Cronaca della scoperta
Il 7 gennaio 1610 Galileo osservò per la prima volta delle stelle vicino a Giove. A quell'epoca abitava a Padova, in una casa in Borgo dei Vignali [nell'attuale via Galilei, anche se probabilmente non è quella oggi segnalata da una targa in pietra e da un cartello stradale], dove dava anche lezioni private ai suoi studenti. Sappiamo che egli scrisse una lettera in cui descriveva le osservazioni della Luna e di Giove relative al 7 gennaio. Purtroppo non disponiamo dell'originale, ma solo di due copie: una, completa, eseguita nel XVII secolo; l'altra, priva della pagina conclusiva, fu trascritta nel Settecento da una copia eseguita in precedenza da I12876 Vincenzio Viviani dall'originale giunto in possesso del figlio di Galileo (Vincenzio, 1606-1649) dopo la morte del padre.
Così Viviani la descrisse in una nota trascritta dal copista successivo: "Dal Sig. Vincenzio Galilei. Copiata da me da una bozza originale manchevole in un foglio rettangolare." Ciò significa che prima di questa, Viviani possedeva un solo foglio ripiegato, cioè quattro pagine normali della dimensione di una lettera, nella grafia di Galileo ma prive sia di formula iniziale sia di conclusione poiché il testo si interrompeva bruscamente. La continuazione si trova nella copia seicentesca che si conserva presso la Biblioteca Vaticana, ma priva dell'indicazione del nome della persona a cui Galileo aveva intenzione di inviare la lettera redatta con tanta cura.
Antonio Favaro I03705, il curatore della monumentale Edizione Nazionale delle Opere di Galilei (1890-1909), ha avanzato l'ipotesi che fosse I25817 Antonio de' Medici a Firenze. I03212 Stillman Drake (1910-1993), professore di Storia della Scienza all'Università di Toronto, uno dei più famosi studiosi di Galileo, ritiene che fosse un amico di Firenze, forse I25794 Enea Piccolomini; dallo stile dell'indirizzo (V. S. Ill. Ma) si sente di escludere che il destinatario fosse Antonio de' Medici. Il paragrafo conclusivo, che contiene le note relative a Giove, sembra essere stato aggiunto in un secondo tempo. In effetti, non si trova nella copia del Viviani, e quindi non era giunto nelle mani del figlio di Galileo:
Così Viviani la descrisse in una nota trascritta dal copista successivo: "Dal Sig. Vincenzio Galilei. Copiata da me da una bozza originale manchevole in un foglio rettangolare." Ciò significa che prima di questa, Viviani possedeva un solo foglio ripiegato, cioè quattro pagine normali della dimensione di una lettera, nella grafia di Galileo ma prive sia di formula iniziale sia di conclusione poiché il testo si interrompeva bruscamente. La continuazione si trova nella copia seicentesca che si conserva presso la Biblioteca Vaticana, ma priva dell'indicazione del nome della persona a cui Galileo aveva intenzione di inviare la lettera redatta con tanta cura.
Antonio Favaro I03705, il curatore della monumentale Edizione Nazionale delle Opere di Galilei (1890-1909), ha avanzato l'ipotesi che fosse I25817 Antonio de' Medici a Firenze. I03212 Stillman Drake (1910-1993), professore di Storia della Scienza all'Università di Toronto, uno dei più famosi studiosi di Galileo, ritiene che fosse un amico di Firenze, forse I25794 Enea Piccolomini; dallo stile dell'indirizzo (V. S. Ill. Ma) si sente di escludere che il destinatario fosse Antonio de' Medici. Il paragrafo conclusivo, che contiene le note relative a Giove, sembra essere stato aggiunto in un secondo tempo. In effetti, non si trova nella copia del Viviani, e quindi non era giunto nelle mani del figlio di Galileo:
{B-0122.10_.1900} p. 277 ➤ Et oltre all'osservationi della luna, ho nell'altre stelle osservato questo. Prima, che molte stelle fisse si veggono con l'occhiale, che senza non si discernono; et pur questa sera ho veduto Giove accompagnato da 3 stelle fisse, totalmente invisibili per la loro picciolezza, et era la lor configuratione in questa forma ➤ : nè occupava non più d'un grado in circa per longitudine.
Drake pensa che Galileo abbia iniziato a comporre la lettera all'inizio di gennaio del 1610, con l'intento di comunicare le osservazioni della Luna. Forse tardò a spedirla attendendo di compiere altre osservazioni, e il 7 gennaio aggiunse la nota sull'aspetto di Giove, e la conclusione. Ma la stranezza di quelle stelline che accompagnavano il pianeta chiedeva un'ulteriore investigazione, e probabilmente la lettera non fu mai spedita. Purtroppo non ci sono giunte le note originali delle varie sere di osservazioni: i documenti in nostro possesso sono copie fatte pochi giorni dopo dallo stesso Galileo, allo scopo di riordinare le idee.
Alla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze è conservato un libro di appunti, che ha la forma di uno stretto volume di 29×9,5 cm; esso contiene il diario delle osservazioni a partire dal 7 gennaio 1610 (e per alcuni degli anni seguenti). Un'altro documento importante è conservato presso il Dipartimento Libri Rari e Collezioni Speciali dell' Università del Michigan (Ann Arbor). Le note furono scritte su di un pezzo di carta per appunti utilizzato in precedenza per la prima stesura di una lettera che Galileo aveva scritto vari mesi prima per la presentazione di un telescopio al Doge di Venezia ➤. Il documento del Michigan è stato dettagliatamente studiato da S. Drake, che ha dedotto la possibile successione degli eventi.
In qualche foglio ora perduto Galileo registrò le osservazioni delle "stelle" attorno a Giove a partire dal'11 gennaio, alcune delle quali furono copiate successivamente sul documento che Drake chiama Ann Arbor. Infine esse entrarono tutte a far parte del giornale delle osservazioni, quello di Firenze, che fu iniziato da Galileo la notte del 15 gennaio 1610. Quindi questo libro sostituì le note originali scritte giorno per giorno, rendendo difficile capire quando Galileo si rese conto di quello che aveva scoperto. Ma Drake ha cercato di farlo esaminando il documento Ann Arbor e confrontandolo con il giornale delle osservazioni. Ecco la prima pagina di appunti di Galileo; ne dò la trascrizione, omettendo i piccoli disegni ➤.
Alla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze è conservato un libro di appunti, che ha la forma di uno stretto volume di 29×9,5 cm; esso contiene il diario delle osservazioni a partire dal 7 gennaio 1610 (e per alcuni degli anni seguenti). Un'altro documento importante è conservato presso il Dipartimento Libri Rari e Collezioni Speciali dell' Università del Michigan (Ann Arbor). Le note furono scritte su di un pezzo di carta per appunti utilizzato in precedenza per la prima stesura di una lettera che Galileo aveva scritto vari mesi prima per la presentazione di un telescopio al Doge di Venezia ➤. Il documento del Michigan è stato dettagliatamente studiato da S. Drake, che ha dedotto la possibile successione degli eventi.
In qualche foglio ora perduto Galileo registrò le osservazioni delle "stelle" attorno a Giove a partire dal'11 gennaio, alcune delle quali furono copiate successivamente sul documento che Drake chiama Ann Arbor. Infine esse entrarono tutte a far parte del giornale delle osservazioni, quello di Firenze, che fu iniziato da Galileo la notte del 15 gennaio 1610. Quindi questo libro sostituì le note originali scritte giorno per giorno, rendendo difficile capire quando Galileo si rese conto di quello che aveva scoperto. Ma Drake ha cercato di farlo esaminando il documento Ann Arbor e confrontandolo con il giornale delle osservazioni. Ecco la prima pagina di appunti di Galileo; ne dò la trascrizione, omettendo i piccoli disegni ➤.
