Nelle sue comunicazioni ufficiali, I04162 Galileo Galilei raccontò solo di avere sentito delle vaghe voci su un nuovo tipo di occhiale presentato al I25603 Principe Maurizio, voci subito confermate da I25584 Badovere a Parigi. Non si sa se e quando Badovere e Galileo abbiano saputo del bollettino "Ambassades", e come il grande pisano abbia seguito la diffusione dello strumento in Italia, grazie a Sarpi e altri. Galileo raccontò la storia della costruzione del suo cannocchiale come un'avventura solitaria, ma oggi esiste la ferma convinzione che abbia avuto il supporto determinante di Paolo Sarpi e altri. Ma i documenti conosciuti sono troppo insufficienti e lacunosi per ricostruire pienamente la vicenda. Sono state presentate molte ricostruzioni, ma io mi limiterò a citare le informazioni disponibili.
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Sappiamo che Sarpi aveva visto il cannocchiale dopo il 7 luglio 1609, e prima del 21 luglio. Lorenzo Pignoria, amico di Galileo, il 1 agosto 1609 scrisse da Padova a Paolo Gualdo in Roma:
Pignoria a Gualdo, 1 agosto 1609, {L-00710} I25618 I25520 D16090801 ➤ ...Uno degl'occhiali in canna, di che ella mi scrisse già, è comparso qui in mano d'un Oltramontano...
Gualdo gli aveva scritto della notizia dell'invenzione, o della loro concreta apparizione da qualche parte? Giovanni Bartoli da Venezia, il 22 agosto 1609 scrisse (forse a Belisario Vinta):
Bartoli a Vinta?, 22 agosto 609, {L-00017} I25573 I25619 D16090822 ➤ È capitato qua un tale che vuol dare in Sig.ria un secreto d'un occhiale o cannone o altro istrumento, col quale si vede lontano sino a 25 et 30 miglia tanto chiaro, che dicono che pare presente; et molti l'hanno visto et provato nel Campanile di San Marco. Ma dicesi che in Francia et altrove sia hormai volgare questo secreto, et che per pochi soldi si compra; et molti dicono haverne havuti et visti...
La voce della comparsa dei cannocchiali a Parigi e altrove era arrivata a Venezia, ma pare che qualcuno fosse già riuscito a procurarsene uno (non si sa dove e come) e già non lo considerasse più una grande novità. Ad ogni modo, quando succede una cosa che fa scalpore, c'è sempre qualcuno che fa la scena di conoscerla da molto tempo, e si stupisce dello sbalordimento degli altri.
Riassumendo: fra il 7 e il 21 luglio 1609, Sarpi aveva avuto un cannocchiale a Venezia, non si sa come; alla fine di luglio c'era a Padova uno straniero (oltramontano) che ne aveva uno; circa 3 settimane dopo, uno straniero era a Venezia con lo strano strumento. Il 29 agosto, Giovanni Bartoli diede a Belisario Vinta delle informazioni più precise sullo straniero:
Riassumendo: fra il 7 e il 21 luglio 1609, Sarpi aveva avuto un cannocchiale a Venezia, non si sa come; alla fine di luglio c'era a Padova uno straniero (oltramontano) che ne aveva uno; circa 3 settimane dopo, uno straniero era a Venezia con lo strano strumento. Il 29 agosto, Giovanni Bartoli diede a Belisario Vinta delle informazioni più precise sullo straniero:
Bartoli a Vinta, 29 agosto 1609, {L-00018} I25573 I25619 D16090829 ➤ Et si racconta che quel tale forestiero che venne qua col secreto, havendo inteso da non so chi (dicesi da Fra Paolo teologo servita) che non sarebbe qui frutto alcuno, pretendendo 1000 zecchini, se ne partì senza tentare altro; sì che, essendo amici insieme Fra Paolo et il Galilei, et datogli conto del secreto veduto, dicono che esso Gallilei, con la mente et con l'aiuto d'un altro simile instrumento, ma non di tanto buona qualità, venuto di Francia, habbia investigato et trovato il secreto; et messolo in atto, con l'aura et favore d'alcuni senatori si sia acquistato da questi SS.ri augmento alle sue provisioni sino a 1000 fiorini l'anno, con obligo però, parmi, di servir nella sua lettura perpetuamente...
