Cassini e Serra
L'opposizione di Marte del 19 marzo 1666 fu afelica, e le macchie di Marte a malapena discernibili, per cui risultò difficile distinguerle l'una dall'altra. Le osservazioni più importanti furono compiute da I02089 G. D. Cassini a Bologna con una lente di I01960 Campani da 25 palmi (16.5 pedi, ovvero 5.2 m); altre furono realizzate a Roma da Giuseppe Campani con una lente da 50 palmi (35 piedi) e infine da I26127 Salvatore Serra (con la collaborazione del fratello Francesco) con telescopi da 25 e 45 palmi (lavorati da Eustachio Divini).
Cassini stampò l'opera in-folio {B-0117.00_.1666} "Martis, circa Axem proprium Revolubilis, Observationes, Bononiae à Jo. Dominico Cassinio habitae" (Romae, 1666) formata dal frontespizio, una pagina di testo, una tavola, e un facciata bianca ➤ . Ecco un riassunto dei fatti.
A partire dal 6 febbraio (di mattina) Cassini cominciò a vedere due macchie oscure nella prima faccia del pianeta; secondo la sua successiva ricostruzione, esse furono riosservate l'1 e 18 marzo, e il 3 aprile. L'altro emisfero fu osservato a partire dal 24 febbraio, con due macchie maggiori di quelle citate in precedenza, e ancora il 6 marzo. Nei giorni 25 marzo e 6 aprile riuscì a vedere in successione le macchie di entrambe le parti (la sera e la mattina). La discussione era molto delicata, ma Cassini si convinse osservando la colonna di disegni posta a sinistra della tavola (con numeri romani) che mostra la variazione del primo emisfero di Marte il 3 marzo dalle ore 3 alle ore 6 di notte; la colonna di destra (con numeri romani) mostra il secondo emisfero il 24 febbraio dalle ore 4 alle 6 1/2 di notte. Le figure A ... F mostrano le forme intermedie. In mezzo alle due colonne, Cassini inserì la figura H (Campani 3 Marzo ore 3 1/2) e G (Campani 28 Marzo ore 1 1/4), relative alla prima e seconda faccia. Cassini concluse dicendo che l'aspetto del pianeta si ripeteva dopo circa 36 giorni, per cui il periodo di rotazione sinodico di Marte doveva essere circa 24h 40m.
Il volume consultato on-line (come quelli di altre biblioteche) è stato rilegato insieme a due altre opere, originariamente stampate separatamente dallo stesso tipografo di Bologna, nello stesso anno: "De aliis Romanis observationibus macularum Martis" (2 pagine a testo, una tavola, una pagina bianca) e "De periodo quotidianae revolubis Martis" (2 pagine a testo, due facciate bianche).
La recensione apparsa su Journal des Sçavans, 31 maggio 1666 {A-0004.1666_.0022.16660531-0259_0262} "Martis circa axem proprivm reuolubilis Obseruationes" ➤ riportò un riassunto in francese della prima opera (con una riproduzione di alcuni disegni).
Poi riassunse le critiche di Cassini alle osservazioni di Serra, dicendo che Cassini aveva pubblicato un altro scritto, e terminò con la stessa conclusione stampata nella terza opera di Cassini. Pare quindi, che la redazione del giornale abbia esaminato tutte e tre le opere. Lo scritto di cui si fa menzione però potrebbe essere {B-0583.00_.1666} "Dissertationes astronomicae apologeticae" (Bononiae 1666, in-folio) contenente "Disceptatio apologetica de maculis Martis et Jovis" (Bononiae, 1666, in-folio), in cui Cassini rispondeva alla reazione di Salvatore Serra che stampato il libro in-folio "Martis revolubilis observationes romanae ab affictis erroribus vindicatae" (osservazioni romane della rivoluzione di Marte, vendicate da errori immaginari).
In "De aliis Romanis observationibus macularum Martis", Campani analizzò le osservazioni romane. Riferì che Salvatore Serra gli aveva scritto in febbraio e marzo, esprimendo la convinzione che il movimento delle macchie fosse più veloce di una rotazione in circa un giorno. La biblioteca dell'Osservatorio di Parigi conserva le lettere di Serra, e una stampa ➤ che mostra l'aspetto di Marte osservato da Salvatore e Francesco il 30 marzo 1666 alle due di notte. Avendo osservato una figura simile dal 24 al 30 marzo, con gli strumenti da 25 e 45 palmi, Serra calcolò un periodo di rotazione di circa 13 ore. Cassini riprodusse il disegno di Serra e fece notare che le macchie osservate dai due fratelli il 30 marzo erano piccole distanti fra loro, lontane dal centro del disco, e la macchia orientale era più piccola della occidentale. Ma le osservazioni fatte a Bologna nello stesso giorno alla stessa ora mostrarono delle macchie grandi, vicine fra loro, al centro del disco, e la macchia orientale era più grande di quella occidentale. Inoltre, criticò il calcolo frettoloso che aveva portato al risultato di 13 ore: non essendo in grado di vedere le macchie, i Serra avevano confuso la seconda faccia con la prima, dimezzando il periodo di rotazione. Nel suo libro, Serra pubblicò orgogliosamente il suo disegno, ribattendo alle accuse di Cassini, ma oggi sappiamo che aveva ragione quest'ultimo.