A di 7 di Gennaio 1610 Giove si vedeva col cannone con 3. stelle fisse così [...] delle quali senza il cannone niuna si vedeva. à di 8. appariva così [...] era dunque diretto et non retrogrado come pongono i calculatori. Adi 9. fu nugolo. à di 10. si vedeva così [...] ciò è congiunto con la più occidentale sì che la occultava, per quanto si può credere. Adi 11. era in questa guisa [...] et la stella più vicina à Giove era la metà minore dell'altra, et vicinissima all'altra dove che le altre sere erano le dette stelle apparite tutte tre di egual grandezza et trà di loro egualmente lontane; dal che appare intorno à Giove esser .3. altre stelle erranti invisibili ad ogn'uno sino à questo tempo.
L'osservazione del giorno 8 stupì Galileo, in quanto le tavole degli astronomi "calculatori" indicavano un moto verso occidente, mentre Giove apparentemente si era spostato verso oriente rispetto alle stelline. Drake ritiene che la nota finale all'osservazione del giorno 11, "dal che... ", sia stata aggiunta da Galileo solo al momento di copiare le osservazioni originali. Difatti probabilmente solo il giorno 12 stabilì che vi erano 3 stelle attorno a Giove e tutte in movimento. E probabilmente si rese conto che le stelle circolavano attorno a Giove solo dopo la prima apparizione della notte del 15 gennaio, quando per riordinare le idee cominciò a copiare il giornale, riepilogando le osservazioni compiute sino a quel momento. Proseguiamo a leggere il giornale delle osservazioni:
Adi 12. si vedde in tale costituzione [...] era la stella occidentale poco minor della orientale, et giove era in mezo lontano da l'una et dall'altra quanto il suo diametro in circa: et forse era una terza piccolissima et vicinissima à ♃ verso oriente; anzi pur vi era veramente havendo io con più diligenza osservato, et essendo più imbrunita la notte.
In base a studi fatti, si ritiene che il potere risolutivo del cannocchiale fosse di circa 75" e quindi Galileo dovrebbe aver visto il terzo satellite per la prima volta due ore dopo nel corso della notte; difatti affermò che esso comparve quando il cielo si fece più scuro. Probabilmente queste annotazioni riempirono il foglio che stava utilizzando e quindi Galileo iniziò a prendere appunti sul documento Ann Arbor, sul quale trasferì innanzitutto le osservazioni precedenti che comprendevano tre stelle. Per l'obbiettivo successivo, che era quello di scoprire come si muovevano le tre stelle, egli si servì soltanto di quelle annotazioni. Il libro delle osservazioni continua:
Adi 13. havendo benissimo fermato lo strumento si veddono vicinissime à Giove 4. stelle in questa costituzione [...] ò meglio così [...] e tutte apparivano della medesima grandezza, lo spazio delle .3. occidentali non era maggiore del diametro di. ♃ et erano frà di loro notabilmente più vicine che le altre sere; ne erano in linea retta esquisitamente come in avanti ma la media delle .3. occidentali era un poco elevata, ò vero la più occidentale alquanto depressa; sono queste stelle tutte molte lucide benchè piccolissime et altre fisse che appariscono della medesima grandezza non sono così splendenti.
Adì 14. fù nugolo.
Adi 15. era così [...] la prossima à. ♃ era la minore et le altre di mano in mano maggiori: gl'interstizij fra ♃ et le 3. seguenti erano ciascheduno quanto il diametro di ♃ ma la 4.a era distante dalla 3.a il doppio incirca; non facevano interamente linea retta, mà come mostra l'esempio, erano al solito lucidissime benche piccole, et niente scintillavano [...]
Il giornale prosegue in un altro foglio con una seconda osservazione del giorno 15. Dopo di che, le note sono redatte in latino, evidentemente poiché Galileo pensava già alla stesura di un libro.
In "Galileo at Work. His Scientific Biography" (1978) ; tr. it. {B-0374.00_.1988} "Galileo. Una biografia scientifica" (1988) Stillman Drake scrisse che lo studio del documento dell'Università del Michigan mostrava che fino al giorno 15 Galileo non aveva capito che quelle stelle avessero un moto circolare attorno a Giove: dei piccoli disegni con le frecce fanno pensare che Galileo stesse pensando ad un moto rettilineo.
Comunque siano andate le cose, l'essenziale è che Galileo scoprì 4 satelliti di Giove, che oggi sono detti "galileiani" e identificati successivamente con i nomi di Io, Europa, Ganimede, Callisto. Molti si sono meravigliati del fatto che lo scienziato pisano abbia impiegato una settimana per accorgersi del quarto satellite.
In {A-0019.0072_.0002.19620000-0080_0088} "Tables of the satellites of Jupiter", Journal of the British Astronomical Association, 72, n.2 (1962), pp. 80-88 ➤ il celebre astrofilo olandese I08129 Jean Meeus elaborò le tavole dei quattro satelliti di Giove, valide dal 1600 al 2100.
Grazie a queste, in {A-0198.0027_.0002.19640200-0105_0106} "Galileo's First Records of Jupiter's Satellites", Sky & Telescope, 24 (1962), p. 137 ➤ calcolò le posizioni dei satelliti nei giorni ed ore indicati da Galileo, e trovò che le sue osservazioni furono abbastanza precise, tenendo conto delle limitatissime possibilità dello strumento.
Il potere risolutivo del cannocchiale era così basso che il giorno 7 Io ed Europa, essendo molto vicini fra loro, gli apparvero come un corpo solo. Il giorno 8 Callisto era nettamente visibile ad ovest, ma ad una tale distanza angolare da Giove, che il limitato campo visivo del cannocchiale (12') non permetteva di osservarlo insieme agli altri tre. Il giorno 9 fu tempo nuvoloso. Il giorno 10 Callisto era troppo vicino a Giove; Europa e Ganimede apparivano fusi in un corpo unico, per cui gli apparvero solo due satelliti.
L'11 gennaio due erano visibili, uno era troppo vicino al pianeta, il quarto era in congiunzione. Il 12 Galileo vide Io e Callisto fusi insieme, e vicino al pianeta; il giorno 13 apparvero finalmente tutti e quattro ben distinti. Il 14 fu tempo nuvoloso; il 15 inizialmente Galileo vide tutti e quattro i satelliti, ma più tardi Callisto uscì dal campo visivo. Si veda la figura ➤, tratta dall'articolo citato. In conclusione, si può facilmente giustificare il fatto che Galileo abbia riconosciuto 4 satelliti solo il giorno 13, ma non è del tutto esatto affermare che uno di essi fu scoperto solo quel giorno. Difatti già il giorno 7 essi erano tutti nel campo del suo cannocchiale, anche se solo tempo dopo, elaborando tutte le sue osservazioni per il calcolo delle orbite dei satelliti, poté rendersi conto che ne aveva talvolta segnato un solo al posto di due.
In "Galileo at Work. His Scientific Biography" (1978) ; tr. it. {B-0374.00_.1988} "Galileo. Una biografia scientifica" (1988) Stillman Drake scrisse che lo studio del documento dell'Università del Michigan mostrava che fino al giorno 15 Galileo non aveva capito che quelle stelle avessero un moto circolare attorno a Giove: dei piccoli disegni con le frecce fanno pensare che Galileo stesse pensando ad un moto rettilineo.