Il ruolo di Sarpi venne esaltato nel libro “Vita del Padre Paolo ....” [Leida, 1646], privo di autore. Alcuni pensano che sia stato scritto dal confratello di Paolo Sarpi, I25591 Fulgenzio Micanzio (ipotesi rigettata da I03705 Antonio Favaro).
{B-0239.00_.1646} p. 211 ➤ Dipoi, di varie inventioni d'istromenti ha fuggito anco il lasciar sapere ch'esso ne fosse auttore; che le due maniere di Pulsiligio [strumento per misurare il battito del polso] sono sue; l'istromento per conoscer il variar del caldo e del freddo; dell'occhiale, detto in Italia del Galileo, trovato in Holanda, fu da lui penetrato l'artifitio, quando presentatone vno alla Serenissima Signoria, con dimanda di milla zecchini, fu al Padre dato carico di far le prove a che potesse servire, e dirne il suo giuditio; e perché non gl'era lecito aprirlo, e vedere, s'immaginò ciò che esser potesse, e lo conferì col signor Galileo, che trovò il Padre aver dato nel segno; e tanti altri.
Alla lettera di Sarpi a Leschassier del 16 marzo 1610 fu allegata una copia del Sydereus Nuncius di Galileo, storica opera da pochi giorni disponibile a Venezia (traduzione italiana di I25621 Filippo Luigi Polidori, 1863) :
Sarpi a Leschassier, 16 marzo 1610, {L-00019} I22640 I25620 D16100316 in {B-0240.02_.1863} p. 41 ➤ Sa che, or fanno due anni e più, fu dagli Olandesi scoperto un istrumento, pel quale si vedono cose lontane, che altrimenti o non apparirebbero o solo con oscurezza. Di questo trovato un nostro matematico di Padova ed altri Italiani intendenti della materia principiarono a valersi per l'astronomia, e dalla esperienza avvalorati, lo ridussero più adatto e perfezionato. Tale istrumento è composto, come Ella sa, di due lenti (costà le chiamano lunette) sferiche ambedue, ma l'una di superficie convessa e concava l'altra. La prima ha una sfera con diametro di 6 piedi; la seconda una sfera con diametro di larghezza inferiore ad un dito. Di queste componesi un istrumento di circa 4 piedi di lunghezza, pel quale vedesi tanta parte dell'oggetto, che se si riguardasse ad occhio naturale, perverrebbe a 6 minuti. Applicato poi lo strumento, vedesi sotto l'angolo maggiore di 6 gradi. Queste cose sonosi osservate in Toscana nella stella di Giove, nelle costellazioni delle Fisse; e V.S. le leggerà nell'opuscolo che a nome mio le offrirà il signor Legato, con parecchie altre stupende cose, su cui farò parola altra volta. Non si maravigli a vedere le stelle girare attorno a Giove in così breve intervallo, perocchè fissando gli occhi in Giove, la distanza della Luna dalla terra non passa minuti primi 31, e lo stesso corpo della luna non apparisce maggiore di minuti secondi 17.
Anche se inviò il libro di Galileo, per quanto riguarda il lavoro per costruire il cannocchiale lo considerò uno dei tanti: "un nostro matematico di Padova". Il 5 aprile D16100405 Leschassier gli rispose che aveva trovato ammirevole il libro di Galileo, e che a Parigi erano state realizzate osservazioni astronomiche con un telescopio appena costruito. Ecco altre lettere di Sarpi:Sarpi a Leschassier 27 aprile 1610:
Sarpi a Leschassier, 27 aprile 1610, {L-00020} I25620 I22640 D16100427 in {B-0240.02_.1863} p. 61 ➤ Vengo a dire della Luna. Per la verità non ho letto ciò che ne scrisse il nostro matematico: spesso abbiamo conferito insieme su quell'argomento e molte osservazioni ci scambiammo. Aprirò ciò che penso, manifestando solo, come ho per costume, cose da me verificate. [Nota di F. L. Polidori: Se qui vogliasi parlarsi del Galileo, rimane incerto, non essendo a noi pervenute le lettere scambiate circa quel tempo tra i due grandi uomini. Si aggiunge che una lettera dello stesso Galileo al Sarpi, dei 12 febbraio 1611, comincia così: "È tempo ch'io rompa un assai lungo silenzio."]
