.00_.1623} {B-0150.00_.1635} {B-0253.00_.1880} {B-0368.00_.1632} {B-0369.00_.1612}
§ {L-00058} {L-00062} {L-00063} {L-00064} {L-00065} {L-00066} {L-00068} {L-00069} {L-00070} {L-00073} {L-00074} {L-00075} {L-00078} {L-00083} {L-00084} {L-00085} {L-00086} {L-00087} {L-00091} {L-00681} {L-00691} {L-00692} {L-00694} {L-01337}