Comunque siano andate le cose, l'essenziale è che Galileo scoprì 4 satelliti di Giove, che oggi sono detti "galileiani" e identificati successivamente con i nomi di Io, Europa, Ganimede, Callisto. Molti si sono meravigliati del fatto che lo scienziato pisano abbia impiegato una settimana per accorgersi del quarto satellite.
In {A-0019.0072_.0002.19620000-0080_0088} "Tables of the satellites of Jupiter", Journal of the British Astronomical Association, 72, n.2 (1962), pp. 80-88 ➤ il celebre astrofilo olandese I08129 Jean Meeus elaborò le tavole dei quattro satelliti di Giove, valide dal 1600 al 2100.
Grazie a queste, in {A-0198.0027_.0002.19640200-0105_0106} "Galileo's First Records of Jupiter's Satellites", Sky & Telescope, 24 (1962), p. 137 ➤ calcolò le posizioni dei satelliti nei giorni ed ore indicati da Galileo, e trovò che le sue osservazioni furono abbastanza precise, tenendo conto delle limitatissime possibilità dello strumento.
Il potere risolutivo del cannocchiale era così basso che il giorno 7 Io ed Europa, essendo molto vicini fra loro, gli apparvero come un corpo solo. Il giorno 8 Callisto era nettamente visibile ad ovest, ma ad una tale distanza angolare da Giove, che il limitato campo visivo del cannocchiale (12') non permetteva di osservarlo insieme agli altri tre. Il giorno 9 fu tempo nuvoloso. Il giorno 10 Callisto era troppo vicino a Giove; Europa e Ganimede apparivano fusi in un corpo unico, per cui gli apparvero solo due satelliti.
L'11 gennaio due erano visibili, uno era troppo vicino al pianeta, il quarto era in congiunzione. Il 12 Galileo vide Io e Callisto fusi insieme, e vicino al pianeta; il giorno 13 apparvero finalmente tutti e quattro ben distinti. Il 14 fu tempo nuvoloso; il 15 inizialmente Galileo vide tutti e quattro i satelliti, ma più tardi Callisto uscì dal campo visivo. Si veda la figura ➤, tratta dall'articolo citato. In conclusione, si può facilmente giustificare il fatto che Galileo abbia riconosciuto 4 satelliti solo il giorno 13, ma non è del tutto esatto affermare che uno di essi fu scoperto solo quel giorno. Difatti già il giorno 7 essi erano tutti nel campo del suo cannocchiale, anche se solo tempo dopo, elaborando tutte le sue osservazioni per il calcolo delle orbite dei satelliti, poté rendersi conto che ne aveva talvolta segnato un solo al posto di due.
Medicea Sidera
Avendo deciso di limitare il discorso alla scoperta dei satelliti di Giove, non parlerò delle altre osservazioni astronomiche compiute da Galileo in quei giorni. L'astronomo pisano si affrettò ad annunciarle al mondo: fra gennaio e febbraio compilò un libro che avrebbe cambiato l'astronomia e, in generale, la storia della scienza. In una lettera (30 gennaio 1610) all'amico Belisario Vinta, Consigliere e Segretario di Stato del Granduca di Toscana a Firenze, è evidente l'emozione di Galileo.
Galilei a Vinta, 30 gennaio 1610, {L-00043} I04162 I25619 D16100130 p. 280 ➤ Mi trovo al presente in Venezia per fare stampare alcune osservazioni le quali col mezo di uno mio occhiale ho fatte ne i corpi celesti; et sì come sono di infinito stupore, così infinitamente rendo grazie a Dio, che si sia compiaciuto di fare me solo osservatore di cosa ammiranda et tenuta a tutti i secoli occulta. Che la luna sia un corpo similissimo alla terra, già me n'ero accertato, et in parte fatto vedere al Ser.mo nostro Signore, ma però imperfettamente, non havendo ancora occhiale della eccellenza che ho adesso; il quale, oltre alla luna, mi ha fatto ritrovare una moltitudine di stelle fisse ma più vedute, che sono più di dieci volte tante, quante quelle che naturalmente son visibili. Di più, mi sono accertato di quello che è sempre stato controverso fra i filosofi, cioè è quello che sia la Via Lattea. Ma quello che eccede tutte le meraviglie, ho ritrovati quattro pianeti di nuovo, et osservati li loro movimenti proprii et particolari, differenti fra di loro et da tutti li altri movimenti dell'altre stelle; et questi nuovi pianeti si muovono intorno ad un'altra stella molto grande, non altrimenti che si muovino Venere et Mercurio, et per avventura li altri pianeti conosciuti, intorno al sole.
Due settimane dopo, Galileo chiese al Vinta un consiglio sul nome da dare ai 4 nuovi 'pianeti' che aveva scoperto.
Galilei a Vinta, 13 febbraio 1610, {L-00044} I04162 I25619 D16100213 p. 283 ➤ Quanto alle mie nuove osservazioni, le mando bene come per avviso a tutti i filosofi et matematici, ma non senza gl'auspici del Ser.mo Signore; perchè, havendomi Dio fatta grazia di poter con segno tanto singolare scoprire al mio Signore la devozion mia et il desiderio che ho che il suo glorioso nome viva al pari delle stelle, et toccando a me, primo scopritore, il porre nomi a questi nuovi pianeti, voglio, all'imitatione degl'antichi sapienti, li quali tra le stelle riponevano gl'eroi più eccellenti di quell'età, inscriver questi dal nome della Ser.mo S.A. Solo mi resta un poco di ambiguità, se io deva consecrargli tutti quattro al G.D. solo, denominandogli Cosmici dal nome suo, o pure, già che son a punto quattro in numero, dedicarli alla fraterna con nome Medicea Sydera. Io qua non posso nè devo pigliar consiglio da alcuno, per molti aspetti: però ricorro a V.S. Ill.ma, pregandola che in questo voglia dirmi il suo parere et porgermi il suo consiglio, sendo io certo che lei, saprà propormi quello che è di maggior decoro. Due cose desidero circa questo fatto, et di quelle ne supplico V.S. Ill.ma: l'una è quella segretezza che assiste sempre a gl'altri suoi negozii più gravi; l'altra è una subita risposta, perchè per tal rispetto solo fo trattener le stampe, restandomi da determinar questo punto nel titolo et nella dedicatoria. Io torno domani a Venezia, dove attenderò la sua risposta, la quale potrà, così piacendoli, raccomandar lì dal maestro delle poste, acciò, capitando in altra mano, non fusse inviata a Padova.
Nota di Favaro nella stessa pagina: « In un foglio che ora, allegato alla lettera, forma la cart. 25 del codice, si legge, di mano, a quanto sembra, di Belisario Vinta, ciò che segue: "Leggasi questa a S. A.; et perchè quella denominatione Cosmici è greca, e si potrebbe interpretare che la fusse data a quelle stelle per la natura di qualche lor qualità o moto, e non per gloria del Ser.mo nome della Casa de' Medici et della loro natione et città di Firenze, io piglierei quella denominatione Medicea Sidera: et piacendo così a lor Altezze, il Cioli risponda subito a Venetia, et la mandi al Vinta." ». Andrea Cioli scrisse:
Cioli a Picchena, 20 febbraio 1610, {L-01297} I26101 I26102 D16100220 in {B-0122.A2_.2015} p. 46 ... gli ho detto che la denominazione Medicea Sydera piacerà di più che quella di Cosmici Pianeti, per le ragioni considerate da V. S. e et approvate da Lor Altezze ...