Sarpi a Groslot de L'Isle, 10 maggio 1610, {L-00021} I22640 I25616 D16100510 in {B-0240.02_.1863} p. 71 ➤ Quanto s'aspetta agli occhiali nuovi, toccando le cose celesti, non v'è altra cosa di momento sin'ora osservata, se non che avendone fabbricato uno con tale artificio, che si vede solamente circa un centesimo della Luna alla volta, ma di tanta grandezza di quanta con quel primo si vedeva tutta essa, le cavità sono tanto conspicue, e così esattamente viste, ch'è stupore; e la stella di Giove, che molte volte è stata osservata, appare appunto di quella grandezza che il sole, quando alle volte si vede sotto alla caligine. Ma le maraviglie che si scuoprono con questo artificio, sono nella professione della prospettiva; imperocchè da quello si comprende il modo come si fa la visione, e le ragioni delli occhiali così di vista debole come di corta: cose che vogliono un giusto volume per esser esplicate.
Sarpi a Leschassier, 8 giugno 1610, {L-00022} I22640 I25620 D16100608 in {B-0240.02_.1863} p. 81 ➤ Quanto alle lenti oculari, per dirne alcun che, ci ha qui alcuni eruditi, che disegnano di fare un piccolo commentario sulla visione, ove esporranno la maniera e la cagione del ritrovato Olandese, e tutta le teorica ad un tempo del cannocchiale. Se verrà come credo, in luce, ne manderò a V. S. un esemplare, sperando che troverà favore presso di Lei e d'altre persone di cotesto regno.
Sarpi a Leschassier, 3 agosto 1610, {L-00002} I22640 I25620 D16100803 in {B-0240.02_.1863} p. 108 ➤ Il libricciulo intorno agli occhiali non è ancora stampato: l'autore attende alle incisioni, delle quali ha bisogno per spiegare i suoi sentimenti: tosto che sarà stampato, farò di mandarglielo.
In realtà, il libro non fu mai pubblicato; ma chi era l'autore? Molto probabilmente il patrizio I25623 Agostino Da Mula, vecchio amico di Sarpi (ma anche di Galileo, almeno inizialmente). Giovanni Camillo Gloriosi lo stimava come un grande esperto in materia, tanto che scrisse a Johannes Schreck [Giovanni Tterrenzio]:
Gloriosi a Terrenzio, 29 maggio 1610, {L-00023} I16781 I25622 D16100529 p. 363 ➤ Si dice pubblicamente che Agostino Da Mula [Augustinus a Mula], patrizio veneto, abbia per primo osservato tali stelle [i satelliti di Giove] e che ne abbia dato comunicazione a Galileo.
Nella lettera Galileo a Keplero, 19 agosto 1610, {L-00068} I04162 I06347 D16100819 p. 422 ➤ , Galileo parlò degli attacchi di una persona di Venezia, che asseriva di aver osservato varie volte le stelle di Giove, ritenendo che non fossero pianeti; si riferiva a Da Mula?
