Johannes kepler I06347 (a lato) accolse con entusiasmo le scoperte descritte nel Sidereus Nuncius, e si dedicò allo studio del telescopio, anche se i suoi impegni non gli consentivano di compiere osservazioni (a parte la breve occasione in cui ebbe modo usare uno strumento inviatogli da Galileo). Keplero aveva già affrontato diverse questioni di ottica nel suo opuscolo {B-0218.00_.1604} “Ad Vitellionem paralipomena” (1604) e sviluppò la teoria delle lenti nella sua “Dioptrice” (1611).
In questo secondo libro {B-0008.00_.1611} p. 35 ➤ , Keplero descrisse per la prima volta un cannocchiale con oculare convesso, che forniva immagini rovesciate (oggi detto kepleriano); tuttavia, non ne costruì uno, o perlomeno non ne diede pubblica notizia. |
Oggi si sa che l'inconveniente della visione rovesciata è minimo, nella osservazione dei corpi celesti; la costruzione ottica di Keplero permette di avere un maggiore campo, e decenni dopo permise anche l'uso del micrometro, uno prezioso strumento per misurare le dimensioni dell'oggetto osservato. Ma bisogna capire che, ai tempi dell'infanzia del cannocchiale, le persone volevano che fosse utilizzabile in primo luogo per le osservazioni terrestri. Inoltre, con le lenti di allora, la qualità della visione peggiorava drasticamente allontanandosi dal centro del campo, per cui il grande campo dell'ottica kepleriana metteva maggiormente in risalto i difetti della visione periferica. I costruttori più intelligenti, come Galileo, usavano addirittura un diaframma di cartone, che restringeva ulteriormente il campo visivo, in modo da limitare l'osservazione alla parte migliore (centrale). Non per ignoranza, ma per questioni pratiche, il modello kepleriano prese il sopravvento in astronomia solo quando diventarono disponibili lenti più perfezionate.
Sembra che il primo ad applicare il progetto di Keplero sia stato il gesuita di Ingolstadt I10922 Cristoph Scheiner (a lato) che ne diede una descrizione nel suo libro "Rosa Ursina" (1630):
{B-0018.00_.1630} p. 130 ➤ Se voi applicate al tubo due lenti simili, cioè, tutte e due convesse, e avvicinate l'occhio in maniera conveniente, vedrete tutti gli oggetti terrestri rovesciati rispetto alla realtà, ma ingranditi, e con una chiarezza ed una estensione considerevole. Vedrete allo stesso modo gli astri, e siccome sono rotondi, il loro rovesciamento non nuocerà per niente alla loro configurazione. |
Più avanti Scheiner affermò che erano passati 13 anni da quando aveva fatto la prima osservazione delle macchie solari con due lenti convesse, in presenza dell'arciduca Maximilian. Siccome la stampa del libro iniziò nel 1626, questa osservazione dovrebbe essere datata al 1613. Scheiner diede lo schema di un telescopio a 3 lenti convesse (già immaginato da Keplero) in cui il raddrizzamento delle immagini è fornito da una combinazione di due oculari convessi; questa soluzione ottica tuttavia rappresenta gli oggetti un po' curvi verso i bordi, una forte aberrazione cromatica, e amplifica i difetti del primo oculare.
In {B-0021.00_.1643} "Novem stellae circa Jovem, circa Saturnum sex, circa Martem non-nullae ..." (1643) il Padre cappuccino I10311 Rheita descrisse l' Oculus Enoch (dal nome di un patriarca biblico): il cannocchiale a 3 lenti.
Poi, in “Oculus Enoch et Eliae” (1645) propose una combinazione a 4 lenti, che raddrizzava le immagini senza tutti quegli inconvenienti, anche se le numerose lenti riducevano la luminosità. In questo libro, Rheita dapprima annunciò la novità sotto forma di un'anagramma, alla moda del tempo:
In {B-0021.00_.1643} "Novem stellae circa Jovem, circa Saturnum sex, circa Martem non-nullae ..." (1643) il Padre cappuccino I10311 Rheita descrisse l' Oculus Enoch (dal nome di un patriarca biblico): il cannocchiale a 3 lenti.