Nello stesso giorno, Vinta scrisse a Galileo:
Vinta a Galileo, 20 febbraio 1610, {L-00045} I25619 I04162 D16100220 p. 284 ➤ Il pensier di V.S. intorno al porre i nomi ai quattro pianeti trovati da lei, con inscrivergli dal nome del Ser.mo Padrone, è generoso et heroico, et conforme agli altri parti singolari del suo mirabile ingegno: et poichè ella ha voluto farmi l'onore del domandarmi il mio parere circa al chiamar dei detti pianeti o Cosmici o Medicea Sydera, io le dirò liberamente che questa seconda inscrizzione tengo per fermo che piacerà più, perchè, potendosi la voce greca Cosmici interpretare in diversi sensi, non sarebbe forse interamente attribuita da ogn'uno alla gloria del Ser.mo nome della Casa de' Medici et della loro natione et città di Firenze, come necessariamente sarà la denominatione di Medicea Sydera; et però senz'altro a questa mi appiglierei.
Il Consiglio dei Dieci autorizzò la stampa il 1° marzo, e il libro vide la luce il 12 marzo a Venezia, con i tipi di Tommaso Baglioni, aggiornato alle osservazioni fino al 2 marzo. Non mancarono dei contrattempi. All'inizio Galileo aveva pensato a "Astronomicus Nuncius", ma poi aveva deciso per “Sidereus Nuncius” (Nunzio Sidereo), ed era riuscito a fare cambiare il frontespizio subito prima che partisse la stampa, ma nella testata della prima pagina rimase il titolo "Astronomicus Nuncius", e la dedica "Cosmica Sydera". Difatti la risposta del Vinta arrivò quando era già stata avviata la stampa della testata, e Galileo dovette riparare facendo incollare un cartellino con su stampato "Medicea" sopra la parola "Cosmica". In alcune copie conservate oggi nelle biblioteche, il cartellino si è staccato o, apparentemente, non c'è mai stato. Esempi: con cartellino ➤ , senza cartellino ➤ . Nell'esemplare conservato nella Biblioteca dell'osservatorio Universitario di Bologna, il cartellino è stato deliberatamente staccato, e incollato a lato.
L'opera fu stampata in 550 copie, che furono esaurite in meno di una settimana. In autunno di quell'anno a Francoforte ("in Paltheniano") uscì una seconda edizione abusiva ➤ , di scarsa qualità, che deve avere nuociuto alla reputazione di Galileo. Le immagini della Luna (xilografie) erano scadenti, alcune fuori ordine, e una sottosopra. Galileo aveva immaginato di fare presto una nuova edizione, ma non ci riuscì.
L'opera fu stampata in 550 copie, che furono esaurite in meno di una settimana. In autunno di quell'anno a Francoforte ("in Paltheniano") uscì una seconda edizione abusiva ➤ , di scarsa qualità, che deve avere nuociuto alla reputazione di Galileo. Le immagini della Luna (xilografie) erano scadenti, alcune fuori ordine, e una sottosopra. Galileo aveva immaginato di fare presto una nuova edizione, ma non ci riuscì.
Galilei a Vinta?, 19 marzo 1610, {L-00047} I04162 I25619 D16100618 p. 300 ➤ Sarà necessario che V. S. Ill.ma faccia mie scuse a presso loro Altezze se l'opera non vien fuori stampata con quella magnificenza et decoro che alla grandezza del suggetto saria stato necessario, perchè l'angustia del tempo non l'ha permesso, nè io ho voluto punto prolungare la publicazione, per non correr risico che qualche altro non havesse incontrato l'istesso et preocupatomi; et per ciò l'ho mandato fuori in forma di avviso, scritto la maggior parte mentre si stampavano le cose precedenti, con proponimento di ristamparlo quanto prima con molte aggiunte di altre osservazioni; il che è anco necessario farsi, perchè 550, che ne hanno stampati, sono già andati via tutti; anzi di 30, che ne dovevo havere, non ne ho hauti altro che 6, nè veggo verso di potere havere il resto, havendogli lasciati in Venezia in mano del libraio, perchè vi mancavano a stampar le figure in rame. Questa seconda volta credo che lo farò in lingua toscana, sì perchè, oltre a i librai, ne sono pregato da molti altri, sì ancora perchè credo che le Muse toscane non taceranno in così grande occasione le glorie di questa Ser.ma Casa, perchè sin qua sono alcuni che scrivono in questo proposito: et tali componimenti si potranno prefigere all'opera. Io poi vo descrivendo altre costellazioni, et voglio disegnare le faccie della [Luna] di un periodo intero con grandissima diligenza, et imitarle a capello, perchè in vero è una vista di grandissima meraviglia; et il tutto ho pensiero di far tagliare in rame da artefice eccellente, il quale ho di già appostato et incaparrato: con speranza però che S. A. S. sia per compiacersi che il tutto sia esequito con quella maggior magnificenza et splendore, che al suo potere, et non più alla mia debolezza, risponda; sopra di che ne starò aspettando un motto da V. S. Ill.ma.
Apro una breve parentesi. A volte il sostantivo latino nuncius (nuntius) è stato tradotto con "annunzio", "avviso" e altre con "nunzio", "messaggero". Nella precedente lettera, Galileo usò la parola "avviso"; più tardi, come vedremo, Keplero pubblicò "Dissertatio cum Nuncio Sidereo", in cui il Nunzio sembra essere trattato come una persona. Passando a parlare delle reazioni, cito due lettere significative. L'ambasciatore inglese a Londra, Sir Henry Wotton I25652, fu uno dei primi a comprare una copia del libro, e la inviò a King James I, accompagnandola con una lettera diventata famosa.
Wotton a Earl of Salisbury, 13 marzo 1610, {L-00248} I25652 I25654 D16100313 p. 486 ➤ Ora, toccando gli avvenimenti del presente, invio qui a Sua Maestà la più strana notizia (come posso giustamente chiamarla) che abbia mai ricevuto da qualsiasi parte del mondo; che è il libro allegato (uscito oggi stesso) del Professore di Matematica di Padova, che con l'aiuto di uno strumento ottico (che ingrandisce e approssima l'oggetto) inventato per la prima volta nelle Fiandre e da lui stesso migliorato, ha scoperto quattro nuovi i pianeti che ruotano attorno alla sfera di Giove, oltre a molte altre stelle fisse sconosciute; allo stesso modo, la vera causa della Via Lactea, così a lungo cercata; e infine, che la luna non è sferica, ma è dotata di molte prominenze e, cosa più strana di tutte, illuminata dalla luce solare mediante la riflessione dal corpo della terra, come sembra dire. Così siccome su l'intero soggetto ha rovesciato tutta la precedente astronomia dobbiamo avere una nuova sfera per salvare le apparenze e la prossima astrologia. Perché il potere di questi nuovi pianeti deve necessariamente variare la parte giudiziaria, e perché non potrebbe esserci di più? Mi sono quindi preso la libertà di discorrere di queste cose con Vostra Signoria, dato che qui se ne parla in ogni angolo. E l'autore corre il rischio di essere o estremamente famoso o estremamente ridicolo. Con la prossima nave Vostra Signoria riceverà da me uno degli strumenti sopra menzionati, come sono stati migliorati da quest'uomo.
La curiosità di cui parla Wotton è testimoniata da una lettera già citata in precedenza:
Sertini a Galileo, 27 marzo 1610, {L-00714} I25339 I04162 D16100327 p. 305 ➤ Iermattina, arrivando in Mercato Nuovo, mi si fece innanzi il Sig.r Filippo Mannelli, dicendomi che 'l Sig.r Piero, suo fratello, gli scriveva, che 'l procaccio di Venezia mi recava uno scatolino da parte di V. S. Questa cosa si divulgò in maniera, che io non mi poteva difendere dalle persone, che volevan sapere che cosa era, pensando che fosse un occhiale; e quando si è saputo ch'egl'era il libro, non è cessata la curiosità, massime negl'huomini di lettere, e credo che 'l Sig.r D. Antonio harà che fare a mostrarlo. Iersera in casa il Sig.r Nori ne leggemmo un pezo, quella parte che tratta de' pianeti nuovi; e finalmente è tenuta gran cosa e maravigliosa. Il Vivai (credo che V. S. se ne ricordi) ne scrisse a' dì passati al Magino; rispose che era cosa di maraviglia e stupore, ma che consisteva nella sperienza.