Nelle lettera che segue, Sagredo acon ogni evidenza si riferisce al libro di Da Mula:
Nelle lettera che segue, Sagredo acon ogni evidenza si riferisce al libro di Da Mula:
Sagredo a Galileo, 30 giugno 1612, {L-00003} I25624 I04162 D16120630 p. 350 ➤ L'Ill.mo Mula è distrato molto dai publici negotii, dalla cura famigliare, et da qualche altro affetto che lo invita ad altri pensieri: tuttavia egli, sin da principio che arrivai in questa città, mi fece vedere un numero grandissimo di tavolette di legno intagliate con diverse dimostrationi, che dovevano servire per un suo trattato, scritto di propria mano, in foglio, de forse 100 carte; ma non mi volle permettere che leggessi alcuna cosa, con tutto che mostrasse gran desiderio de conferire meco i suoi pensieri, per levarsi de alcuni minimi scropuli, che, come esso disse, gli restavano per dimostrare compitamente tutta la sienza della vista, la quale era ex opposito contraria a quello che fin hora si trovava scritto da Vitelione et altri. Gli dissi il mio pensiero, et more solito non volse intendere altro, affermandomi ch'il mio pensiero era falso. Ma doppo tre mesi, havendomi egli communicati in secretezza i fondamenti della sua dottrina, non mi seppe negare che alli tre modi con li quali egli me haveva detto fare la vista, non si potesse aggionger anco il mio per quarto: et da quell'hora in qua non ha più tenuto meco proposito in questa materia, ancorchè avanti mi stimolasse essere seco per mostrarmi il suo libro.
È probabile che Da Mula abbia rinunciato, rendendosi conto che non poteva competere il libro {B-0008.00_.1611} "Dioptrice" (1611) di Keplero.
{A-0735.0001A.0001.18910000-0055_0075} "Galileo Galilei e la presentazione del cannocchiale alla Repubblica Veneta", Nuovo Archivio Veneto, vol. 1, parte 1 (1891) è una memoria di I03705 Antonio Favaro che mostra molti lati oscuri, non solo su come Galileo costruì il cannocchiale, ma anche su come lo presentò al pubblico.
Ho catalogato la seguente lettera (autografa) di Galileo al Doge Leonardo Donà [Donato] con la data 24 agosto 1609, che però secondo Favaro è da discutere.
{A-0735.0001A.0001.18910000-0055_0075} "Galileo Galilei e la presentazione del cannocchiale alla Repubblica Veneta", Nuovo Archivio Veneto, vol. 1, parte 1 (1891) è una memoria di I03705 Antonio Favaro che mostra molti lati oscuri, non solo su come Galileo costruì il cannocchiale, ma anche su come lo presentò al pubblico.
Ho catalogato la seguente lettera (autografa) di Galileo al Doge Leonardo Donà [Donato] con la data 24 agosto 1609, che però secondo Favaro è da discutere.
Galileo al Doge di Venezia, 24 agosto 1609, {L-00024} I04162 I25626 D16090824 p. 250 ➤ Ser.mo Principe, Galileo Galilei, humilissimo servo della Ser.à V.a, invigilando assiduamente et con ogni spirito per potere non solamente satisfare al carico che tiene della lettura di Matematica nello Studio di Padova, ma con qualche utile et segnalato trovato apportare straordinario benefizio alla S.tà V.a, compare al presente avanti di quella con un nuovo artifizio di un occhiale cavato dalle più recondite speculazioni di prospettiva, il quale conduce gl'oggetti visibili così vicini all'occhio, et così grandi et distinti gli rappresenta, che quello che è distante, v. g., nove miglia, ci apparisce come se fusse lontano un miglio solo: cosa che per ogni negozio et impresa marittima o terrestre può esser di giovamento inestimabile; potendosi in mare in assai maggior lontananza del consueto scoprire legni et vele dell'inimico, sì che per due hore et più di tempo possiamo prima scoprir lui che egli scuopra noi, et distinguendo il numero et la qualità de i vasselli, giudicare le sue forze, per allestirsi alla caccia, al combattimento o alla fuga; et parimente potendosi in terra scoprire dentro alle piazze, alloggiamenti et ripari dell'inimico da qualche eminenza benchè lontana, o pure anco nella campagna aperta vedere et particolarmente distinguere, con nostro grandissimo vantaggio, ogni suo moto et preparamento; oltre a molte altre utilità, chiaramente note ad ogni persona giudiziosa. Et pertanto, giudicandolo degno di essere dalla S. V. ricevuto et come utilissimo stimato, ha determinato di presentarglielo et sotto l'arbitrio suo rimettere il determinare circa questo ritrovamento, ordinando et provedendo che, secondo che parerà oportuno alla sua prudenza, ne siano o non siano fabricati. Et questo presenta con ogni affetto il detto Galilei alla S. V., come uno de i frutti della scienza che esso, già 17 anni compiti, professa nello Studio di Padova, con speranza di essere alla giornata per presentargliene de i maggiori, se piacerà al S. Dio et alla S. V. che egli, secondo il suo desiderio, passi il resto della vita sua al servizio di V. S. Alla quale humilmente si inchina, et da Sua Divina Maestà gli prega il colmo di tutte le felicità.