In "Dissertationes astronomicae apologeticae", Cassini in esse rimosse ogni dubbio sul fatto che la rotazione avvenisse in oltre 24 ore, avvertendo però che si trattava di un periodo sinodico. L'opera contiene uno schizzo rudimentale, eseguito il 24 marzo 1666 alla 7 di sera, atto a dimostrare che, contrariamente alle asserzioni di Serra, il pianeta non presentava all'osservazione terrestre né la prima faccia né la seconda dei disegni di Cassini che abbiamo visto sopra, ma un'altra faccia. Cassini aggiunse che l'aveva già notata il 22 febbraio, alle 6 della notte, il che corrisponde ad un ritardo di 40m.
Cassini stampò l'opera in-folio {B-0117.00_.1666} "Martis, circa Axem proprium Revolubilis, Observationes, Bononiae à Jo. Dominico Cassinio habitae" (Romae, 1666) formata dal frontespizio, una pagina di testo, una tavola, e un facciata bianca ➤ . Ecco un riassunto dei fatti.
A partire dal 6 febbraio (di mattina) Cassini cominciò a vedere due macchie oscure nella prima faccia del pianeta; secondo la sua successiva ricostruzione, esse furono riosservate l'1 e 18 marzo, e il 3 aprile. L'altro emisfero fu osservato a partire dal 24 febbraio, con due macchie maggiori di quelle citate in precedenza, e ancora il 6 marzo. Nei giorni 25 marzo e 6 aprile riuscì a vedere in successione le macchie di entrambe le parti (la sera e la mattina). La discussione era molto delicata, ma Cassini si convinse osservando la colonna di disegni posta a sinistra della tavola (con numeri romani) che mostra la variazione del primo emisfero di Marte il 3 marzo dalle ore 3 alle ore 6 di notte; la colonna di destra (con numeri romani) mostra il secondo emisfero il 24 febbraio dalle ore 4 alle 6 1/2 di notte. Le figure A ... F mostrano le forme intermedie. In mezzo alle due colonne, Cassini inserì la figura H (Campani 3 Marzo ore 3 1/2) e G (Campani 28 Marzo ore 1 1/4), relative alla prima e seconda faccia. Cassini concluse dicendo che l'aspetto del pianeta si ripeteva dopo circa 36 giorni, per cui il periodo di rotazione sinodico di Marte doveva essere circa 24h 40m.
Il volume consultato on-line (come quelli di altre biblioteche) è stato rilegato insieme a due altre opere, originariamente stampate separatamente dallo stesso tipografo di Bologna, nello stesso anno: "De aliis Romanis observationibus macularum Martis" (2 pagine a testo, una tavola, una pagina bianca) e "De periodo quotidianae revolubis Martis" (2 pagine a testo, due facciate bianche).
La recensione apparsa su Journal des Sçavans, 31 maggio 1666 {A-0004.1666_.0022.16660531-0259_0262} "Martis circa axem proprivm reuolubilis Obseruationes" ➤ riportò un riassunto in francese della prima opera (con una riproduzione di alcuni disegni).
Poi riassunse le critiche di Cassini alle osservazioni di Serra, dicendo che Cassini aveva pubblicato un altro scritto, e terminò con la stessa conclusione stampata nella terza opera di Cassini. Pare quindi, che la redazione del giornale abbia esaminato tutte e tre le opere. Lo scritto di cui si fa menzione però potrebbe essere {B-0583.00_.1666} "Dissertationes astronomicae apologeticae" (Bononiae 1666, in-folio) contenente "Disceptatio apologetica de maculis Martis et Jovis" (Bononiae, 1666, in-folio), in cui Cassini rispondeva alla reazione di Salvatore Serra che stampato il libro in-folio "Martis revolubilis observationes romanae ab affictis erroribus vindicatae" (osservazioni romane della rivoluzione di Marte, vendicate da errori immaginari).