In aprile la notizia si propagò in Germania. Il giorno 3 un amico di Galileo, il tedesco (o fiammingo?) Martin Hasdale I25646, pranzò a Praga con l'ambasciatore di Spagna presso il Sacro Romano Impero e con Mark Welser I25607, banchiere dei Gesuiti, il quale gli consegnò una copia del libro di Galileo e gli disse che si sarebbe dovuta chiedere l'opinione dell'astronomo imperiale, Keplero. Questi ottenne il Sidereus Nuncius il giorno 8 dal poeta scozzese I26060 Thomas Seggett (o Segeth), che all'Università di Padova era divenuto amico di Galileo. Il 15 aprile Hasdale fece per caso amicizia con Keplero e lo invitò ad un pranzo ufficiale con l'ambasciatore di Sassonia.
Hasdale a Galileo, 15 aprile 1610, {L-00711} I25646 I04162 D16100415 espresse l'ammirazione di Keplero nei confronti di Galileo p. 314 ➤ .
Keplero a Galilei, 19 aprile 1610, {L-00067} I06347 I04162 D16100419 p. 319 ➤ fu poi pubblicata, con notevoli varianti ed ampliamenti, a Praga nei primi di maggio del 1610 (una seconda edizione apparve a Francoforte nel 1611), con il titolo "Dissertatio cum Nuncio Sidereo". È notevole il fatto che Keplero, passato lo stupore per la novità costituita dai 4 'pianeti' di Giove, abbia allargato la sua mente sino al punto da immaginare l'esistenza di satelliti anche intorno agli altri pianeti, tentando di inquadrarli in una regola secondo cui il loro numero doveva essere funzione della distanza del pianeta dal Sole.
Hasdale a Galileo, 15 aprile 1610, {L-00711} I25646 I04162 D16100415 espresse l'ammirazione di Keplero nei confronti di Galileo p. 314 ➤ .
Keplero a Galilei, 19 aprile 1610, {L-00067} I06347 I04162 D16100419 p. 319 ➤ fu poi pubblicata, con notevoli varianti ed ampliamenti, a Praga nei primi di maggio del 1610 (una seconda edizione apparve a Francoforte nel 1611), con il titolo "Dissertatio cum Nuncio Sidereo". È notevole il fatto che Keplero, passato lo stupore per la novità costituita dai 4 'pianeti' di Giove, abbia allargato la sua mente sino al punto da immaginare l'esistenza di satelliti anche intorno agli altri pianeti, tentando di inquadrarli in una regola secondo cui il loro numero doveva essere funzione della distanza del pianeta dal Sole.
{B-0005.00_.1610} p. 1v ➤ ... per quanto riguarda il resto del libro e i quattro pianeti circumgioviali, io non solo non ti nego la mia fiducia, ma vorrei aver già pronto il cannocchiale per precederti nello scoprire i pianeti circum-marziali (che dovrebbero essere 2, secondo la proporzione) e quelli circum-saturnini che dovrebbero essere 6 oppure 8, a cui forse si devono aggiungere 1 o 2 attorno a Venere e Mercurio. Per fare questa caccia, il periodo più adatto, perlomeno per Marte, sarà il prossimo ottobre, quando il pianeta sarà nell'opposizione più vicina alla Terra dopo quella del 1608 ...
Anche il frate Ilario Altobelli scrisse da Ancona una affettuosa lettera a Galileo, parlando della ricerca di altri 'pianeti':
Altobelli a Galileo, 17 aprile 1610, {L-00046} I00202 I04162 D16100417 p. 317 ➤ Significandole appresso che, ex necessario praesuppositis, arguitive, si può tener per certo che cinque pianeti s'aggirino intorno a Saturno, e tre intorno a Marte: perchè, se doi intorno al Sole, e quattro intorno a Giove, adunque, per osservar l'ordine, ci doveranno esser anco gli altri, che con gli luminari istessi sariano 19, revolutione perfetta della luna, la quale, come ministra di tutti, non haverà corte, ma moto analogo con ciascuno. Questa speculatione è ragionevole, e spero che la giustificaremo. V. S. ci facci bene riflessione, e mi facci gratia d'avvisarmi del suo giuditio. Non le dirò altro per hora, aspettando con estremo desiderio i vetri. Et per fine le bacio la mano, et me le ricordo affezionatissimo servitore. [postscriptum] Forsi la corte di Saturno non sarà possibile di vederla; ma veduta quella di Marte, basterà.
A differenza di quanto speravano Keplero ed Altobelli, Galileo non riuscì a trovare una corte di 'pianeti' attorno a Marte e Saturno, ma non ne fu per niente rammaricato:
Galileo a Vinta, 18 giugno 1610, {L-00047} I04162 I25619 D16100618 p. 374 ➤ Non voglio restar di far sapere a loro Al.ze Ser.me, come ho con diligenza osservato più volte intorno a Marte et a Saturno, vedendosi ambedue di mattina avanti giorno, et in effetto non veggo che habbino altri pianeti loro assistenti; cosa che mi è di sommo contento, poi che possiamo sperare di dovere esser noi soli, et non altri, stati graziati da Dio di quest'honore.
Magini e Horky
Il professore I07722 Giovanni Antonio Magini ospitava a Bologna un giovane protetto, il boemo I18838 Martin Horky. Questi, non riuscendo a concepire l'esistenza dei 4 nuovi pianeti, scatenò una isterica campagna di diffamazione nei confronti di Galileo. Cercò di tirare dalla sua parte addirittura Keplero, che pure aveva pubblicamente espresso la sua stima per l'italiano.
Horky a Keplero, 16 aprile 1610, {L-00057} I18838 I06347 D16100416 chiede a Keplero un parere sulla « fabula » di Galileo p. 316 ➤.
Una settimana dopo, Horky si trovò faccia a faccia con il nemico: Galileo sostò a Bologna il 24 e 25 aprile per mostrare i satelliti ad diversi astronomi, in casa di Magini. Come c'era da aspettarsi, Horky rapportò che Galileo fece una figura penosa, ma le difficoltà incontrate dagli osservatori furono dovute soprattutto all'inesperienza (o alla prevenzione); il registro delle osservazioni dell'astronomo italiano mostra che egli riuscì a vedere due satelliti il giorno 24, e tutti e quattro il 25 aprile.
Horky scrisse a Keplero immediatamente dopo l'accaduto, dando una farneticante descrizione di Galileo: Horky a Keplero, 27 aprile 1610, {L-00049} I18838 I06347 D16100427 p. 342 ➤ .