Esiste poi una lettera di Galileo che Favaro inserì con grande diffidenza nelle "Opere": era indirizzata al cognato Benedetto Landucci, sposato nel 1591 con I26223 Virginia Galilei (1573-1623):
Galileo a Landucci, 29 agosto 1609, {L-00025} I04162 I25627 D16090829 p. 253 ➤ Dovete dunque sapere, come sono circa a 2 mesi che qua fu sparsa fama che in Fiandra era stato presentato al Conte Mauritio un occhiale, fabbricato con tale artifitio, che le cose molto lontane le faceva vedere come vicinissime, sì che un huomo per la distantia di 2 miglia si poteva distintamente vedere. Questo mi parve affetto tanto maraviglioso, che mi dette occasione di pensarvi sopra; e parendomi che dovessi havere fondamento su la scientia di prospettiva, mi messi a pensare sopra la sua fabbrica: la quale finalmente ritrovai, e così perfettamente, che uno che ne ho fabbricato, supera di assai la fama di quello di Fiandra. Et essendo arrivato a Venetia voce che ne havevo fabbricato uno, sono 6 giorni che sono stato chiama[to] dalla Ser.ma Signioria, alla quale mi è convenuto mostrarlo et [in]sieme a tutto il Senato, con infinito stupore di tutti; e sono stati moltissimi i gentil'huomini e senatori, li quali, benchè vecchi, hanno più d'una volta fatte le scale de' più alti campanili di Vene[tia] per scoprire in mare vele e vasselli tanto lontani, che venendo a tutte vele verso il porto, passavano 2 hore e più di tempo avanti che, senza il mio occhiale, potessero essere veduti: perchè in somma l'effetto di questo strumento è il rappresentare quell'oggetto che è, ver[bi] gratia, lontano 50 miglia, così grande e vicino come se fussi lontano miglia 5.
Hora, havendo io conosciuto quanto vi sarebb[e] stato d'utitità per le cose sì di mare come di terra, e vedendolo desidera[..] da questo Ser.mo Principe, mi risolvetti il dì 25 stante di comparire in Coll[egio] e farne libero dono a Sua Ser.tà. Et essendomi stato hordinato nell'[…]re del Collegio che io mi trattenessi nella sala del Pregadi, di lì a poco [l']Ill.mo et Ecc.mo S. Proccurator Prioli, che è uno de' Riformatori di s[…], uscì fuori di Collegio, e presomi per la mano mi disse come l'Ecc.mo Collegio, sapendo la maniera con la quale havevo servito per anni 17 in Padova, et havendo di più conosciuta la mia cortesia nel farli dono di cosa così accetta, haveva inmediate hordinato agli Ill.mi Sig.ri Riformatori, che, contentandomi io, mi rinnovassino la mia condotta in vita e con stipendio di fiorini 1000 l'anno; e che mancandomi ancora un anno a finire la condotta precedente, volevano che il stipendio cominciassi a corrermi il sopradetto presente giorno, facendomi dono dell'accrescimento d'un anno, cioè di fiorini 480 di Lire 6.4 per fiorino. Io, sapendo come la speranza ha le ale molto pigre e la fortuna velocissime, dissi che mi contentavo di quanto piaceva a S. Serenità. All'hora l'Ill.mo Prioli, abbracciandomi, disse: «E perchè io sono di settimana e mi tocca a comandare quello che m piace, voglio che oggi doppo desinare sia ragunato il Pregadi, cioè il Senato, e vi sia letta la vostra ricondotta e ballottata», sì come fu, restando piena con tutti i voti: talchè io mi trovo legato qua in vita, e bisognerà che io mi contenti di godere la patria qualche volta ne' mesi delle vacantie.