In "De aliis Romanis observationibus macularum Martis", Campani analizzò le osservazioni romane. Riferì che Salvatore Serra gli aveva scritto in febbraio e marzo, esprimendo la convinzione che il movimento delle macchie fosse più veloce di una rotazione in circa un giorno. La biblioteca dell'Osservatorio di Parigi conserva le lettere di Serra, e una stampa ➤ che mostra l'aspetto di Marte osservato da Salvatore e Francesco il 30 marzo 1666 alle due di notte. Avendo osservato una figura simile dal 24 al 30 marzo, con gli strumenti da 25 e 45 palmi, Serra calcolò un periodo di rotazione di circa 13 ore. Cassini riprodusse il disegno di Serra e fece notare che le macchie osservate dai due fratelli il 30 marzo erano piccole distanti fra loro, lontane dal centro del disco, e la macchia orientale era più piccola della occidentale. Ma le osservazioni fatte a Bologna nello stesso giorno alla stessa ora mostrarono delle macchie grandi, vicine fra loro, al centro del disco, e la macchia orientale era più grande di quella occidentale. Inoltre, criticò il calcolo frettoloso che aveva portato al risultato di 13 ore: non essendo in grado di vedere le macchie, i Serra avevano confuso la seconda faccia con la prima, dimezzando il periodo di rotazione. Nel suo libro, Serra pubblicò orgogliosamente il suo disegno, ribattendo alle accuse di Cassini, ma oggi sappiamo che aveva ragione quest'ultimo.
In "Dissertationes astronomicae apologeticae", Cassini in esse rimosse ogni dubbio sul fatto che la rotazione avvenisse in oltre 24 ore, avvertendo però che si trattava di un periodo sinodico. L'opera contiene uno schizzo rudimentale, eseguito il 24 marzo 1666 alla 7 di sera, atto a dimostrare che, contrariamente alle asserzioni di Serra, il pianeta non presentava all'osservazione terrestre né la prima faccia né la seconda dei disegni di Cassini che abbiamo visto sopra, ma un'altra faccia. Cassini aggiunse che l'aveva già notata il 22 febbraio, alle 6 della notte, il che corrisponde ad un ritardo di 40m.
Robert Hooke
Le osservazioni di Marte furono trattate anche nel neonato periodico inglese, Philosophical Transactions of the Royal Society of London.
{A-0002.0001_.0014.16660712-0239_0242} "The Particulars. Of those Observations of the Planet Mars, formerly intimated to have been made at London in the Months of February and March A.1666" riportò le osservazioni compiute da I05552 Robert Hooke (a quel tempo scritto Hook), segretario della Royal Society di Londra, riferite il 28 marzo 1666.
Usando un telescopio da 36 piedi (11 m), Hooke trovò che Marte gli appariva grande come la Luna ad occhio nudo; ma le osservazioni si rivelarono difficili a causa della turbolenza dell'aria:
{A-0002.0001_.0014.16660712-0239_0242} "The Particulars. Of those Observations of the Planet Mars, formerly intimated to have been made at London in the Months of February and March A.1666" riportò le osservazioni compiute da I05552 Robert Hooke (a quel tempo scritto Hook), segretario della Royal Society di Londra, riferite il 28 marzo 1666.
Usando un telescopio da 36 piedi (11 m), Hooke trovò che Marte gli appariva grande come la Luna ad occhio nudo; ma le osservazioni si rivelarono difficili a causa della turbolenza dell'aria:
p. 240 ➤ Ma tale fu la cattiva disposizione dell'aria per diverse notti, che da più di 20 osservazioni di esso, che avevo fatto da quando aveva iniziato ad essere retrogrado, non potei trovare nulla di soddisfacente, anche se spesso immaginai, di aver visto delle macchie, anche se la flessione dell'aria (se così posso chiamare quelle parti, che, essendo disseminate su e giù in essa, avevano un potere rifrangente maggiore o minore dell'aria nelle vicinanze, con cui erano mischiate), lo rendeva confuso e scintillante, e non potei concludere nulla su di esso.
[Hooke insistette, e alla fine fu premiato da alcune notti di aria trasparente e ferma, tanto che il disco di Marte divenne] p. 241 ➤ benissimo definito, rotondo e distinto.
Fu in grado di discernere alcune macchie chiaramente e i suoi disegni in alcuni casi potrebbero far riconoscere Syrtis Major e altre classiche strutture marziane:
Hooke notò il moto delle macchie, che indicava una rotazione; questo fatto fu rimarcato in una breve relazione su questo articolo, apparsa in Journal des Sçavans del 17.5.1666 {A-0004.1666_.0020.16660517-0238_0238} ➤ e poi (23.8.1666 ) in una recensione del suo articolo apparso sulla pubblicazione inglese, {A-0004.1666_.0034.16660823-0403_0406} ➤.
A proposito si quest'ultimo, esso fu seguito dal sommario dell'opera di Cassini, {A-0002.0001_.0014.16660712-0242_0245} “Observations Made in Italy, Confirming the Former, and Withall Fixing the Period of the Revolution of Mars” ➤.
A partire da questo momento, la politica di Philosophical Transactions fu quella di mettere insistentemente in evidenza la concordanza fra le osservazioni di Hooke e Cassini (come si vedrà, ciò avverrà anche e soprattutto trattando il caso di Giove). In realtà, mentre l'italiano aveva trattato estesamente il problema della determinazione del periodo di rotazione di Marte, l'inglese lo aveva solo sfiorato; i disegni dei due sono difficilmente confrontabili.