Questi perdeva i capelli, e aveva tutta la pelle segnata dalla sifilide (flore Gallico); il cranio era leso, in delirio cerebrale; i nervi ottici si erano rotti per aver troppo scrupolosamente e presuntuosamente osservato Giove; la vista, l'udito, il gusto e il tatto erano andati; le sue mani avevano la chiragra [artrosi o gotta al polso] per aver furtivamente preso denaro filosofico e matematico; il suo cuore palpitava, perché aveva venduto a tutti una favola celeste; il tumore ai visceri aveva partorito contro natura, perché non era riuscito ad allettare gli studiosi ed uomini illustri; la podagra [gotta ai piedi] urlava, perché Galileo aveva vagato fino ai quattro angoli della Terra. Secondo Horky, il cannocchiale di Galileo faceva miracoli con le osservazioni terrestri, ma falliva per le osservazioni astronomiche, perché tutti avevano visto le stelle fisse duplicate; il pisano non aveva mai dormito, affannandosi a fare infinite prove, ma senza successo; la mattina del 26 lasciò Magini mestamente. Horky finì la sua lettera con una frase in tedesco, in cui informava che aveva segretamente preso dei calchi in cera delle lenti di Galileo, con l'intento di costruire un cannocchiale migliore di quello di Galileo.
Il giorno dopo Martin Hasdale scrisse a Galileo una lettera del tenore opposto, usando il suo colorito linguaggio:
Horky a Keplero, 16 aprile 1610, {L-00057} I18838 I06347 D16100416 chiede a Keplero un parere sulla « fabula » di Galileo p. 316 ➤.
Una settimana dopo, Horky si trovò faccia a faccia con il nemico: Galileo sostò a Bologna il 24 e 25 aprile per mostrare i satelliti ad diversi astronomi, in casa di Magini. Come c'era da aspettarsi, Horky rapportò che Galileo fece una figura penosa, ma le difficoltà incontrate dagli osservatori furono dovute soprattutto all'inesperienza (o alla prevenzione); il registro delle osservazioni dell'astronomo italiano mostra che egli riuscì a vedere due satelliti il giorno 24, e tutti e quattro il 25 aprile.
Horky scrisse a Keplero immediatamente dopo l'accaduto, dando una farneticante descrizione di Galileo: Horky a Keplero, 27 aprile 1610, {L-00049} I18838 I06347 D16100427 p. 342 ➤ .
Questi perdeva i capelli, e aveva tutta la pelle segnata dalla sifilide (flore Gallico); il cranio era leso, in delirio cerebrale; i nervi ottici si erano rotti per aver troppo scrupolosamente e presuntuosamente osservato Giove; la vista, l'udito, il gusto e il tatto erano andati; le sue mani avevano la chiragra [artrosi o gotta al polso] per aver furtivamente preso denaro filosofico e matematico; il suo cuore palpitava, perché aveva venduto a tutti una favola celeste; il tumore ai visceri aveva partorito contro natura, perché non era riuscito ad allettare gli studiosi ed uomini illustri; la podagra [gotta ai piedi] urlava, perché Galileo aveva vagato fino ai quattro angoli della Terra. Secondo Horky, il cannocchiale di Galileo faceva miracoli con le osservazioni terrestri, ma falliva per le osservazioni astronomiche, perché tutti avevano visto le stelle fisse duplicate; il pisano non aveva mai dormito, affannandosi a fare infinite prove, ma senza successo; la mattina del 26 lasciò Magini mestamente. Horky finì la sua lettera con una frase in tedesco, in cui informava che aveva segretamente preso dei calchi in cera delle lenti di Galileo, con l'intento di costruire un cannocchiale migliore di quello di Galileo.
Il giorno dopo Martin Hasdale scrisse a Galileo una lettera del tenore opposto, usando il suo colorito linguaggio:
Hasdale a Galileo, 28 aprile 1610, {L-00050} I25646 I04162 D16100428 p. 345 ➤ Gionse non hieri l'altro il Sig.re Elettore di Colonia, quale ha seco un amico mio, chiamato Gio. Zugmanno, matematico stimato de' primi di qua da' monti. La prima cosa che le domandai, dopo li compimenti, fu se egli havea visto il libretto di V. S. Disse, haverne due essemplari, ch'erano stati mandati a S. Altezza suo padrone. Addimandato poi Quid sibi videretur de illis demonstrationibus [cosa ne pensava delle dimostrazioni] di V. S., rispose: Nec probo, nec improbo, donec Domini Gallilei instrumentum videro, et expertus fuero [non approvo né disapprovo, finché non vedrò lo strumento del Sig. Galileo, e ne farò esperienza]. Hora, questa mattina (perchè gli havevo detto all'hora che il Chepplero non vi metteva difficoltà sopra le dimostrationi sudette, et molti altri ch'erano della professione), mi ha sfodrato fuori una lettera del Magino (quale mi era stato ad intendere fosse morto), nella quale dà giuditio del libro di V. S. et dello stromento. La sostanza della lettera è questa; ma vederò di haverne una copia, essendo poca cosa, ciò è di una facciata: Quanto al libro et stromento del Gallilei, io credo che sia un inganno, perchè quando con occhiali colorati, fatti da me, guardavo l'ecclipsi solare, mi faceva vedere 3 soli; così anco credo che sia avvenuto al Gallilei, quale si deve essere ingannato dal reflesso della luna. Sono molti altri che oppugnano questa openione del Gallilei, et tra gli altri il Dottore Papazzone voleva ex professo nelle scuole publiche confutare tutto il libro; ma le lettioni si sono finite più presto del solito: ma spero che subito dopo l'ottava di Pasqua eseguirà il suo intento. Poi dice: Ma per tornare al proposito, mi pare una cosa ridicolosa di quei 4 nuovi pianetti, che presuppone il Gallilei che vadino intorno al pianeta… (non mi ricordo), et che discostandosi un minuto hora da una banda hora dall'altra, finiscano il suo corso in un mese. Bisogna che V. S. m'intenda per discretione, perchè non son della professione. Poi soggionge: Io spero d'andare queste feste di Pasqua a Venetia. Non mancherò di procurare di haverne uno di quegli instromenti, per chiarirmi meglio della verità. Dixi. / Ho dimandato a chi scriveva questa lettera. Mi ha risposto che S. Altezza gli haveva dato ordine di ricercare il S.r Magino della sua openione, et che il Magino ha risposto questo a S. Altezza. Io non ho potuto contenermi di dire che questa non era altro che una mera invidia, perchè biasimano l'opra senza havere visto lo stromento; et che già il pronostico del Chepplero comminciava a riuscire, perchè dispiace al Magino che altri gli metta il piè avanti, tanto più nella sua patria propria; chè se altrove fosse seguito, meno gli brusciarebbe. Exigua est virtus, quae caret invidia. V. S. non dubiti che ella haverà séguito di qua, oltre che la verità ha da confondere gli emoli. / V. S. intanto ha d'havere singolare obligo al S.r Ambasciatore di Toscana, comune padrone, perchè non tralascia cosa veruna per difesa dell'honore di V. S.; et già ha lavata la testa a più di due di questi nostri Italiani, medichetti di merda, che non sanno se sono vivi.
Per contrasto, ecco un'altra perla di Horky:
Horky a Keplero, 24 maggio 1610, {L-00051} I18838 I06347 D16100524 p. 359 ➤ O uomo dottissimo, mi riprometto, con l'aiuto di Dio, di realizzare qui in Italia uno strumento che alla lunghissima distanza di 15 miglia permetta di vedere un uomo che parla con un altro, e che permetta di vedere più cose del cannocchiale rancido [rancido perspicillo] di Galilei.
Due giorni dopo, Magini scrisse a Keplero in un latino non molto brillante (parere di Antonio Favaro):
Magini a Keplero, 26 maggio 1610, {L-00048} I07722 I06347 D16100526 p. 359 ➤ Rimangono solo da eliminare e da scuoter via i 4 nuovi valletti gioviali. A stento riuscirà a tener duro. Ha passato col suo cannocchiale le notti del 24 e 25 aprile qui in casa mia, desideroso di mostrare questi nuovi satelliti di Giove; ma non ne fece nulla. Infatti erano presenti più di 20 persone dottissime, ma nessuno vide perfettamente i nuovi pianeti...