Perché Favaro era diffidente? Questa lettera non è autografa, ma al massimo sincrona (cioè contemporanea). Nulla di male sulle copie regolari (al massimo, possono contenere marginali variazioni di ortografia o punteggiatura), ma secondo Favaro questa lettera potrebbe essere un falso, non solo una copia maldestra. Il linguaggio non è nello stile galileiano, con delle parole che non gli appartengono; inoltre nella storia ci sono dei dettagli inesatti o contraddittori, secondo lo studioso, che arrivò a dubitare che Galileo avesse mai scritto una lettera del genere, tanto meno al solo cognato [se le lettere ad altre persone più consone andarono disperse, come mai si salvò solo quella a Landucci?] Galileo fu chiamato dalla Signoria? Cosa inconsueta, improbabile, non confermata da nessun documento. Secondo la lettera, Galileo mostrò il cannocchiale il giorno 23 al Senato, e il 25 lo donò a sua Serenità. Dai verbali risulta che fu tenuta un'udienza il giorno 25 (presieduta dal Vice-Doge, perché Leonardo Donato era gravemente malato), ma in essi non si trova alcuna menzione di Galileo. Favaro trovò che la ricondotta di Galileo era stata votata non proprio all'unanimità, che c'erano discrepanze fra la versione del contratto scritta nella lettera e quella trovata negli atti [ma Galileo non potrebbe aver capito male questi punti?]
Continuando nelle sue ricerche, grazie ad una segnalazione di Eugenio Musatti, Favaro consultò presso la Biblioteca di Vienna la copia della Cronica Veneta di I26154 Antonio [di Girolamo] Priuli; l'originale, citato e consultato da Marco Foscarini, risultò introvabile. Mi baso sulla trascrizione contenuta nella Opere di Galileo Galilei, più leggibile perché sviluppa le numerose abbreviazioni:
Continuando nelle sue ricerche, grazie ad una segnalazione di Eugenio Musatti, Favaro consultò presso la Biblioteca di Vienna la copia della Cronica Veneta di I26154 Antonio [di Girolamo] Priuli; l'originale, citato e consultato da Marco Foscarini, risultò introvabile. Mi baso sulla trascrizione contenuta nella Opere di Galileo Galilei, più leggibile perché sviluppa le numerose abbreviazioni:
{B-0122.19_.1907} p. 68 ➤ 21 Agosto. Andai io Geronimo Priuli Procurator in Campanil di San Marco con l'Ecc.te Galileo, et S. Zaccaria Contarini q.m Bertucci, e S. Lodovico Falier q.m Marco Antonio, et Sebastiano Venier q.m Gasparo, S. Zaccaria Sagredo de S. Nicolò, S. Piero Contarini de S. Marco, S. Lorenzo Soranzo de S. Francesco, et l'Ecc.te D.r Cavalli, a veder le meraviglie et effetti singolari del cannon di detto Galileo, che era di banda, fodrato al di fuori di rassa gottonada cremesina, di longhezza tre quarte 1/2 incirca et larghezza di un scudo, con due veri uno... cavo, l'altro no, per parte; con il quale, posto a un ochio e serando l'altro, ciasched'uno di noi vide distintamente, oltre Liza Fusina e Marghera, anco Chioza, Treviso et sino Conegliano, et il campaniel et cubbe con la facciata della chiesa de Santa Giustina de Padoa: si discernivano quelli che entravano et uscivano di Chiesa di San Giacomo di Muran; si vedevano le persone a montar et dismontar de gondola al traghetto alla Collona del principio del Rio de' Verieri, con molti altri particolari nella laguna et nella città veramente amirabili. E poi da lui presentato in Collegio li 24 del medesimo, moltiplicando con quello la vista 9 volte piu.