Ma voglio parlare di un'altra questione: quando Cassini disegnò chiaramente una calotta polare di Marte, come sembra far pensare l'affermazione di Huygens nei suoi appunti, citata nel capitolo precedente? I curatori delle Oeuvres di Huygens ammisero di conoscere solo i suoi disegni del 1666, in uno dei quali appaiono delle macchie bianche, di difficile interpretazione.
A proposito si quest'ultimo, esso fu seguito dal sommario dell'opera di Cassini, {A-0002.0001_.0014.16660712-0242_0245} “Observations Made in Italy, Confirming the Former, and Withall Fixing the Period of the Revolution of Mars” ➤.
A partire da questo momento, la politica di Philosophical Transactions fu quella di mettere insistentemente in evidenza la concordanza fra le osservazioni di Hooke e Cassini (come si vedrà, ciò avverrà anche e soprattutto trattando il caso di Giove). In realtà, mentre l'italiano aveva trattato estesamente il problema della determinazione del periodo di rotazione di Marte, l'inglese lo aveva solo sfiorato; i disegni dei due sono difficilmente confrontabili.
Ma voglio parlare di un'altra questione: quando Cassini disegnò chiaramente una calotta polare di Marte, come sembra far pensare l'affermazione di Huygens nei suoi appunti, citata nel capitolo precedente? I curatori delle Oeuvres di Huygens ammisero di conoscere solo i suoi disegni del 1666, in uno dei quali appaiono delle macchie bianche, di difficile interpretazione.
Ho trovato la risposta nell'articolo di I02808 André Danjon {A-0077.0077_.0001.19630100-0004_0016} ''Jean-Dominique Cassini et le débuts de l'astrophysique", L'Astronomie, 77, p. 12 ➤ .
Questo disegno fatto da Cassini il 5 settembre 1672 alle 7h40m e 9h20m (tempo di Parigi, contato da mezzogiorno) mostra la calotta polare sud (Registre d'observation, archives de l'Observatoire de Paris). Ricordo che Huygens la disegnò il 3 e 13 agosto. |
L'unità astronomica
Cassini si dedicò soprattutto a misurare la posizione del pianeta rispetto alle stelle. Confrontando questi risultati con quelli ottenuti dall'astronomo I10338 Jean Richer che si trovava a Cayenne (Guyana Francese) per svolgere lavori di geodesia, Cassini fu in grado di calcolare l'angolo di parallasse di Marte, e quindi il valore della parallasse del Sole: circa 9.5 (sbagliando di almeno l'8% il valore esatto che è 8.794).
Pubblicò le sue ricerche in Mémoires de l'Académie Royale des Sciences (1673), ristampato in T. VII, p. 349 {A-0005.0007a.0000.17290000-0349_0370} ➤ e nel 1684, T. VIII, p.113 {A-0005.0008_.0000.17300000-0055_0079} ➤ .
Questo risultato consentì per la prima volta di calcolare il valore dell'unità astronomica (distanza media della Terra dal Sole), che fornisce la scala assoluta del sistema solare. Prima di allora, le misure dei diametri angolari dei pianeti, unite alla conoscenza delle loro distanze espresse in unità astronomiche, aveva permesso solo di determinare il rapporto fra i diametri dei pianeti; dopo le ricerche di Cassini, diventava possibile esprimere i diametri in unità concrete, o in rapporto a quello terrestre.
Bisogna dire che nel suo Systema Saturnium (1659) I05741 Christiaan Huygens aveva detta la sua riguardo al problema della determinazione dell'unità astronomica. Realizzò delle personali misure del diametro apparente dei vari corpi, purtroppo con scarsa precisione.
Ecco le dimensioni che assegnava ai pianeti (rispetto al Sole; fra parentesi il valore reale, calcolato in base al raggio medio) da {B-0031.00_.1659} p. 81 ➤
Venere 1/84 (1/115)
Marte 1/166 (1/205)
Giove 2/11=0.182 (0.100)
Saturno 5/37= 0.135 (0.083)
Semplicemente affidandosi al buon senso, suppose che la Terra avesse dimensioni intermedie fra quelle di Venere e Marte, cioè 1/111 del Sole. Questo risultato, ottenuto con un'ipotesi errata, è tuttavia sorprendentemente buono: il valore reale è 1/109. Ecco allora i diametri dei pianeti rispetto alla Terra:
Venere 1.30 (0.96)
Marte 0.66 (0.53)
Giove 19.8 (11.0)
Saturno 14.70 (9.1)
Huygens stimò che la distanza media della Terra dal Sole fosse 12543 volte il diametro terrestre (sbagliando del 7% il valore reale: 11740), arrivando molto più vicino al vero di Riccioli, che assumeva 7327, ed arrivando ad un valore buono almeno quanto quello di Cassini. Non dimentichiamo che il metodo di Huygens era speculativo; appare comunque strano il fatto che Cassini non ne abbia mai fatto cenno a questa stima, anche se può averne avuto notizia dallo stesso Huygens quando lavorarono insieme.