Magini, sembra, gradualmente ridusse le sue distanze da Galileo e dalle sue scoperte ma, anche nel periodo di maggiore disaccordo, non fu mai meschino come Horky, che alla fine lo fece vergognare di averlo accolto a casa.
Anche Keplero non riuscì più a sopportarlo; in Keplero a Galilei, 9 agosto 1610, {L-00058} I06347 I04162 D16100809 p. 414 ➤ parlò duramente dell' "uomo di Boemia", rimproverandogli "temerarietà di adolescente" e "invidiosa petulanza", riferendosi anche alla sua maggiore castroneria, "pagina indegna".
Horky, non pago delle calunnie espresse per lettera e verbalmente, in giugno era andato a Modena (all'oscuro di Magini) per pubblicare un libro contro Galileo e un amico di questi, Giovanni Antonio Roffeni, che era stato presente alle sfortunate osservazioni in casa del Magini, ma non lo aveva denigrato.
Il libro di Horky, {B-0057.00_.1610} "Martini Horky a Lochovic / Brevissima Peregrinatio contra Nuncium Sidereum" era scritto in un latino pessimo e pieno di strafalcioni.
Magini si vergognò di essere conosciuto come suo maestro, anche perché aveva iniziato a riconoscere i meriti Galileo, e cacciò Horky di casa; il boemo cercò rifugio recandosi da I02006 Baldessar Capra, che nel 1604 aveva commesso un volgare plagio nei confronti di Galileo (copiando il suo compasso geometrico e militare).
Non posso raccontare tutta la storia; riporto solo le collocazioni di alcune lettere, trascritte in {B-0122.10_.1900} "Opere di Galilei", volume 10: ➤ ; ➤ ; ➤ ; ➤ ; ➤ .
Ho trovato un sito in lingua ceca ➤ , che traccia un profilo di questo personaggio, che alla fine fu cacciato dall'Italia. Girò in vari posti, facendo il medico e matematico, e stampò una lunga serie di calendari astronomici e opere astrologiche, un'altra fonte dice sino almeno al 1670. Io mi chiedo quanti anni avesse nel 1610; l'età psicologica era senz'altro piccola, ma quella biologica? Alcune fonti dicono che fosse nato intorno al 1590, altre intorno al 1578. Gli astrologi non amavano le scoperte di Galileo, perché scombinavano i loro meccanismi astrali; c'è da sperare che alla fine Horky sia riuscito ad accettare l'esistenza dei satelliti di Giove.
In {B-0058.00_.1610} "Quatuor problematum quae Martinus Horky contra Nuntiun Sidereum de quatuor planetis novis disputanda proposuit confutatio" ➤ il medico scozzese I25854 John Wedderburn, amico di Keplero ed ex allievo di Galileo, si prese gioco di Horky. Questi si era domandato a che cosa potevano servire i satelliti in senso astrologico; Wedderburn scrisse con spirito che servivano a confondere gli Horky e tutti gli astrologi superstiziosi.
Il libro {B-0059.00_.1611} "Epistola Apologetica contra caecam Peregrinationem cuiusdam furiosi Martini, cognomine Horkij editam adversus nuntiun sidereum" (Bologna 1611) ➤ già dal titolo lascia capire come I10480 G. A. Roffeni si fosse infuriato perché il petulante Horky aveva osato citarlo come testimone delle sue menzogne.
La realtà era che tutte le persone dotate di una vista acuta erano state in grado di osservare i "pianeti", due il giorno 24, tutte e quattro il giorno 25 (Horky stesso aveva dovuto ammetterlo). Roffeni era amico di Magini ma anche devoto a Galileo, e Horky sbagliò di grosso pensando di averlo come alleato nelle sue diffamazioni.
Allora, il boemo contattò il fiorentino I25590 Francesco Sizzi, che nel 1611 scrisse una vana dissertazione contro Galileo: {B-0007.00_.1611} "Dianoia Astronomica, Optica, Physica, ecc." ➤ .
Non solo Galileo, ma più tardi gli stessi gesuiti si presero gioco degli argomenti contenuti in questo libro; Keplero lo definì una puerile speculazione peripatetica su un "mondo di carta". Scriveva il Sizzi che i satelliti di Giove sono invisibili ad occhio nudo, non esercitano perciò alcuna influenza sulla Terra, sono quindi inutili e pertanto non esistono. Gli Ebrei e gli altri popoli antichi hanno inoltre diviso la settimana in sette giorni ai quali hanno dato il nome dei sette pianeti (e così via con il numero 7: sette i bracci del candelabro di Gerusalemme, ecc.). Se oggi aumentiamo il numero dei pianeti, distruggeremo questo sistema così utile e bello. Quando un interlocutore domanda perché solo attorno a Giove si vedono quattro satelliti, gli si risponde: perché la lente è adatta a produrre tali apparenze solo alla distanza di Giove e non ad altre distanze.
Uno dei più intransigenti avversari di Galileo fu un noto filosofo dell'Università di Padova, l'aristotelico I26108 Cesare Cremonini, che pure si poteva definire un suo amico, in quanto gli fu umanamente vicino nei momenti di difficoltà; purtroppo, aveva divergenze insanabili nel pensiero filosofico. Paolo Gualdo cercò inutilmente di convertirlo:
Anche Keplero non riuscì più a sopportarlo; in Keplero a Galilei, 9 agosto 1610, {L-00058} I06347 I04162 D16100809 p. 414 ➤ parlò duramente dell' "uomo di Boemia", rimproverandogli "temerarietà di adolescente" e "invidiosa petulanza", riferendosi anche alla sua maggiore castroneria, "pagina indegna".
Horky, non pago delle calunnie espresse per lettera e verbalmente, in giugno era andato a Modena (all'oscuro di Magini) per pubblicare un libro contro Galileo e un amico di questi, Giovanni Antonio Roffeni, che era stato presente alle sfortunate osservazioni in casa del Magini, ma non lo aveva denigrato.
Il libro di Horky, {B-0057.00_.1610} "Martini Horky a Lochovic / Brevissima Peregrinatio contra Nuncium Sidereum" era scritto in un latino pessimo e pieno di strafalcioni.
Magini si vergognò di essere conosciuto come suo maestro, anche perché aveva iniziato a riconoscere i meriti Galileo, e cacciò Horky di casa; il boemo cercò rifugio recandosi da I02006 Baldessar Capra, che nel 1604 aveva commesso un volgare plagio nei confronti di Galileo (copiando il suo compasso geometrico e militare).
Non posso raccontare tutta la storia; riporto solo le collocazioni di alcune lettere, trascritte in {B-0122.10_.1900} "Opere di Galilei", volume 10: ➤ ; ➤ ; ➤ ; ➤ ; ➤ .
Ho trovato un sito in lingua ceca ➤ , che traccia un profilo di questo personaggio, che alla fine fu cacciato dall'Italia. Girò in vari posti, facendo il medico e matematico, e stampò una lunga serie di calendari astronomici e opere astrologiche, un'altra fonte dice sino almeno al 1670. Io mi chiedo quanti anni avesse nel 1610; l'età psicologica era senz'altro piccola, ma quella biologica? Alcune fonti dicono che fosse nato intorno al 1590, altre intorno al 1578. Gli astrologi non amavano le scoperte di Galileo, perché scombinavano i loro meccanismi astrali; c'è da sperare che alla fine Horky sia riuscito ad accettare l'esistenza dei satelliti di Giove.