In base a quanto scritto fa Favaro nelle note, la lunghezza si può ricostruire di circa 60 cm, e l'obiettivo aveva un diametro di 4 cm. Nella memoria del 1891 Favaro aveva inserito una nota, omessa nelle Opere, che faceva notare che da Venezia non era visibile la facciata di Santa Giustina, ma il retro, o al massimo il fianco: si può verificarlo facilmente con Google Maps (rimpicciolire questa immagine, fino a vedere Venezia).
Il contratto prevedeva lo stipendio di 1000 fiorini, per tutta la vita e senza possibilità di futuri aumenti, però con la clausola che Galileo avrebbe dovuto arrivare prima alla scadenza del contratto corrente (27 settembre 1610). Galileo rifiutò l'offerta, e riprese le trattative per un impiego presso la corte di Toscana. Priuli commentò duramente il rifiuto di Galileo. Dalla Cronica Veneta (trascritta in Le Opere):
Il contratto prevedeva lo stipendio di 1000 fiorini, per tutta la vita e senza possibilità di futuri aumenti, però con la clausola che Galileo avrebbe dovuto arrivare prima alla scadenza del contratto corrente (27 settembre 1610). Galileo rifiutò l'offerta, e riprese le trattative per un impiego presso la corte di Toscana. Priuli commentò duramente il rifiuto di Galileo. Dalla Cronica Veneta (trascritta in Le Opere):
{B-0122.19_.1907} p. 69 ➤ Havendo il D.r Gallileo Gallilei Fiorentino, lettor delle Mattematiche nel Studio di Padoa, presentato in Signoria il giorno d'heri un instrumento, che è un cannon di grossezza d'un scudo d'argento poco più e longhezza di manco d'un braccio, con due veri, l'uno per capo, che presentato all'occhio multiplica la vista nove volte più dell'ordinario, che non era più stato veduto in Italia, poi che altri dicono non esser sua inventione, ma esser stato retrovato in Fiandra, et che parve miracolo dell'arte, se ben poi doppo se ne sono fatti infiniti, et sono venuti a prezzo bassissimo et nelle mani d'ogn'uno; fu perciò, 25 agosto, deliberato in Senato di ricondurlo in vita sua alla predetta lettura delle Mattematiche, con stipendio di mille fiorini l'anno; se bene egli, o disgustato dal premio, o allettato da maggiori speranze, partì pocco doppo dal servitio.
Priuli la prese davvero molto male; nella sua Memoria del 1891, Favaro riporta di aver trovato in un documento dell'epoca:
{A-0735.0001A.0001.18910000-0055_0075} p. 75 ➤ Che il Galileo possi haverne ragionevole speranza non lo iudico, prima perchè non si ritrova essempio che simili leggenti passati al loro Principe sijno di novo stati raccolti dalla Repubblica; poi egli fu onorato di così grandi augmenti et in un istante ha fatto affronti a quel Studio onde in particolare il Prioli non vuole udire nè anco il suo nome.