Huygens costruì alcuni fra i primi telescopi lunghi, e le sue scoperte ispirarono i telescopi alcuni più lunghi di I05372 Hevelius (fra 18 e 46 metri), che andarono distrutti nell'incendio di Danzica del 1679. Questi telescopi erano a tubo, ed estremamente difficili da usare; Huygens preferì ricorrere ai telescopi "aerei", senza tubo: l'obiettivo, fissato su un'alto palo, veniva collimato tramite un tirante con l'oculare, tenuto in mano. Huygens arrivò a telescopi fino a 64 metri; li usò per osservare Marte nell'opposizione perielica del 1686, senza ottenere risultati particolari.
Pubblicò le sue ricerche in Mémoires de l'Académie Royale des Sciences (1673), ristampato in T. VII, p. 349 {A-0005.0007a.0000.17290000-0349_0370} ➤ e nel 1684, T. VIII, p.113 {A-0005.0008_.0000.17300000-0055_0079} ➤ .
Questo risultato consentì per la prima volta di calcolare il valore dell'unità astronomica (distanza media della Terra dal Sole), che fornisce la scala assoluta del sistema solare. Prima di allora, le misure dei diametri angolari dei pianeti, unite alla conoscenza delle loro distanze espresse in unità astronomiche, aveva permesso solo di determinare il rapporto fra i diametri dei pianeti; dopo le ricerche di Cassini, diventava possibile esprimere i diametri in unità concrete, o in rapporto a quello terrestre.
Bisogna dire che nel suo Systema Saturnium (1659) I05741 Christiaan Huygens aveva detta la sua riguardo al problema della determinazione dell'unità astronomica. Realizzò delle personali misure del diametro apparente dei vari corpi, purtroppo con scarsa precisione.
Ecco le dimensioni che assegnava ai pianeti (rispetto al Sole; fra parentesi il valore reale, calcolato in base al raggio medio) da {B-0031.00_.1659} p. 81 ➤
Venere 1/84 (1/115)
Marte 1/166 (1/205)
Giove 2/11=0.182 (0.100)
Saturno 5/37= 0.135 (0.083)
Semplicemente affidandosi al buon senso, suppose che la Terra avesse dimensioni intermedie fra quelle di Venere e Marte, cioè 1/111 del Sole. Questo risultato, ottenuto con un'ipotesi errata, è tuttavia sorprendentemente buono: il valore reale è 1/109. Ecco allora i diametri dei pianeti rispetto alla Terra:
Venere 1.30 (0.96)
Marte 0.66 (0.53)
Giove 19.8 (11.0)
Saturno 14.70 (9.1)
Huygens stimò che la distanza media della Terra dal Sole fosse 12543 volte il diametro terrestre (sbagliando del 7% il valore reale: 11740), arrivando molto più vicino al vero di Riccioli, che assumeva 7327, ed arrivando ad un valore buono almeno quanto quello di Cassini. Non dimentichiamo che il metodo di Huygens era speculativo; appare comunque strano il fatto che Cassini non ne abbia mai fatto cenno a questa stima, anche se può averne avuto notizia dallo stesso Huygens quando lavorarono insieme.
Huygens costruì alcuni fra i primi telescopi lunghi, e le sue scoperte ispirarono i telescopi alcuni più lunghi di I05372 Hevelius (fra 18 e 46 metri), che andarono distrutti nell'incendio di Danzica del 1679. Questi telescopi erano a tubo, ed estremamente difficili da usare; Huygens preferì ricorrere ai telescopi "aerei", senza tubo: l'obiettivo, fissato su un'alto palo, veniva collimato tramite un tirante con l'oculare, tenuto in mano. Huygens arrivò a telescopi fino a 64 metri; li usò per osservare Marte nell'opposizione perielica del 1686, senza ottenere risultati particolari.
Giacomo Filippo Maraldi
Dopo l'era di Cassini e Huygens, lo studio fisico di Marte non progredì rapidamente; i telescopi aerei avevano quasi raggiunto i loro limiti e inoltre erano così difficili da usare che, passata la stagione eroica dei pionieri, difficilmente si trovavano dei volenterosi disposti a costruirli e maneggiarli. Huygens aveva lasciato i suoi telescopi aerei alla Royal Society di Londra, ma furono raramente usati. Il telescopio da 36 metri fu occasionalmente rispolverato, ma i risultati non furono incoraggianti.
Quando Gian Domenico Cassini divenne cieco nel 1710 (morì due anni dopo), suo figlio I02090 Jacques (1677-1756) divenne direttore dell'Osservatorio di Parigi. La dinastia di astronomi Cassini fu proseguita dal figlio di Jacques, I02088 César-François (1714-1784), e dal figlio di questo, I02091 Jean Dominique (1748-1845). Suo figlio I26128 Alexandre Henri Gabriel (1781-1832), laureato in legge, fu un botanico, e con lui si estinse la discendenza diretta.