Poi, in “Oculus Enoch et Eliae” (1645) propose una combinazione a 4 lenti, che raddrizzava le immagini senza tutti quegli inconvenienti, anche se le numerose lenti riducevano la luminosità. In questo libro, Rheita dapprima annunciò la novità sotto forma di un'anagramma, alla moda del tempo:
{B-0022.01_.1645} p. 356 ➤ Cqounauteuxoar mdeilcituas oebrijegcutnat maumlptluimfqiuceant ruietreo tceorltlioucma icnopnufnucstiuomnis suuenrto-vtirtiraa occoun luaerxiaa, oqbuiaercttuimuu
In un’altra occasione Rheita spiegò il significato dell’anagramma. Il trucco per risolvere il glifo si trova svelato in “De vero telescopii inventore” (1655) di Borel. Ogni parola va letta a lettere alterne nei due modi possibili, per esempio: Cqounauteuxoar=‘quatuor conuexa’ leggendo la lettera 2, 4, 6, … e poi la lettera 1, 3, 5, …
Questa è la frase totale:
Questa è la frase totale:
{B-0026.00_.1655} p. 12 ➤ quatuor conuexa dicta melius erjgunt obiecta amplificant multumque uero rite colloca tertium confusionis in punctum uero sunt tria vitra conuexa ocularia quartum obiectiuum
Rheita propose anche il telescopio binocolo (in sistema di due cannocchiali uguali accoppiati) che però non ebbe successo: la visione contemporanea con i due occhi sembra migliorare la visione, ma si tratta di un'illusione ottica. In quel libro Rheita introdusse i termini "oculare" e "obiettivo" (anche se non erano parole nuove in assoluto).
Nella sua "Dioptrique", che segue {B-0375.00_.1637} "Discours de la méthode" (1637) I02068 Cartesio studiò la teoria delle aberrazioni delle lenti.
In ogni lente semplice l'aberrazione sferica longitudinale è direttamente proporzionale alla differenza di spessore dovuta alla curvatura; ora, allungando la lunghezza focale, a parità di altre condizioni, si diminuisce l'importanza sia dell'aberrazione sferica che di quella cromatica. Per evitare la prima, Cartesio indicò diversi progetti di lenti asferiche completamente esenti da quest'aberrazione; ma la realizzazione pratica si ebbe solo dopo un secolo. Allora, molti scelsero la strada di allungare enormemente la lunghezza focale.
Nella sua "Dioptrique", che segue {B-0375.00_.1637} "Discours de la méthode" (1637) I02068 Cartesio studiò la teoria delle aberrazioni delle lenti.
In ogni lente semplice l'aberrazione sferica longitudinale è direttamente proporzionale alla differenza di spessore dovuta alla curvatura; ora, allungando la lunghezza focale, a parità di altre condizioni, si diminuisce l'importanza sia dell'aberrazione sferica che di quella cromatica. Per evitare la prima, Cartesio indicò diversi progetti di lenti asferiche completamente esenti da quest'aberrazione; ma la realizzazione pratica si ebbe solo dopo un secolo. Allora, molti scelsero la strada di allungare enormemente la lunghezza focale.
§ I01359 I02068 I06347 I10311 I10922
§ {B-0008.00_.1611} {B-0018.00_.1630} {B-0021.00_.1643} {B-0022.01_.1645} {B-0026.00_.1655} {B-0218.00_.1604} {B-0375.00_.1637}
§ {B-0008.00_.1611} {B-0018.00_.1630} {B-0021.00_.1643} {B-0022.01_.1645} {B-0026.00_.1655} {B-0218.00_.1604} {B-0375.00_.1637}