Sicuramente, Galileo deve avere valutato che il contratto non gli avrebbe permesso di risolvere l'annoso problema dei suoi debiti: con il collega I26108 Cesare Cremonini (che con una fideiussione gli aveva consentito di sposare le due sorelle) e con i due cognati, che reclamavano insistentemente la dote. Però era stato lui a chiedere di servire a vita la Signoria; una volta avuta quest'offerta, l'aveva rifiutata: era inevitabile che a Venezia non la prendessero tanto bene. Priuli commentò, ingiustamente, che si erano sbalorditi di fronte ad un apparente miracolo, che poi si era rivelato essere una cosa ordinaria, e si può pensare che il contratto a vita e bloccato sia stato studiato per impedire a Galileo altri colpi di teatro. Di tutta questa complessa storia, ben poco appare nei racconti ufficiali di Galileo. Dal celeberrimo "Sidereus Nuncius", pubblicato nel marzo 1610:
{B-0015.00_.1610} p. 6 ➤ Circa 10 mesi fa ci giunse notizia che era stato costruito da un certo Fiammingo un occhiale, per mezzo del quale gli oggetti visibili, pur distanti assai dall'occhio di chi guarda, si vedevan distintamente come se fossero vicini; e correvano voci su alcune esperienze di questo mirabile effetto, alle quali chi prestava fede, chi no. Questa stessa cosa mi venne confermata pochi giorni dopo per lettera dal nobile francese I25584 Iacopo Badovere, da Parigi; e questo mi spinse a cercare le ragioni e ad escogitare i mezzi per giungere all'invenzione di un simile strumento, che poco dopo conseguii, basandomi sulla dottrina delle rifrazioni. Preparai dapprima un tubo di piombo alle cui estremità applicai due lenti, entrambe piane da una parte, e dall'altra una convessa ed una concava; posto l'occhio alla parte concava vidi gli oggetti abbastanza grandi e vicini, tre volte più vicini e nove volte più grandi di quanto non si vedano ad occhio nudo. In seguito preparai uno strumento più esatto, che mostrava gli oggetti più di sessanta volte maggiori. E finalmente, non risparmiando fatiche e spese, riuscì a costruire uno strumento così eccellente, che con esso gli oggetti appaiono ingranditi quasi mille volte e trenta volte più vicini che visti ad occhio nudo.
Ecco un altro racconto di Galileo, tratto da "Il Saggiatore" (1623), il cui non si parla del rifiuto del contratto:
{B-0016.00_.1623} pag. 62 ➤ Qual parte io abbia nel ritrovamento di questo strumento, e s'io possa ragioneuolmente nominar mio parto, l'hò gran tempo fà manifestato nel mio auuiso sidereo, scriuendo come in Vinezia, doue allora mi ritrouauo, giunsero nuoue, che al Sig. Conte Maurizio era stato presentato da vn'Olandese vn'occhiale, col quale le cose lontane si vedeuano così perfettamente, come se fussero state molto vicine, nè più aggiunto. Sù questa relazione io tornai à Padoua, doue allora stanziauo, e mi posi à pensar sopra tal problema, e la prima notte, dopo il mio ritorno lo ritrouai, ed il giorno seguente fabbricai lo strumento, e ne diedi conto à Vinezia à i medesimi amici, co' quali il giorno precedente ero stato à ragionamento sopra questa materia. M'applicai poi subito à fabbricarne vn'altro più perfetto, il quale sei giorni dopo condussi à Vinezia, doue con gran marauiglia fù veduto, quasi da tutti i principali gentilhuomini di quella Republica, ma con mia grandissima fatica per più d'vn mese continuo. Finalmente per consiglio d'alcun mio affezzionato padrone, lo presentai al Principe in pieno Collegio, dal quale, quanto ei fusse stimato, e riceuuto con ammirazione, testificano le letture Ducali, che sono ancora appresso di mè, contenenti la magnificenza di quel Sereniss. Principe in ricondurmi per ricompensa della presentata inuenzione, e confermarmi in vita nella mia lettura nello studio di Padoua con duplicato stipendio di quello, che aueuo per addietro, ch'era poi più che triplicato di quello che qualsiuoglia altro mio antecessore.
§ D16090801 D16090822 D16090824 D16090829 D16100316 D16100405 D16100427 D16100510 D16100529 D16100608 D16100803 D16100819 D16120630
§ I03705 I04162 I06347 I16781 I22640 I25520 I25573 I25584 I25591 I25603 I25616 I25618 I25619 I25620 I25621 I25622 I25623 I25624 I25626 I25627 I26108 I26154 I26223
§ {A-0735.0001A.0001.18910000-0055_0075}
§ {B-0008.00_.1611} {B-0015.00_.1610} {B-0016.00_.1623} {B-0122.19_.1907} {B-0239.00_.1646} {B-0240.02_.1863}
§ {L-00002} {L-00003} {L-00017} {L-00018} {L-00019} {L-00020} {L-00021} {L-00022} {L-00023} {L-00024} {L-00025} {L-00068} {L-00710}
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