Bisogna ricordare però anche gli astronomi Maraldi. I07817 Giacomo Filippo (in Francia Jacques Philippe) Maraldi (1665-1729), nacque da Angela Caterina Cassini, sorella di Gian Domenico e Giovanni Francesco Maraldi; aiutò lo zio all’Osservatorio di Parigi a partire dal 1678. Fu astronomo (e divenne direttore dell'Osservatorio di Parigi) anche I07819 Giovanni Domenico (Jean Domenico) Maraldi (1709-1788), figlio di Giovanni Domenico, un fratello di Giacomo Filippo, e Angela Francesca Mavena. Un altro fratello di Giacomo Filippo ebbe un figlio che si occupò di astronomia, così come un figlio di questi.
Anche se offuscato dalla fama dell'illustre zio, G. F. Maraldi fu un bravo astronomo per suo conto. Realizzò un catalogo stellare e calcolò orbite di comete, ma è soprattutto benemerito per aver continuato lo studio di Marte in un'epoca il cui l'astronomia planetaria veniva alquanto trascurata. Le sue migliori osservazioni furono compiute in occasione delle opposizioni perieliche del 1704 e 1719.
Le osservazioni del 1704 sono descritte in {A-0006.1706_.0000.17310000-0061_0078m} "Observations des taches de Mars pour vérifier sa révolution autour de son axe," Mémoires de l'Académie des Sciences 1706 (Paris, 1731), p. 74 ➤
quelle del 1719 in {A-0006.1720_.0000.17220000-0144_0153m} "Observations sur le taches de Mars" (presentata il 27 maggio 1720), Mémoires de l'Académie des Sciences 1720 (Paris, 1722), p. 144-153 ➤
Le osservazioni del 1704 gli consentirono di modificare leggermente la stima del periodo di rotazione ottenuta da suo zio, che fu modificata di 1 minuto (24h 39m); ecco il disegno contenuto nella Memoria ➤ .
Quando Gian Domenico Cassini divenne cieco nel 1710 (morì due anni dopo), suo figlio I02090 Jacques (1677-1756) divenne direttore dell'Osservatorio di Parigi. La dinastia di astronomi Cassini fu proseguita dal figlio di Jacques, I02088 César-François (1714-1784), e dal figlio di questo, I02091 Jean Dominique (1748-1845). Suo figlio I26128 Alexandre Henri Gabriel (1781-1832), laureato in legge, fu un botanico, e con lui si estinse la discendenza diretta.
Bisogna ricordare però anche gli astronomi Maraldi. I07817 Giacomo Filippo (in Francia Jacques Philippe) Maraldi (1665-1729), nacque da Angela Caterina Cassini, sorella di Gian Domenico e Giovanni Francesco Maraldi; aiutò lo zio all’Osservatorio di Parigi a partire dal 1678. Fu astronomo (e divenne direttore dell'Osservatorio di Parigi) anche I07819 Giovanni Domenico (Jean Domenico) Maraldi (1709-1788), figlio di Giovanni Domenico, un fratello di Giacomo Filippo, e Angela Francesca Mavena. Un altro fratello di Giacomo Filippo ebbe un figlio che si occupò di astronomia, così come un figlio di questi.
Anche se offuscato dalla fama dell'illustre zio, G. F. Maraldi fu un bravo astronomo per suo conto. Realizzò un catalogo stellare e calcolò orbite di comete, ma è soprattutto benemerito per aver continuato lo studio di Marte in un'epoca il cui l'astronomia planetaria veniva alquanto trascurata. Le sue migliori osservazioni furono compiute in occasione delle opposizioni perieliche del 1704 e 1719.
Le osservazioni del 1704 sono descritte in {A-0006.1706_.0000.17310000-0061_0078m} "Observations des taches de Mars pour vérifier sa révolution autour de son axe," Mémoires de l'Académie des Sciences 1706 (Paris, 1731), p. 74 ➤
quelle del 1719 in {A-0006.1720_.0000.17220000-0144_0153m} "Observations sur le taches de Mars" (presentata il 27 maggio 1720), Mémoires de l'Académie des Sciences 1720 (Paris, 1722), p. 144-153 ➤
Le osservazioni del 1704 gli consentirono di modificare leggermente la stima del periodo di rotazione ottenuta da suo zio, che fu modificata di 1 minuto (24h 39m); ecco il disegno contenuto nella Memoria ➤ .