In {B-0058.00_.1610} "Quatuor problematum quae Martinus Horky contra Nuntiun Sidereum de quatuor planetis novis disputanda proposuit confutatio" ➤ il medico scozzese I25854 John Wedderburn, amico di Keplero ed ex allievo di Galileo, si prese gioco di Horky. Questi si era domandato a che cosa potevano servire i satelliti in senso astrologico; Wedderburn scrisse con spirito che servivano a confondere gli Horky e tutti gli astrologi superstiziosi.
Il libro {B-0059.00_.1611} "Epistola Apologetica contra caecam Peregrinationem cuiusdam furiosi Martini, cognomine Horkij editam adversus nuntiun sidereum" (Bologna 1611) ➤ già dal titolo lascia capire come I10480 G. A. Roffeni si fosse infuriato perché il petulante Horky aveva osato citarlo come testimone delle sue menzogne.
La realtà era che tutte le persone dotate di una vista acuta erano state in grado di osservare i "pianeti", due il giorno 24, tutte e quattro il giorno 25 (Horky stesso aveva dovuto ammetterlo). Roffeni era amico di Magini ma anche devoto a Galileo, e Horky sbagliò di grosso pensando di averlo come alleato nelle sue diffamazioni.
Allora, il boemo contattò il fiorentino I25590 Francesco Sizzi, che nel 1611 scrisse una vana dissertazione contro Galileo: {B-0007.00_.1611} "Dianoia Astronomica, Optica, Physica, ecc." ➤ .
Non solo Galileo, ma più tardi gli stessi gesuiti si presero gioco degli argomenti contenuti in questo libro; Keplero lo definì una puerile speculazione peripatetica su un "mondo di carta". Scriveva il Sizzi che i satelliti di Giove sono invisibili ad occhio nudo, non esercitano perciò alcuna influenza sulla Terra, sono quindi inutili e pertanto non esistono. Gli Ebrei e gli altri popoli antichi hanno inoltre diviso la settimana in sette giorni ai quali hanno dato il nome dei sette pianeti (e così via con il numero 7: sette i bracci del candelabro di Gerusalemme, ecc.). Se oggi aumentiamo il numero dei pianeti, distruggeremo questo sistema così utile e bello. Quando un interlocutore domanda perché solo attorno a Giove si vedono quattro satelliti, gli si risponde: perché la lente è adatta a produrre tali apparenze solo alla distanza di Giove e non ad altre distanze.
Uno dei più intransigenti avversari di Galileo fu un noto filosofo dell'Università di Padova, l'aristotelico I26108 Cesare Cremonini, che pure si poteva definire un suo amico, in quanto gli fu umanamente vicino nei momenti di difficoltà; purtroppo, aveva divergenze insanabili nel pensiero filosofico. Paolo Gualdo cercò inutilmente di convertirlo:
Paolo Gualdo a Galilei, 29 luglio 1611, {L-00059} I25520 I04162 D16110729 p. 165 ➤ Fui uno di questi giorni dal detto S.r Cremonino, et entrando a ragionare di V. S., io le dissi, così burlando: Il S.r Galilei sta con trepidatione aspettando ch'esca l'opra di V. S. Mi rispose: Non ha occasione di trepidare, perchè io non faccio mentione alcuna di queste sue osservationi. Io risposi: Basta ch'ella tiene tutto l'opposito di quello che tiene esso. O, questo sì, disse, non volendo approvare cose di che io non ne ho cognitione alcuna, nè l'ho vedute. Questo è quello, dico, c'ha dispiacciuto al S.r Galilei, ch'ella non habbia voluto vederle. Rispose: Credo che altri che lui non l'habbia veduto; e poi quel mirare per quegli occhiali m'imbalordiscon la testa: basta, non ne voglio saper altro. Io risposi: V. S. iuravit in verba Magistri; e fa bene a seguitare la santa antichità. Doppo egli proruppe: Oh quanto harrebbe fatto bene anco il S.r Galilei, non entrare in queste girandole, e non lasciar la libertà Patavina! Sopravenero alcuni, onde finissimo il nostro dialogo.
Anche il principale filosofo di Pisa, I26162 Giulio Libri, cercò di sostenere che i satelliti erano oggetti estranei al cielo, e si rifiutò di guardare attraverso il telescopio. Galileo commentò ironicamente la notizia della morte del filosofo, avvenuta pochi giorni prima:
Galileo a Paolo Gualdo, 17 dicembre 1610, {L-00060} I04162 I25520 D16101217 p. 484 ➤ A Pisa è morto il filosofo Libri, acerrimo impugnatore di queste mie ciancie, il quale, non le havendo mai voluto veder in terra, le vedrà forse nel passar al cielo.
C'è per fortuna almeno un esempio di un personaggio celebre che, dapprima ostile alle idee di Galileo, poi accettò la verità delle sue scoperte. Si tratta di I02387 Cristoforo Clavius (Clavio), gesuita tedesco, figura importante nella riforma del calendario (1582). I25788 Lodovico Cardi di Cigoli scrisse a Galileo:
Ludovico Cardi a Galileo, 1 ottobre 1610, {L-00061} I25788 I04162 D16101001 p. 442 ➤ Intanto, s'ella può dare una volta di qua, non credo che sia fuori di proposito, perchè questi Clavisi, che sono tutti, non credono nulla; et il Clavio fra gli altri, capo di tutti, disse a un mio amico, delle quattro stelle, che se ne rideva, et che bisognierà fare uno ochiale che le faccia e poi le mostri, et che il Galileo tengha la sua oppinione et egli terrà la sua.
Ma nell'autunno del 1610 le cose incominciarono ad andare meglio per Galileo. Egli spedì una decina di buoni cannocchiali in varie parti d'Europa e ciò permise a diverse persone di constatare con i loro propri occhi le sue scoperte. Il 17 settembre, Galileo aveva scritto a Clavio a Roma, avendo appreso che gli astronomi gesuiti non avevano potuto dare conferma dei nuovi pianeti con alcun cannocchiale. L'amico di Galileo, I25787 Antonio Santini, costruì un ottimo strumento e lo inviò a Clavio, il quale fu subito in grado di osservare i satelliti e disegnarne le posizioni. Bisogna rendergli atto che si affrettò a congratularsi con Galileo:
Clavio a Galileo, 17 dicembre 1610, {L-00062} I02387 I04162 D16101217 p. 484 ➤ Si maravigliarà V. S. che alla sua lettera, scritta alli 17 di Settembre, non habbia fin qui risposto; ma la causa è, che io apettai di dì in dì la sua venuta a Roma, et anco perchè volevo prima tentare di vedere i novi Pianeti Medicei: et così l'habbiamo qua in Roma più volte veduti distintissimamente. Al fine della lettera metterò alcune osservationi, delle quali chiarissimamente si cava che non sono stelle fisse, ma erratiche, poi che mutano sito tra sè et tra Giove. Veramente V. S. merita gran lode, essendo il primo che habbi osservato questo.
Anche Magini fini col ricredersi, sia pure non pubblicamente (del resto, nelle sue lettere a Galileo non aveva mai dimostrato acredine, negando di aver incoraggiato i suoi avversari).
§ D16100130 D16100213 D16100220 D16100313 D16100327 D16100415 D16100416 D16100417 D16100419 D16100427 D16100428 D16100524 D16100526 D16100618 D16100809 D16101001 D16101217 D16110729
§ I00202 I02006 I02387 I03212 I03705 I03705 I04162 I06347 I07722 I08129 I10480 I12876 I18838 I25339 I25520 I25590 I25607 I25607 I25619 I25646 I25646 I25652 I25652 I25654 I25787 I25788 I25794 I25817 I25854 I26060 I26101 I26102 I26108 I26162 I26163
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