Sin dal 1704, ma soprattutto dopo le osservazioni del 1719, Maraldi si convinse che le macchie di Marte sono normalmente poco definite anche nei grandi telescopi (usò quasi sempre la lente da 10 metri di Campani dell'Osservatorio di Parigi) e sospettò che fossero variabili non solo da una opposizione all'altra, ma anche da un mese all'altro. Gli schizzi di Maraldi sono alquanto primitivi, e non rendono giustizia alla scrupolosità delle sue osservazioni, meglio descritte dalle sue note. A fianco, la figura tratta dalla pubblicazione del 1720; le date di osservazione sono 13 luglio 1719 per la prima figura, 13 agosto per la seconda, 16 ottobre per la quarta.
Un disegno mostra una banda scura vicino al centro del disco, che gli ricordò una delle bande di nubi di Giove; essa era interrotta in alcuni punti e occupava solo poco più di un emisfero di Marte. Ad un certo punto questa banda si congiungeva con un'altra ad angolo obliquo; prese come riferimento questa figura per determinare il periodo di rotazione. L'angolo sembrava ritornare alla stessa posizione sul disco dopo 37 giorni, durante i quali il pianeta ruotava 36 volte. Le due bande unite ad angolo sono ora identificabili con Mare Sirenum ad est e Mare Tyrrhenum ad ovest. In aggiunta alla banda appena descritta, notò una grande formazione triangolare, che non è altro che la celebre Syrtis Major. Tuttavia, Maraldi non era convinto della permanenza di queste macchie; asserì che potevano subire mutamenti per causa di formazioni nuvolose, o potevano essere esse stesse delle semplici nubi. |
Maraldi iniziò, sin dal 1704, il primo studio accurato dei poli marziani. Trovò che entrambe i poli sono segnati da macchie bianche, anche se quella vicino al polo sud è più difficile da osservare. Quando la macchia polare era molto piccola, essa appariva spostarsi leggermente durante la rotazione del pianeta, dimostrando che la sua posizione era eccentrica rispetto all'esatto polo geografico. Per di più, osservò delle variazioni nell'estensione delle macchie: in agosto e settembre 1719 esse sparirono interamente, per riapparire più tardi. Pur rendendosi conto di queste variazioni, Maraldi non si sbilanciò a proporre ipotesi sulla loro natura. Scrisse nella Memoria pubblicata all'inizio del 1706 una strana affermazione, cioè che aveva osservato le macchie bianche polari dopo 50 anni; dunque egli pensava che le prime osservazioni risalissero all'epoca dell'inizio degli studi astronomici di Huygens.
Nel 1719 fu alla minima distanza il 25 agosto, due giorni dopo l'opposizione; raggiunse una notevole luminosità, e le persone più superstizione furono prese dal terrore, avendolo scambiato per una cometa rossa che stava precipitando sulla Terra. Nella sua Memoria del 1720 scrisse che la parte del bordo del pianeta dove si trovava la macchia bianca sembrava sporgere dal disco, formando una specie di rigonfiamento. La visione al telescopio ricordava quella della Luna ad occhio nudo, quando solo una parte del suo disco, illuminata dal Sole, è visibile dalla Terra, mentre il resto risulta visibile grazie alla luce cinerea.
Durante l'opposizione del 1719 il veronese I01088 Francesco Bianchini (1662-1729) osservò Marte a Roma con obiettivi di Campani da 5 e 8 metri di focale, ai quali applicava ingrandimenti di 100 e 120 volte. Purtroppo l'era dei cannocchiali a lungo fuoco stava per finire; Bianchini fu forse l'ultimo entusiasta. Nel 1726 installò sopra il Palatino, nei ricchi giardini dei Farnese stesi sulle rovine del palazzo di Tiberio, dei telescopi lunghissimi allo scopo di intraprendere una sfida ancora più audace: lo studio del pianeta Venere. Fra il 1726 e 1727, usando cannocchiali lunghi 20 e 22 metri, credette di aver individuato macchie permanenti sulla superficie del pianeta, arrivando a realizzare una mappa con mari e continenti.
Un resoconto delle sue osservazioni si trova nel suo libro {B-0156.00_.1737} "Francisci Blanchini Veronensis Astronomicae ac Geographicae Observationes selectae" (Verona, 1737).
L'astronomo belga I12295 François Joseph Charles Terby (1846-1911), un entusiastico studioso di Marte che aveva un osservatorio privato a Lovanio, trovò 6 disegni fatti da Bianchini a Verona il 19, 20, 21, 24 settembre 1719 (riportati nel libro citato a p. 181-182 ➤), in cui appare una stessa macchia, identificabile con il Mare Cimmerium di Schiaparelli; è riconoscibile anche Hesperia.
Fra coloro che si occuparono di Marte nel 1700 (prima di Herschel) bisogna citare anche:
Jacques Cassini, che però si limitò a ricordare le osservazioni del padre e di Maraldi, senza inserire alcun disegno {B-0080.00_.1740} p. 457 ➤ ;
I08227 Charles-Joseph Messier (1730-1817), noto soprattutto per la scoperta di comete, che realizzò dei disegni poco significativi di Marte il 3 maggio e il 7 e 27 novembre 1764, 15-16 settembre 1783, 3 agosto, 19 e 23 settembre 1798.
Alcuni disegni furono pubblicati nella Connaissance de Temps pour 1807 {A-0010.1807_.0000.18040000-0389_0431} p. 421 ➤ ;
I06967 Joseph Jérôme Le Français de Lalande (1732-1807), famoso soprattutto per il catalogo di stelle e La Storia dell'Astronomia, nella sua opera Astronomie (vol. III (1771) {B-0111.03_.1771} p. 436 ➤ diede un resoconto incompleto delle osservazioni storiche;
il naturalista e fisico I03919 Felice Fontana (1729-1805).
Nel 1719 fu alla minima distanza il 25 agosto, due giorni dopo l'opposizione; raggiunse una notevole luminosità, e le persone più superstizione furono prese dal terrore, avendolo scambiato per una cometa rossa che stava precipitando sulla Terra. Nella sua Memoria del 1720 scrisse che la parte del bordo del pianeta dove si trovava la macchia bianca sembrava sporgere dal disco, formando una specie di rigonfiamento. La visione al telescopio ricordava quella della Luna ad occhio nudo, quando solo una parte del suo disco, illuminata dal Sole, è visibile dalla Terra, mentre il resto risulta visibile grazie alla luce cinerea.
Durante l'opposizione del 1719 il veronese I01088 Francesco Bianchini (1662-1729) osservò Marte a Roma con obiettivi di Campani da 5 e 8 metri di focale, ai quali applicava ingrandimenti di 100 e 120 volte. Purtroppo l'era dei cannocchiali a lungo fuoco stava per finire; Bianchini fu forse l'ultimo entusiasta. Nel 1726 installò sopra il Palatino, nei ricchi giardini dei Farnese stesi sulle rovine del palazzo di Tiberio, dei telescopi lunghissimi allo scopo di intraprendere una sfida ancora più audace: lo studio del pianeta Venere. Fra il 1726 e 1727, usando cannocchiali lunghi 20 e 22 metri, credette di aver individuato macchie permanenti sulla superficie del pianeta, arrivando a realizzare una mappa con mari e continenti.
Un resoconto delle sue osservazioni si trova nel suo libro {B-0156.00_.1737} "Francisci Blanchini Veronensis Astronomicae ac Geographicae Observationes selectae" (Verona, 1737).
L'astronomo belga I12295 François Joseph Charles Terby (1846-1911), un entusiastico studioso di Marte che aveva un osservatorio privato a Lovanio, trovò 6 disegni fatti da Bianchini a Verona il 19, 20, 21, 24 settembre 1719 (riportati nel libro citato a p. 181-182 ➤), in cui appare una stessa macchia, identificabile con il Mare Cimmerium di Schiaparelli; è riconoscibile anche Hesperia.
Fra coloro che si occuparono di Marte nel 1700 (prima di Herschel) bisogna citare anche:
Jacques Cassini, che però si limitò a ricordare le osservazioni del padre e di Maraldi, senza inserire alcun disegno {B-0080.00_.1740} p. 457 ➤ ;
I08227 Charles-Joseph Messier (1730-1817), noto soprattutto per la scoperta di comete, che realizzò dei disegni poco significativi di Marte il 3 maggio e il 7 e 27 novembre 1764, 15-16 settembre 1783, 3 agosto, 19 e 23 settembre 1798.
Alcuni disegni furono pubblicati nella Connaissance de Temps pour 1807 {A-0010.1807_.0000.18040000-0389_0431} p. 421 ➤ ;
I06967 Joseph Jérôme Le Français de Lalande (1732-1807), famoso soprattutto per il catalogo di stelle e La Storia dell'Astronomia, nella sua opera Astronomie (vol. III (1771) {B-0111.03_.1771} p. 436 ➤ diede un resoconto incompleto delle osservazioni storiche;
il naturalista e fisico I03919 Felice Fontana (1729-1805).
§ I01088 I01960 I02088 I02089 I02090 I02091 I02808 I03093 I03919 I05372 I05552 I05741 I06967 I07816 I07817 I07818 I07819 I08227 I10324 I10338 I10939 I12295 I26127 I26128
§ {A-0002.0001_.0014.16660712-0239_0242} {A-0002.0001_.0014.16660712-0242_0245} {A-0004.1666_.0020.16660517-0238_0238} {A-0004.1666_.0022.16660531-0259_0262} {A-0004.1666_.0034.16660823-0403_0406} {A-0005.0007a.0000.17290000-0349_0370} {A-0005.0008_.0000.17300000-0055_0079} {A-0006.1706_.0000.17310000-0061_0078m} {A-0006.1720_.0000.17220000-0144_0153m} {A-0010.1807_.0000.18040000-0389_0431} {A-0077.0077_.0001.19630100-0004_0016}
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